Un’attuazione del Concilio, quella che papa Francesco continua a promuovere. Anche in tema di laici. Un richiamo a non essere clericali, ad assumersi, nel quotidiano, le proprie responsabilità. Nel discorso introduttivo all’assemblea della Cei, apertasi in Vaticano lo scorso 18 maggio, il Papa è tornato a tracciare, come già aveva fatto nei numerosi incontri con le associazioni e i movimenti e, soprattutto, con l’esortazione apostolica Evangelii Gaudium, i tratti di un cammino che deve vedere i laici sempre più consapevoli del proprio ruolo all’interno della Chiesa e del mondo.
«La sensibilità ecclesiale e pastorale», ha detto Bergoglio, «si concretizza anche nel rinforzare l’indispensabile ruolo di laici disposti ad assumersi le responsabilità che a loro competono»». E ancora: «In realtà, i laici che hanno una formazione cristiana autentica, non dovrebbero aver bisogno del Vescovo-pilota, o del monsignore-pilota o di un input clericale per assumersi le proprie responsabilità a tutti i livelli, da quello politico a quello sociale, da quello economico a quello legislativo! Hanno invece tutti la necessità del Vescovo Pastore!».
Parole «che abbiamo accolto con grande gioia», puntualizza Matteo Truffelli, presidente nazionale dell’Azione cattolica italiana. «Accanto alla gioia, abbiamo colto però anche l’invito forte a non rimanere su posizioni attendiste, ma ad assumerci le nostre responsabilità». «Questo vuol dire», aggiunge Truffelli, «che dobbiamo anche avere il coraggio di fare scelte sapendo che sono scelte storicamente situate, con la consapevolezza che la costruzione del bene comune, l’impegno nella cultura, nell’economia è sempre una costruire il bene comune in modo parziale».
Il presidente dell’Aci sottolinea anche che, rispetto al «riferimento ai vescovi-pilota, mi pare che il Papa abbia voluto darci l’indicazione di darci, pastore e gregge, occasioni di ascolto e conoscenza reciproca cercando occasioni per confrontarci e vivere l’esperienza insieme». Niente clericalismi, dunque, «come invito non solo al clero e ai pastori a non clericalizzare i laici, ma anche come invito a noi laici a non cadere nella tentazione di clericalizzarci, di assumere modalità e mentalità “clericali”».
Laici che sanno qual è il loro ruolo, anche quando è quello scomodo della denuncia. «Anche il passaggio sul non essere timidi nella denuncia della corruzione, per esempio», aggiunge Truffelli, «l’ho letto come un invito a tutta la Chiesa senza distinzioni. Un invito ad avere la forza di dire, di denunciare questo vero e proprio cancro in particolare dlela società italiana. Questo è un passaggio molto importante perché la corruzione non è solo il fenomeno in sé, ma è una cosa che intacca l’economia, la mentalità, che intacca la morale. Fa bene il Papa a insistere sul tema dlela corruzione perché questo è uno snodo fondamentale della nostra società».