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domenica 13 ottobre 2024
 
 

No alla parata, l'altro 2 giugno

27/05/2012  Al posto di militari e mezzi vorrebbero veder sfilare lavoratori e famiglie. Numerose associazioni, molte delle quali di ispirazione cristiana, contestano la parata. Ecco cosa chiedono.

Il prossimo 2 giugno, invece di carri armati e missili, vorrebbero veder sfilare lavoratori e famiglie. Numerose associazioni, molte delle quali di ispirazione cristiana, contestano la parata militare organizzata a Roma lungo i Fori Imperiali in occasione della Festa della Repubblica.

Tanti faticano a riconoscersi in quella che considerano un'inutile esibizione di macchine da guerra. Inutile e dispendiosa, visto che la parata dovrebbe costare circa 4 milioni di euro: spesa assurda secondo le associazioni, che sostituirebbero volentieri il carosello delle Forze armate con una riflessione sull'Italia "reale" e sui valori di pace e nonviolenza inscritti nel Dna della nostra Repubblica. Tanto più in un momento difficile, con la crisi che non risparmia nessuno e milioni di persone costrette a lottare per non andare a fondo. Per chi ha conosciuto da vicino il potere distruttivo delle armi, l'idea di una parata militare è quanto mai  inaccettabile.

Don Renato Sacco (Pax Christi) è stato molte volte in Irak, anche durante la guerra. «Possibile che il solo modo per celebrare la nostra Repubblica sia l'esibizione muscolare della violenza? – si domanda - Possibile che le eccellenze del nostro Paese si riducano a una carrellata di strumenti di morte? Me lo chiedeva nel 2003 una catechista di Mosul, ricordandomi anche le tante armi vendute dall'Italia al regime di Saddam Hussein: "Ma voi sapete ragionare solo con le armi?"». Don Renato, sacerdote della diocesi di Novara, abita non lontano dalla base militare di Cameri, dove verranno assemblati gli ormai noti (perché discussi) cacciabombardieri F-35. «Parliamo di velivoli di attacco e non di difesa, concepiti per trasportare anche testate nucleari. Come possiamo ritenerci 'soddisfatti' se il Governo ne acquisterà 'solo' 90 anziché 131?».

E' in scelte politiche come questa che secondo don Renato Sacco si scorgono i segnali di «una pericolosa e persistente cultura della guerra, spesso nascosta dietro la retorica della difesa dei valori della nostra civiltà. Ma proprio perché nei momenti di crisi la retorica si fa strada più facilmente e rischia di degenerare, ora più che mai non bisogna abbassare la guardia». «Una festa – spiega ancora il sacerdote – dovrebbe essere un momento di convivialità e di incontro. Quando invece prevale la violenza si parla di "festa degenerata". Sappiamo bene che le armi sono di per sé distruttive. Infatti, come ci ricorda il magistero della Chiesa, in particolare nel documento "La Santa Sede e il Disarmo" del 1976 "gli armamenti, anche se non messi in opera, con il loro alto costo uccidono i poveri, facendoli morire di fame" . Se ragioniamo con questa logica, dunque, una sfilata di armi non è altro che una festa degenerata».

Ben diversa la variegata e coloratissima "parata" che don Renato avrebbe in mente: «Mi piacerebbe veder sfilare i credenti accanto ai non credenti, i lavoratori ma anche i tanti disoccupati, i precari, gli studenti, gli artisti, gli sportivi, le persone disabili, i missionari, le casalinghe, i pensionati. Insomma, tutti quelli che rappresentano il vero motore del Paese. E soprattutto vorrei veder sfilare tanti giovani».

E' questa una riflessione che si incontra anche nelle parole di don Tonio Dell'Olio, responsabile Settore Internazione di Libera, rete di associazioni impegnate contro le mafie: «Prima ancora che per questioni economiche critichiamo la parata per tutto quello che rappresenta. Oltretutto le forze armate, non dimentichiamolo, hanno già una loro festa, che si celebra ogni anno il 4 novembre». Secondo don Tonio, per festeggiare davvero il 2 giugno bisognerebbe cambiare rotta: «aprire gli occhi sulle reali priorità del Paese, soprattutto sulle fasce deboli, che in questo momento stanno pagando il prezzo più alto della crisi, come dimostrano le file interminabili di chi si affolla davanti a mense per i poveri, sportelli d'ascolto e servizi sociali».

