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giovedì 12 giugno 2025
 
 

Quei genitori e la figlia che non doveva nascere

23/12/2015  «Non esiste un diritto a non nascere se non sano», così ha risposto la Cassazione rispetto alla richiesta di risarcimento da parte dei genitori di una bambina down. Avevano effettuato un'indagine prenatale ma i medici non avevano riscontrato la sindrome. Nel caso la madre ha dichiarato che avrebbe abortito.

Non esiste il «diritto a non nascere se non sano» e questo «mette in scacco il concetto stesso di danno» per il bambino nato malato. Lo affermano le Sezioni Unite della Cassazione chiamate in causa dalla richiesta di risarcimento danni, a nome proprio e della figlia, di una coppia che ha citato l'Asl di Lucca e i primari dei reparti di ginecologia e del laboratorio di analisi. Nonostante un'indagine prenatale, i medici non avevano riscontrato che la bambina fosse affetta dalla sindrome di Down. Se correttamente informata la madre non avrebbe portato a termine la gravidanza e per questo ha chiesto il risarcimento. Le Sezioni Unite lo hanno respinto per quanto riguarda la bambina, mentre hanno disposto un nuovo approfondimento per il danno psicologico subito invece dalla madre. Secondo la Cassazione non esiste il diritto al risarcimento del danno per il bambino nato malato «tanto più che di esso si farebbero interpreti unilaterali i genitori nell'attribuire alla volontà del nascituro il rifiuto di una vita segnata dalla malattia; come tale, indegna di essere vissuta (quasi un corollario estremo del cosiddetto diritto alla felicità)».

Nella sua disamina la Corte, che cita precedenti casi anche all'estero, mette in guardia dal «rischio di una reificazione dell'uomo, la cui vita verrebbe ad essere apprezzabile in ragione dell'integrità psico-fisica»: una «deriva eugenetica» che ha caratterizzato il dibatto in altri Paesi, come in Francia, dove è poi intervenuta una legge specifica (legge Kouchner del 2002) per affermare proprio che nessuno può far valere un danno derivante dal solo fatto di esser nato. La Corte respinge poi la «patrimonializzazione dei sentimenti, in una visione panrisarcitoria dalle prospettive inquietanti».

La nostra speranza è che i due genitori abbiano tentato di ottenere del denaro per poter dare alla loro bambina la vita migliore possibile dal punto di vista economico. Diversamente ci pare davvero agghiacciante il fatto che chiedano un risarcimento per non aver potuto abortire. Sia chiaro, nessuno può capire e giudicare le enormi difficoltà che questo papà e questa mamma stanno incontrando accudendo la loro figlia down. Speriamo però che la freddezza della carta bollata lasci spazio in famiglia al calore umano di cui ha bisogno questa bambina.

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