«Le parole che seguono non sono nuove. Nuovo è, però, il bisogno di ripeterle nei giorni in cui una giovane ragazza, Silvia Romano, è bersaglio di insulti da parte di tanta "brava gente" solo per il fatto di aver scelto di costruire un "nuovo mondo".
Siamo stati volontari. Architetti, operai, medici, infermieri, insegnanti, sindacalisti, pensionati, casalinghe, autisti e portieri di notte. Geometri e ragionieri. Antropologi, imprenditori e disoccupati. Studenti ed agricoltori. Quarant’anni della meglio gioventù di un Italia che ha sempre preferito guardare da un’altra parte, che ha sempre preferito le parole all’impegno diretto e quotidiano in quell’altrove che, adesso, è diventato casa nostra. Dalla fine degli anni 60 a oggi, oltre mezzo secolo di utopia "cattocomunista" mescolata a un pragmatismo prettamente bresciano. SVI. Servizio Volontario Internazionale. Per molti di noi qualcosa di simile a una famiglia, a una grande Chiesa laica nella quale abbiamo avuto l’occasione di incontrare anime inquiete come la nostra. Abbiamo provato a unire ideologia ed azione, continuando a domandarci quale fosse il senso del nostro andare. Abbiamo sbagliato ed abbiamo ricominciato. Sempre con umiltà, sempre in direzione ostinata e contraria. I volontari non sono persone facili. Non lo sono mai stati. Troppo convinti di essere dalla parte giusta della storia, troppo abituati a mediare, ad ascoltare, a non rispondere con violenza alla violenza. Spesso il desiderio di giustizia si confonde con l’arroganza e le difficoltà di relazione fra molti volontari sul campo sono lì a testimoniarlo. Tutti in cerca di risposta. Ogni risposta diversa da quella altrui.
Siamo stati volontari. Siamo andati in Africa ed in America Latina. Qualcuno non è più tornato e lì ha trovato casa. Abbiamo urlato la nostra rabbia tranquilla in centinaia di teatri semivuoti, in migliaia di interessantissimi convegni poco frequentati, in milioni di pagine scritte su bollettini parrochiali, giornali specializzati, diari, blog, lettere ai sostenitori, quotidiani locali. Abbiamo marciato, Abbiamo pregato,bestemmiato, lavorato,cantato. Abbiamo pianto per l’indifferenza degli altri e per la nostra impotenza di fronte alle ferite della terra. Abbiamo raccolto firme, venduto libri, organizzato aste e cucinato salamine. Abbiamo amici, mogli e figli di un colore diverso dal nostro e questo da molto prima che iniziasse la globalizzazione. Siamo stati avanti anche quando ci dicevano di essere fermi al passato, agli anni delle nuove frontiere, agli anni che sembravano preludere ad un futuro, agli anni in cui le encicliche non erano semplici macchie di inchiostro su carta bianca.
Siamo stati volontari. Abbiamo avuto i nostri caduti, i nostri eroi marginali ed indimenticabili. Qualcuno credeva in Dio, qualcuno no. Tutti con la stessa incredibile ed ingiustificabile fiducia nell’uomo. Ottimisti nonostante tutto. Sorrisi nel buio. Piccoli falò accesi nella notte scura. Abbiamo cambiato le cose? Non credo. Valeva la pena? Certo che ne valeva la pena!
Ci si scorderà di noi, perché siamo stati polvere fra la polvere della storia. Piccoli testimoni di un mondo che è impossibile raccontare. È stato bello e crudele. Come poi lo sono le vite che meritano di essere vissute... ovvero tutte.
PS: e, comunque, almeno fino a oggi, non siamo mai stati così insultati. Resisti Silvia, un abbraccio dalla fine del mondo.
Massimo Tanghetti