Ma a don Tonio, sacerdote impegnato nella lotta contro le mafie, c'è un aspetto che sta particolarmente a cuore: «Purtroppo vediamo aumentare il numero dei giovani che si inseriscono nei vari clan malavitosi. E troppe volte ci illudiamo che la criminalità organizzata si combatta solo con gli strumenti repressivi, dimenticando che la prevenzione si fa innanzi tutto con politiche sociali adeguate e con l'azione culturale». Anche per questo, conclude il sacerdote, «mi piacerebbe che nella sfilata del 2 giugno ci fosse uno spazio per i parenti delle vittime di mafia». Le associazioni coinvolte nella protesta esortano i cittadini a segnalare sul sito del Governo la parata del 2 giugno come spreco. Invitano anche gli interessati a scrivere una lettera di dissenso indirizzata al presidente Napolitano. In particolare il movimento Pax Christi ha preparato una sorta di "lettera aperta comune", che ciascuno può "personalizzare" in base alle proprie sensibilità.

Un appello al Capo dello Stato arriva anche dal Cipsi (Coordinamento Iniziative Popolari di Solidarietà Internazionale). «Stiamo soffrendo le convulsioni di una crisi senza precedenti – sottolinea Guido Barbera, presidente Cipsi - con una disoccupazione crescente che colpisce soprattutto i giovani e le donne. Aumentano i numeri della cassa integrazione che spesso diventa la via per arrivare alla mobilità e, quindi, al licenziamento. Assistiamo quasi quotidianamente ad una inquietante catena di suicidi da parte di piccoli imprenditori che non riescono più ad andare avanti. Il potere d'acquisto dei salari continua a diminuire e non si riesce a trovare risposta al dramma di almeno 350.000 esodati senza lavoro e senza diritto alla pensione. Non si può pensare di festeggiare la nostra Repubblica ignorando queste situazioni».

«La politica è latitante, rappresentata da partiti che arrancano, incapaci di dare qualsiasi segnale di riforma e di cambiamento  – fa eco Eugenio Melandri, storica voce impegnata per il disarmo, direttore della rivista "Solidarietà Internazionale" -  Le cosiddette riforme continuano a essere solo annunciate, mentre le poche che si fanno vengono sistematicamente corrette per rispondere alle lobby più potenti e più forti. E i cittadini più anonimi restano inascoltati». Ecco perché, secondo il Cipsi, la parata militare del 2 giugno rappresenta «un vero e proprio vulnus al buon senso di qualsiasi persona o famiglia che trovandosi in difficoltà comincia a tagliare le spese meno necessarie».

«Risparmiando i 4 milioni di euro della parata militare sarebbe possibile avviare al servizio civile 700 ragazzi». Non ha dubbi Massimo Paolicelli, presidente dell'Associazione Obiettori Nonviolenti e portavoce della campagna "Sbilanciamoci!". «I Governi insistono nel voler celebrare la Festa della Repubblica con una parata militare costosa, retorica e anacronistica. Intanto l'esperienza di chi quotidianamente svolge attività utili per la comunità, accanto a bisognosi, disabili, malati e anziani, rischia di naufragare».

Da tempo infatti il servizio civile volontario naviga in cattive acque, proprio per carenza di fondi. Negli ultimi mesi il ministro Andrea Riccardi (che ha ricevuto dal premier Monti la delega in materia) ha più volte ribadito il suo desiderio di salvare questa istituzione dal baratro, ma al momento il sistema continua a essere paralizzato. Con le risorse ridotte a lumicino, immaginare nuovi bandi volontari per i prossimi anni diventa quasi impossibile: i ragazzi che in questi mesi stanno svolgendo il servizio rischiano di essere gli ultimi.

