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domenica 15 settembre 2024
 
Welfare familiare
 

Non chiamiamole badanti

25/03/2015  Due convegni per parlare della rivalorizzazione di una figura professionale preziosa e complessa. Se ne parla Milano e a Padova i prossimi 24 e 26 marzo al convegno: “Welfare familiare: l’anziano oggi, una ricchezza di cui prendersi cura”. Tra i relatori Paolo Crepet e don Antonio Mazzi.

“Invecchiare è complicato” e ancora: “Attenzione, cura e dignità” sono le parole che dovremmo riservare ai nostri anziani. È la prima riflessione del noto psichiatra e sociologo Paolo Crepet che farà parte del panel dei relatori chiamati da Openjobmetis a dibattere intorno a uno dei temi di maggior attualità dei nostri tempi: l’invecchiamento della popolazione e la conseguente necessità di farsi carico delle persone anziane e non più autosufficienti. 

Si parlerà sia di coloro che vengono comunemente denominate – probabilmente con un termine che suona meno valorizzante di quanto dovrebbe – “badanti”, sia di quanto l’operato di queste figure professionali impatti nei delicati equilibri socio familiari. Per questo, Openjobmetis ha deciso di dedicarsi alla loro ricerca e selezione tramite una nuova e apposita divisione specializzata, denominata “Divisione Family Care”.

I convegni, intitolati “Welfare familiare: l’anziano oggi, una ricchezza di cui prendersi cura”, si terranno martedì 24 a Milano (ore 17,30, Museo della Scienza e della Tecnologia, Sala Biancamano, in via Olona 6/Bis) e giovedì 26 marzo a Padova (al Piccolo Teatro di via Asolo, 2, alle 20,00). Interverranno: il prof. Paolo Crepet, il senatore Antonio Tomassini, presidente dell’Associazione di iniziativa parlamentare per la tutela della salute, Silvia Dumitrache, presidente Associazione donne romene in Italia e Francesco Maietta, responsabile politiche sociali Fondazione Censis. A Padova, tra i relatori, ci sarà anche don Antonio Mazzi, il popolare fondatore della Onlus Exodus.

Il contesto sociale

Francesco Maietta descriverà quei 2,5 milioni di anziani che vivono in casa propria o di parenti con limitazioni funzionali (il 20% circa degli anziani nel nostro Paese) e hanno bisogno di assistenza.

Le famiglie italiane spendono oltre 9 miliardi di euro l’anno per la cura dei propri cari
, mentre si calcola che la spesa pubblica per la long term care per gli anziani non autosufficienti sia pari all’1,28% del Pil, vale a dire circa 20 miliardi di euro. Un costo sociale molto elevato, che però non sempre coincide con un servizio ottimale. Infatti, se per l’80% degli italiani gli assistenti familiari hanno salvato una generazione di anziani, percentuali addirittura superiori indicano che il modello di welfare del “badandato” è tuttavia imperfetto: per l’81,6% sono molti i casi di assistenti familiari che non sono all'altezza del loro compito, perché poco professionali e non adeguatamente preparati.

«La nostra è una società fondata sull’egoismo», commenta, don Mazzi. «Ed è da questa considerazione e da questa consapevolezza che dovremmo partire per ragionare sul fatto che la solidarietà, il sentirsi vicini a una problematica sociale, è un qualcosa che dovrebbe avere inizio nella propria casa, nella propria quotidianità. Viviamo in un mondo che diventa sempre più vecchio e solo, ma se la relazione fosse più “relazione”, se ponessimo più attenzione alla necessità di attribuire importanza, profondità, valore allo scambio che avviene tra gli anziani e le persone chiamate a prendersene cura, le cose andrebbero molto meglio».

«Invecchiare è complicato», aggiunge Paolo Crepet, psichiatra e sociologo. «Lo è per chi, giorno dopo giorno, porta il peso crescente degli anni. Allo stesso modo questo peso, questo mutamento di condizioni e di rapporti, viene vissuto con difficoltà dalle famiglie. Una madre e un padre che non sono più autosufficienti giustificano l'ansia di un figlio che avverte la sua fragilità di fronte a una situazione irreversibile, che si complica con il passare dei giorni. È una situazione che si deve e si può gestire, garantendo alle persone l’assistenza e la protezione che meritano e, soprattutto, salvaguardando la loro dignità».

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