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lunedì 14 ottobre 2024
 
DISARMO
 

No alle atomiche: un Nobel a difesa dell'umanità

10/12/2017  Il Premio per la pace 2017 viene consegnato all'Ican, la Campagna per la messa al bando degli ordigni nucleari. Alle 13 di domenica 10 dicembre lo ritirano la direttrice esecutiva dell'organizzazione, la trentacinquenne svedese Beatrice Fihn, e Setsuko Thurlow, oggi ottantacinquenne: il 6 agosto 1945 era una studentessa tredicenne di Hiroshima. Da allora si batte per evitare che quell'inferno si ripeta.

Beatrice Fihn. Foto Reuters. In alto: missili Scud dello stesso modello schierato dalla Corea del Nord, nel Museo della memoria della guerra, a Seul, capitale della Corea del Sud. Foto Reuters.
Beatrice Fihn. Foto Reuters. In alto: missili Scud dello stesso modello schierato dalla Corea del Nord, nel Museo della memoria della guerra, a Seul, capitale della Corea del Sud. Foto Reuters.

Premiano Davide che si batte contro Golia. Un Davide che ha i tratti dolci e la volontà d'acciaio di una donna. È la seconda volta che accade nel giro di vent'anni esatti. Il Premio Nobel per la pace 2017 è stato assegnato all'Ican (International campaign to abolish nuclear weapons), una coalizione di 468 organizzazioni non governative sparse in 101 Paesi impegnata ad abolire le armi nucleari. Nel 1997 fu premiato un analogo sforzo: la Campagna per la messa al bando delle mine antipersona. Allora, a ritirarlo fu un'insegnante americana del Vermont, all'epoca quarantasettenne, Jody Williams: coordinava la Icbl(International campaign to ban landmines) e aveva come collega, in Italia, un'altra donna tosta, Nicoletta Dentico, che animava la campagna in un Paese, il nostro, fino a quel momento gran produttore di mine. Quest'anno, alle 13 precise di domenica 10 dicembre, nel Municipio di Oslo riceve il Premio Beatrice Fihn, una bionda svedese di 35 anni esperta di diritto, due lauree e un linguaggio diretto: «Donald Trump is a moron, Donald Trump è un idiota», ha twittato senza tanti complimenti il 4 ottobre scorso.

Tra i 318 candidati al Nobel per la pace (che al prestigio affianca un valore economico non trascurabile: 9 milioni di corone svedesi; un po' più di un milione di dollari), i giurati hanno scelto una posizione eticamente giusta ma politicamente difficile. L'Ican, costituitasi ufficialmente nel 2007, è stata premiata per «il suo ruolo nel fare luce sulle catastrofiche conseguenze di un qualunque utilizzo di armi nucleari e per i suoi sforzi innovativi per arrivare a un trattato di proibizioni di queste armi». «L'uso di armi atomiche dovrebbe essere impensabile, invece oggi l’ansia globale per una deflagrazione nucleare è al livello più alto dalla fine della Guerra fredda», aveva detto qualche mese fa il nuovo segretario generale dell'Onu Antonio Guterres, ai 193 membri dell'Assemblea generale, a New York, nel Palazzo di vetro, dove è stato approvato (il 7 luglio 2017, grazie al voto favorevole di 122 Stati) il primo bando delle armi atomiche della storia, frutto della mobilitazione della Campagna.Il trattato dichiara illegali gli arsenali nucleari alla stregua di quelli biologici e chimici, delle mine antipersona e delle bombe a grappolo. Dal 20 settembre gli Stati lo possono firmare, a New York. Il primo a farlo, ratificandolo lo stesso giorno (facendolo cioè diventare parte del proprio ordinamento giuridico) è stata la Santa Sede. Al 9 dicembre risultavano aver firmato la messa al bando 56 Stati; 3 l'avevano anche ratificata (oltre al Vaticano, anche la Guyana e la Thailandia).

Una manifestazione contro le armi nucleari a Parigi. Foto Ansa.
Una manifestazione contro le armi nucleari a Parigi. Foto Ansa.

