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domenica 15 settembre 2024
 
 

"Non è giusto metterli al bando"

23/06/2013  Miccoli e Katidis devono presentare scuse vere, non ipocrite. Ma non si può impedir loro di scendere in campo.

Se i calciatori sono esempio per i giovani, farebbero bene a rifletterci su, prima di ogni loro azione (e non di azioni gioco si parla). Che poi i ragazzi farebbero cosa buona a giusta a seguire ben più alti esempi è altra storia, che investe la società moderna, le sue regole, i suoi indirizzi.

Ma il dato resta: c’è chi apprezza i calciatori (o gli sportivi in generale), fino a farne dei modelli di vita. Una bella responsabilità, per chi magari aspira a essere protagonista su un campo da gioco e nient’altro. Due esempi sbagliati, uno dietro l’altro. Georgos Katidis, greco, che a 20 anni ha fatto parlare di sé più fuori che dentro al campo. E Fabrizio Miccoli, che non ha neppure la (molto) parziale giustificazione della giovane età. Katidis è l’attaccante del saluto romano, il suo (più che discutibile) modo di esultare per un gol realizzato.

Un gesto che fece il giro del mondo, tanto da costringere la federazione ellenica a dichiararlo ineleggibile per la nazionale. Torna d’attualità, perché il Novara sta cercando di portarlo in Italia, dando la stura a una raffica di polemiche. Fabrizio Miccoli è l’attaccante dal gol facile e dalle amicizie pericolose.

Ha rappresentato Palermo, sul campo. Rappresenta la parte deteriore di Palermo, fuori dal rettangolo verde. Intrattiene rapporti con i boss, spara vergognose sentenze su Giovanni Falcone (definito “fango”, che in italiano si traduce feccia), che della Sicilia ha rappresentato il meglio, provando a liberarla dal giogo della mafia. Due esempi sbagliati, uno dietro l’altro. Da biasimare, senza mezzi termini. Due ragazzi che dovrebbero chiedere scusa, ma scuse vere, non quelle pelose e ipocrite cui certa politica ci ha abituati.

Scuse vere, una specie in via di estinzione. Un modo per riconoscere il vergognoso errore, prima di cambiare strada, imboccando quella giusta. E’ quel che gli si chiede, non di più. Altra cosa è la messa al bando, scomposta e sbagliata reazione. Come nel caso Katidis, già arrivato in Parlamento. Tutti (associazioni ebraiche, Anpi, partiti politici) contro di lui, a volergli sbarrare la strada dell’approdo in Italia. Se c’è chi sbaglia, non lo si mette al bando. Lo si biasima, com’è giusto che sia. Ma Katidis resta un calciatore, che ha tutto il diritto di continuare a giocare al calcio.

 
 
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