Le parole con cui papa Francesco ha condannato l’utero in affitto - tanto da auspicare «un impegno della Comunità internazionale per proibire a livello universale tale pratica» - non potevano essere più chiare. Ma la cosa che in positivo colpisce maggiormente è che queste parole - «ritengo deprecabile la pratica della cosiddetta maternità surrogata, che lede gravemente la dignità della donna e del figlio. Essa è fondata sullo sfruttamento di una situazione di necessità materiale della madre. Un bambino è sempre un dono e mai l’oggetto di un contratto» -, e il deciso auspicio appena ricordato, sono inseriti nel discorso al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Un discorso intenso, appassionato e a tratti dolente, nel quale Francesco affronta il tema epocale e planetario della pace a fronte delle guerre e dei conflitti devastanti che in varie parti del mondo stanno piegando e piagando l’umanità.
L’orizzonte è ampio e giunge a esaminare le cause di tali disastri materiali e spirituali. L’abbraccio di Francesco è per tutti i continenti per tutti gli uomini e le donne; l’invocazione della pace – che «è primariamente un dono di Dio: è Lui che ci lascia la sua pace; ma nello stesso tempo è una nostra responsabilità» - diventa preghiera in ogni passaggio del discorso. Ecco, ma qual è il collegamento tra la pace e la “deprecabile pratica” dell’utero in affitto? Lo spiega papa Franceso stesso: «La via della pace esige il rispetto della vita, di ogni vita umana, a partire da quella del nascituro nel grembo della madre, che non può essere soppressa, né diventare oggetto di mercimonio». La “deprecabile pratica” infatti non è solo riduzione a cose di donne e bambini; non solo distorsione organizzata e pianificata della maternità, della paternità, della filiazione, inserite in una logica produttivistica, non solo miserabile sfruttamento commerciale della povertà, ma anche e primariamente – alla radice - minaccia alla pace, poiché il mondo sommerso sotto la punta dell’iceberg della c.d. “maternità surrogata” è l’impiego delle tecnologie riproduttive con cui vengono generati in provetta esseri umani molti dei quali non sono destinati alla nascita, ma vengono selezionati, congelati, usati come mezzi di sperimentazione, insomma scartati.
Non si può poi affatto dimenticare che i contratti di locazione di utero prevedono il ricorso all’aborto qualora i figlio che sta crescendo nel grembo della donna/mamma non sia gradito perché si riscontrano malformazioni o perché di troppo (gravidanza plurima). Giustamente, quindi, papa Francesco collega la realizzazione della pace alla protezione e all’accoglienza di ogni vita umana. Non a caso, la prima (o una delle prime) giornata per la pace voluta da Paolo VI ebbe per tema “Se vuoi la pace difendi la vita e “Quale pace se non salviamo ogni vita?”, è stato il titolo di una delle Giornate per la Vita di diversi anni fa. Il premio Nobel per la Pace, Santa Teresa di Calcutta, ha sempre ripetuto che l’aborto è il più grande distruttore della pace. Sono solo alcuni esempi che vanno a rafforzare, semmai ce ne fosse bisogno, l’illuminata riflessione di papa Francesco. Che dunque il suo auspicio sia preso sul serio, ma non come punto di arrivo, bensì ma una tappa nel cammino di riflessione, che va portato a tutti i livelli, sul senso del figlio, tale dal concepimento, della maternità e della paternità. Non basta dire “no” all’utero in affitto ̶ comunque lo si voglia diversamente definire - è necessario dire “sì” all’uguale e inerente dignità di ogni essere umano, sin dal momento in cui ogni essere umano inizia ad esistere in quel “big bang” chiamato concepimento. È da qui possiamo gettare basi solide per più alto livello di civiltà e lavorare per costruire sempre più pienamente e autenticamente la pace.