Usa, Russia, Cina e gli altri: l'ostilità del club del nucleare

Il trattato è stata una mossa coraggiosa, radicata nel diritto umanitario, ha commentato Elayne Whyte Gomez, presidente della conferenza Onu che ha elaborato il bando. E' stata, invece, una scelta ingenua secondo le nove Nazioni (Stati Uniti, Russia, Gran Bretagna, Cina, Francia, India, Pakistan, Corea del Nord e Israele) che si spartiscono le migliaia di bombe e testate nuclearile presenti sul pianeta, e secondo i loro alleati,Italia compresa, che hanno in larga maggioranza boicottato i negoziati della commissione e evitato un voto sul testo finale. Il Comitato per il Premio Nobel ha pensato diversamente. E ha appoggiato con forza la messa bando dell'uso, della minaccia di utilizzo, della sperimentazione, dello sviluppo, della produzione, del possesso, del trasferimento e dello stazionamento in un Paese diverso delle armi nucleari. Lo ha fatto condividendo la premessa fondamentale del trattato: il riconoscimento delle «conseguenze umanitarie catastrofiche che deriverebbero da qualsiasi uso di armi nucleari», così come l’idea secondo la loro completa eliminazione «rimane l’unico modo per garantire che non siano mai usate.

«Io c'ero dentro il Palazzo di Vetro il 7 luglio, quando nel quartier generale Onu di New York è stato votato il testo del trattato per la messa al bando delle armi nucleari, ed ero emozionato come non mai», confida Francesco Vignarca, coordinatore nazionale della Rete italiana per il disarmo, che fa parte di Ican. «L'emozione, se possibile, aumentava quando lo sguardo si posava sugli hibakusha, cioè sui sopravvissuti alle esplosioni atomiche della Seconda guerra mondiale in Giappone, presenti nell'aula dell'Assemblea generale, accanto a chi è sopravvissuto alle sperimentazioni nucleari degli anni successivi. I loro volti raggianti, le loro lacrime di commozione sigillavano la vittoria della società civile, chiudendo ferite aperte da troppo tempo».

Un'immagine di alcuni dirigenti dell'Ican, Premio Nobel per la pace 2017. Foto Reuters.
Un'immagine di alcuni dirigenti dell'Ican, Premio Nobel per la pace 2017. Foto Reuters.

Il Nobel indica una strada da percorrere

  

C'è tanto cuore, ma anche tanta politica in queste norme e nel Nobel che ne premia lettera, spirito e sforzi per renderle diritto internazionale. «Il Premio non celebra solamente un risultato già raggiunto ma indica un sentiero da percorre nel futuro prossimo venturo», ammette Vignarca. «Se da un lato infatti è chiaro che lo storico voto a larga maggioranza dello scorso luglio all’Onu sul bando delle armi nucleari ha dato una motivazione concreta al Comitato dei Nobel per questa assegnazione, dall’altro proprio la situazione politica internazionale ci dice che molto è ancora il lavoro da fare. Il 2017 è stato un anno di turbolenze, dalla Corea del Nord alla volontà di Trump di cancellare l’accordo sul nucleare con l'Iran». «Una guerra nucleare non sarebbe sostenibile per nessuno e in nessun caso», insiste Vignarca: «da qui la grande inumanità di queste armi, posto che si possa parlare di umanità per strumenti che uccidono, e il pericolo più volte richiamato tra gli altri da papa Francesco, in ultimo a Roma, il 10 e l'11 novembre nel Simposio internazionale sul disarmo nculeare promosso e organizzato dal Vaticano. Il Nobel suona come un deciso altolà alle potenze nucleari e ai Paesi sotto l’ombrello delle stesse (tra cui anche l’Italia, che ospita tra le 40 e le 50 testate nucleari statunitensi).

Francesco Vignarca a New York, nei pressi del Palazzo di Vetro, quartier generale dell'Onu.
Francesco Vignarca a New York, nei pressi del Palazzo di Vetro, quartier generale dell'Onu.

La gente contro l'orrore: una vittoria della società civile

C'è dell'altro. «Stiamo vivendo una primavera della mobilitazione in nome di valori condivisi», assicura Vignarca. «Era già successo in passato. Nel 1997 una campagna internazionale portò alla messa al bando delle mine antipersona. Nel 1998, frutto di sforzi collettivi, nacque il Tribunale penale internazionale permanente. Nel 2000 il Giubileo fu celebrato riducendo davvero il debito estero di alcuni Paesi in via di sviluppo. Campi diversi. Un unico denominatore: il desiderio di pace e l'amore per la giustizia intrecciati alla passione per la difesa dei diritti, specialmente quelli dei più deboli, dei più indifesi. Tanti gli attori in campo. Le Chiese, con la figura di Karol Wojtyla che fu carismatica e incisiva. Gli Organismi internazionali come le Nazioni Unite e le sue varie agenzie, ma anche come il Comitato internazionale della Croce Rossa. E, infine, la gente. Non un concetto astratto, ma uomini e donne, giovani e anziani, credenti e no, di differenti lingue e culture che s'impegnarono per questo o quell'obiettivo, pagando di persona. Poi venne il gelo delle Torri gemelle e di quel che ne seguì. Nel nome della lotta al terrorismo si sono sacrificati spazi di libertà e s'è considerato giusto riempire gli arsenali. Ora il vento pare cambiato».

