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lunedì 21 aprile 2025
 
 

Non basta cambiare le strutture, bisogna radicarsi nella gioia di Cristo

31/03/2022  Storia, natura e obiettivi della nuova Costituzione apostolica Praedicate Evangelium nella riflessione di chi ha partecipato ai lavori

Del cardinale Marcello Semeraro

Prefetto della Congregazione delle cause dei santi

 

Con la pubblicazione di Praedicate Evangelium termina un cammino iniziato nove anni or sono (13 aprile  2013), da quando, cioè, insieme con l’annuncio della costituzione di un Consiglio di cardinali per  sostenerlo nel governo della Chiesa universale, papa Francesco annunciò pure l’avvio di una riforma della  Curia romana. Questo tempo è stato segnato anzitutto dall’ascolto, a tutti i livelli. L’altro impegno è stato il  discernimento fatto in comune, che ha impegnato il Papa con il suo Consiglio di cardinali. Il terzo  impegno è stato redigere il testo.

La prima attenzione nella fase del discernimento è stata per individuare  la scelta di una prospettiva di fondo. Già il 24 novembre 2013 Francesco aveva pubblicato la sua prima  esortazione apostolica, l’Evangelii gaudium, cui dava esplicitamente un significato programmatico. Ciò  condusse alla scelta di fare dell’annuncio del Vangelo e dello spirito missionario la prospettiva  fondamentale per la riforma della Curia romana. Al n. 32 della Christifideles laici, Giovanni Paolo II aveva scritto che «la comunione rappresenta la sorgente e insieme il frutto della missione: la comunione è missionaria e la missione è per la comunione».

In quest’ottica si comprendono alcune scelte. La più evidente (ma simbolica, poiché tutti i Dicasteri sono giuridicamente pari) è l’assegnazione al primo posto a quello per l’evangelizzazione ed è una scelta che si comprende alla luce di quel cambiamento di epoca (come ama ripetere anche papa Francesco) che storicamente si sta compiendo e che mentre  inevitabilmente pone alla Chiesa delle sfide inedite, la proietta pure verso nuove frontiere sia nella prima  missione ad gentes, sia nella nuova evangelizzazione di popoli che hanno già ricevuto l’annuncio di Cristo. 

L’altra scelta, e questa porta avanti la profezia del Concilio, è quella segnalata al n. 10 del  Preambolo, dove si legge che «il Papa, i vescovi e gli altri ministri ordinati non sono gli unici  evangelizzatori nella Chiesa… Ogni cristiano, in virtù del Battesimo, è un discepolo missionario “nella  Misura in cui si è incontrato con l’amore di Dio in Cristo Gesù”. Non si può non tenerne conto  nell’aggiornamento della Curia, la cui riforma, pertanto, deve prevedere il coinvolgimento di laiche e laici,  anche in ruoli di governo e di responsabilità».

C’è, però, un inciso in questo passaggio, che vale  ovviamente per tutti: nella misura in cui si è incontrato con l’amore di Dio in Cristo Gesù. Al V Convegno  nazionale della Chiesa italiana a Firenze (2015) Francesco disse: «La riforma della Chiesa non si  esaurisce nell’ennesimo piano per cambiare le strutture. Significa invece innestarsi e radicarsi in Cristo  lasciandosi condurre dallo Spirito. Allora tutto sarà possibile con genio e creatività ». Senza vita nuova in  Cristo non c’è riforma; c’è solo cambiamento.

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