Berit Reiss-Andersen, presidente del Comitato per il Nobel norvegese, tiene il suo discorso discorso alla cerimonia quest'anno virtuale (a causa del Covid-19) per la consegna del Nobel per la pace (foto Reuters).
(Foto Reuters sopra: operatori del World food programme che distribuiscono aiuti alimentari agli etiopi in fuga dal conflitto nella regione del Tigray).
La pace non può camminare disgiunta dalla lotta alla fame. Non ci può essere giustizia finché ci saranno persone che muoiono per mancanza di cibo. È il monito lanciato dal Comitato norvegese per il Nobel della pace che quest’anno ha assegnato il riconoscimento al Word Food Programme (Wfp), in italiano Programma alimentare mondiale, l’agenzia delle Nazioni Unite, con sede a Roma, impegnata a fornire assistenza alimentare nelle emergenze, dalle guerre alle catastrofi ambientali.
Nel 2015 l’Onu ha fissato i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile da raggiungere entro il 2030. L’obiettivo Fame zero è la priorità del Wfp: sradicare la denutrizione, migliorare l’alimentazione promuovendo l’agricoltura sostenibile e lo sviluppo dei piccoli agricoltori. Una scommessa enorme: secondo il rapporto Onu 2020 sull’alimentazione, la fame nel mondo è in crescita. Nel 2019 quasi 690 milioni di persone hanno sofferto la fame: circa 10 milioni in più rispetto all’anno precedente. Il rapporto, presentato lo scorso luglio, sottolinea il forte impatto della pandemia del Covid-19: entro la fine dell’anno si prevede che altre 130 milioni di persone finiranno nella spirale della denutrizione cronica.
Il lavoro del World Food Programme è capillare: ogni anno assiste quasi 87 milioni di persone in più di 80 Paesi. Ogni giorno 5 mila camion, venti navi e più di 90 aerei partono per raggiungere i più poveri della Terra. In Yemen, dove 10 milioni di persone soffrono la fame, il Wfp prevede l’assitenza alimentare a 13 milioni di abitanti. In Siria, quasi 4 milioni e mezzo di persone, al settembre 2019, avevano ricevuto aiuti. E poi il sostegno ai popoli del Sahel – Mali, Burkina Faso, Niger – dove all’impatto del cambiamento climatico si aggiunge l’instabilità causata da conflitti tra gruppi armati. E la difesa dell’uguaglianza di genere: perché non ci può essere un mondo senza fame se non si affermano i diritti di tutti.