«Naturalmente siamo contrari all'idea stessa di parata – spiega Paolicelli – Vorremmo che il 2 giugno si festeggiasse una Repubblica fondata sul lavoro e non sulle armi. Quest'anno, poi, la sfilata ci sembra una scelta particolarmente assurda, uno schiaffo a chi ha perso il lavoro e non arriva alla terza settimana del mese. Sappiamo che la macchina organizzativa è già in movimento da settimane, ma ci rivolgiamo al presidente Napolitano, nella speranza che un suo intervento possa bloccare questo inutile spreco». Parata o no «invitiamo tutti a una manifestazione alternativa che stiamo organizzando alla Città dell'Altra Economia, quartiere Testaccio, con un ampio programma dalle 18 alle 24. Sarà un momento di riflessione e nello stesso tempo una festa, sobria e allegra».


C'è anche chi, nonostante le contestazioni, alla parata intende partecipare, nella convinzione che possa essere un modo per far conoscere il messaggio nonviolento del servizio civile. «Fino all'anno scorso sfilavamo su una camionetta militare, cosa che non dava dignità alla nostra differenza nel modo di difendere la Patria» ha dichiarato giorni fa Corrado Castobello, uno dei quattro rappresentanti nazionali dei giovani in servizio civile: «Quest'anno, invece, avremo la possibilità di sfilare a piedi, come avevamo richiesto in passato. Inoltre saremo annunciati come forza non armata e non violenta e dunque parteciperemo in modo più convinto».

Ma anche su questi punti non sono mancate le polemiche. In vista della parata, infatti, i 41 ragazzi coinvolti stanno frequentando un piccolo corso di preparazione. «L'obiettivo non è imparare a marciare – ha precisato nei giorni scorsi Castobello -  ma semplicemente a usare un passo cadenzato, per essere più ordinati». Nel frattempo, però, sono state pubblicate sulla pagina Facebook dell'Unsc (Ufficio Nazionale Servizio Civile) alcune fotografie delle preparazione. Queste  immagini hanno fatto discutere: molti vi hanno visto un vero e proprio "addestramento alla marcia". «Apprendiamo dalla rete con stupore che ai giovani del servizio civile sia stato chiesto di marciare con passo militare – ha dichiarato in una nota Enrico Maria Borelli, presidente Amesci (Associazione Mediterranea per la Promozione e lo Sviluppo del Servizio Civile) – La partecipazione dei volontari alla parata ha senso se si consente al mondo del servizio civile di esprimere il valore civile e civico dell'impegno dei giovani. Irreggimentarli come fossero soldati rischia di richiamare un approccio culturale superato. Ci auguriamo che l'Unsc voglia rimediare subito a quella che ci appare come un'iniziativa incomprensibile».

 La risposta dell'Unsc non si è fatta attendere: «I volontari, che hanno aderito liberamente,  non marceranno, ma cammineranno davanti al capo dello Stato e alle altre autorità in modo coordinato – ha dichiarato Federico Fauttilli, capo dell'Unsc -  La partecipazione del servizio civile alla manifestazione del 2 giugno è una tradizione che va avanti da ormai vari anni. Sfilano i Vigili del fuoco, la Croce rossa, la Protezione civile e, anche su richiesta degli stessi ragazzi, ci sembra giusto far conoscere e apprezzare  il ruolo attivo che essi svolgono all’interno del Paese e anche all’estero. La preparazione alla parata, che è arduo definire addestramento, avviene necessariamente sotto il coordinamento dei militari, che sono gli organizzatori, e non comporta alcun aggravio di spese».

Parole che comunque non hanno tranquillizzato il mondo pacifista. «L'unica marcia che ci piace è la Perugia-Assisi, per la pace e il disarmo – ha dichiarato Mao Valpiana, presidente nazionale Movimento Nonviolento – Non possiamo accettare che la presenza dei giovani del servizio civile alla parata del 2 giugno sia "sotto il comando dei militari". La difesa nonviolenta della patria, riconosciuta dalle sentenze della Corte costituzionale, deve avere pari dignità e piena autonomia».      

