Del cardinale Marcello Semeraro
Prefetto della Congregazione delle cause dei santi
Con la pubblicazione di Praedicate Evangelium termina un cammino iniziato nove anni or sono (13 aprile 2013), da quando, cioè, insieme con l’annuncio della costituzione di un Consiglio di cardinali per sostenerlo nel governo della Chiesa universale, papa Francesco annunciò pure l’avvio di una riforma della Curia romana. Questo tempo è stato segnato anzitutto dall’ascolto, a tutti i livelli. L’altro impegno è stato il discernimento fatto in comune, che ha impegnato il Papa con il suo Consiglio di cardinali. Il terzo impegno è stato redigere il testo.
La prima attenzione nella fase del discernimento è stata per individuare la scelta di una prospettiva di fondo. Già il 24 novembre 2013 Francesco aveva pubblicato la sua prima esortazione apostolica, l’Evangelii gaudium, cui dava esplicitamente un significato programmatico. Ciò condusse alla scelta di fare dell’annuncio del Vangelo e dello spirito missionario la prospettiva fondamentale per la riforma della Curia romana. Al n. 32 della Christifideles laici, Giovanni Paolo II aveva scritto che «la comunione rappresenta la sorgente e insieme il frutto della missione: la comunione è missionaria e la missione è per la comunione».
In quest’ottica si comprendono alcune scelte. La più evidente (ma simbolica, poiché tutti i Dicasteri sono giuridicamente pari) è l’assegnazione al primo posto a quello per l’evangelizzazione ed è una scelta che si comprende alla luce di quel cambiamento di epoca (come ama ripetere anche papa Francesco) che storicamente si sta compiendo e che mentre inevitabilmente pone alla Chiesa delle sfide inedite, la proietta pure verso nuove frontiere sia nella prima missione ad gentes, sia nella nuova evangelizzazione di popoli che hanno già ricevuto l’annuncio di Cristo.
L’altra scelta, e questa porta avanti la profezia del Concilio, è quella segnalata al n. 10 del Preambolo, dove si legge che «il Papa, i vescovi e gli altri ministri ordinati non sono gli unici evangelizzatori nella Chiesa… Ogni cristiano, in virtù del Battesimo, è un discepolo missionario “nella Misura in cui si è incontrato con l’amore di Dio in Cristo Gesù”. Non si può non tenerne conto nell’aggiornamento della Curia, la cui riforma, pertanto, deve prevedere il coinvolgimento di laiche e laici, anche in ruoli di governo e di responsabilità».
C’è, però, un inciso in questo passaggio, che vale ovviamente per tutti: nella misura in cui si è incontrato con l’amore di Dio in Cristo Gesù. Al V Convegno nazionale della Chiesa italiana a Firenze (2015) Francesco disse: «La riforma della Chiesa non si esaurisce nell’ennesimo piano per cambiare le strutture. Significa invece innestarsi e radicarsi in Cristo lasciandosi condurre dallo Spirito. Allora tutto sarà possibile con genio e creatività ». Senza vita nuova in Cristo non c’è riforma; c’è solo cambiamento.