Setsuko Thurlow a Vienna nel 2014, con Sebastian Kurz, allì'epoca ministro degli Affari Esteri dell'Austria. Foto Ansa.
Setsuko Thurlow a Vienna nel 2014, con Sebastian Kurz, allì'epoca ministro degli Affari Esteri dell'Austria. Foto Ansa.

Setsuko Thurlow, la sopravvissuta di Hiroshima

  

La mobilitazione per la pace è (anche e soprattutto) donna. «È interessante notare come nel movimento internazionale per il disarmo nucleare, ma in generale per tutti i movimenti contro le armi, ci sia una forte leadership femminile», osserva Vignarca. «Anima della mobilitazione contro le atomiche è una sopravvissuta, Setsuko Thurlow, oggi ottantacinquenne. Il 6 agosto 1945 era una studentessa tredicenne di Hiroshima. Si trovava a meno di due chilometri dal punto in cui cadde il primo ordigno nucleare: 8 suoi familiari e 351 tra compagni e professori morirono. Il 10 dicembre è attesa ad Oslo con altri due sopravvissuti, al fianco della coordinatrice dell'Ican, Beatrice Fihn. Non va dimenticata, poi, una delle pietre miliari, colei che ha veramente plasmato la campagna, una delle massime esperte di disarmo nucleare al mondo. Parlo di Susi Snyder, che ora lavora per l'olandese Pax, nata nei Paesi Bassi dalla fusione delle organizzazioni cattoliche - come Pax Christi - e protestanti. Susi ha anche ricevuto nelle scorse settimane a Roma il premio Colombe d'oro per la Pace; che l'istituto Archivio Disarmo ha assegnato, due mesi prima del Premio Nobel, proprio alla Campagna internazionale per l'abolizione delle armi nucleari. Ma lo stesso avviene anche in Italia ad esempio con il lavoro lungo decenni portato avanti da Lisa Clark e dai Beati i costruttori di pace (ogni anno promuovono la "Via Crucis", con termine ad Aviano, e l'iniziativa "Pace in Bici" nei giorni del ricordo di Hiroshima e Nagasaki)».

L'Italia è stata presente dentro Ican non solo con alcune sue organizzazioni, in particolare con la Rete italiana per il Disarmo e Senzatomica, che da anni rilanciano nel nostro Paese le iniziative della campagna internazionale. «L'Italia è entrata nel coordinamento internazionale della campagna», conclude Francesco Vignarca: «In particolare Daniela Varano èstata per anni la portavoce e la responsabile della comunicazione. E' un made in Italy rosa di cui andiamo fieri».

Domenica 10 dicembre, agli attivisti italiani è stato riservato un posto nella City Hall di Oslo tra il pubblico che assiste alla consegna del Premio. Una presenza che "racconta" la stima dell'Ican nei confronti di chi l'appoggia nel nostro Paese e onora gli sforzi compiuti in questi anni da centinaia di volontari e migliaia di sostenitori delle attività compiute dalle organizzazioni facenti parte delle campagne italiane. Nei giorni di celebrazione che faranno da corollario alla consegna del Nobel sono previste diverse importanti iniziative, tra cui la riunione di tutti gli attivisti internazionali di Ican (sabato 9 dicembre), un momento di preghiera e riflessione inter-religioso (nel pomeriggio del 9 dicembre), una fiaccolata celebrativa con interventi degli attivisti internazionali di Ican (nel pomeriggio di domenica 10 dicembre), un convegno sull’impatto negativo delle armi nucleari sui diritti umani presso la sede della Croce Rossa norvegese (lunedì 11 dicembre) e l’inaugurazione della mostra dedicata ad Ican e al disarmo nucleare presso il Centro Nobel (dalle 12 di martedì 12 dicembre).

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