In tempi così burrascosi, forse un segno concreto vale più di molte parole. Per questo, il 2 giugno, gli enti della Cnesc (Conferenza Nazionale Enti di Servizio Civile) hanno deciso di tener aperte le loro sedi, per permettere a cittadini e istituzioni (l'invito è rivolto in particolare al premier Monti e al ministro Riccardi) di toccare con mano le tante e preziose attività svolte ogni giorno dai volontari. «Le sedi sono luoghi in cui si stanno scrivendo storie di pace e di giustizia – afferma Primo Di Blasio, presidente Cnesc – luoghi dove i giovani sono protagonisti attivi di quel sogno dei padri costituenti di un'Italia unita, solidale, che ripudia la guerra e costruisce la pace». 

Caro Presidente,
                            la pace è l'unico valore veramente rivoluzionario, diceva David Maria Turoldo, perché costringe a ripensare tutte le categorie del vecchio mondo che è stato costruito sulle macerie delle guerre. Ed Ernesto Balducci, rivolgendosi ai cristiani, ricordava che una chiesa veramente evangelica deve essere come un'obiezione di coscienza piantata da Dio nella carne viva del mondo.

                        Essere costruttori di pace oggi significa obiettare al sistema di guerra e alle spese militari che la guerra rendono possibile.  Noi vogliamo essere cittadini obbedienti alla Costituzione italiana, scritta subito dopo il flagello del secondo conflitto mondiale, e proprio per questo tesa al ripudio della guerra stessa. Lo dice l'articolo 11. E' la stessa Costituzione che ci indica come la nostra Repubblica sia fondata sulla forza del lavoro. Lo dice l'articolo 1. In mezzo, tra l'articolo 1 e l'articolo 11, ci sono 10 articoli fondamentali della nostra carta costituzionale, su altrettanti valori fondanti: la giustizia, la libertà, la salute, l'educazione, ecc. Questo significa che i lavoratori devono costruire le condizioni per la dignità della vita di tutti coloro che vivono nel nostro Paese, e che la guerra (e la sua preparazione) è l'unico vero disvalore da espellere per sempre dal contesto sociale e civile. 

Per tutto questo noi non comprendiamo perché la Festa della Repubblica, che ricorre il 2 giugno, venga celebrata con le parate militari, la sfilata della armi, la mostra degli ordigni bellici. E' una contraddizione divenuta ormai insopportabile. Questo è il ripudio della Costituzione, non della guerra. E' il rovesciamento della verità.   Il 2 giugno ad avere il diritto di sfilare sono le forze del lavoro, i sindacati, le categorie delle arti e dei mestieri, gli studenti, gli educatori, gli immigrati, i bambini con le madri e i padri, le ragazze e i ragazzi del servizio civile. Queste sono le forze vive della Repubblica; i militari hanno già la loro festa, il 4 novembre, che ricorda “l'inutile strage” della prima guerra mondiale, come disse il papa Benedetto XV.  

 

A lei, Presidente della Repubblica, chiediamo di abolire la parata militare del 2 giugno, anche per rispettare la necessità di risparmio economico (ci costerà milioni di euro): inviti i giovani disoccupati e i pensionati come rappresentanti del popolo italiano in sofferenza. E' un vero e proprio scandalo che mentre si impongono pesanti sacrifici a tutti, il Parlamento ed il Governo abbiano confermato l'enorme spesa di oltre 10 miliardi di euro per l'acquisto dei cacciabombardieri F35.

Ci impegniamo ad interpellare le autorità civili delle nostre città, sindaci, prefetti, consiglieri comunali, deputati, affinché sostengano questa nostra proposta, scrivendo anche lettere ai giornali e diffondendole nei luoghi di lavoro. Il 2 giugno con le nostre associazioni vogliamo celebrare l'Italia che “ripudia la guerra”: dove possibile organizzeremo delle sfilate dove i cittadini disarmati innalzeranno i cartelli con l'articolo 11 della Costituzione.

Lettera dei partecipanti al convegno “La pace realismo di un’utopia" organizzato dal movimento Pax Christi. I partecipanti, riuniti a Pietralba (Bolzano) il 21 e 22 aprile, hanno riflettuto selle figure di Ernesto Balducci e David Maria Turoldo, a vent’ anni dalla loro scomparsa.

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