Uno spettro si aggira per l’Italia. Il baratto amministrativo. Non hai i soldi per pagare i tributi locali (multe auto, tasi, Ici, Tarsu)? Il Comune ti dà la possibilità di farlo lavorando per lui. Pulizia nei parchi o nelle strade, tutela di beni museali o archeologici, tanto per dire. E’ l’effetto della legge Sblocca Italia, (n. 164 del 2014) articolo 24. Che testualmente prevede: “Misure di agevolazioni della partecipazione delle comunità locali in materia di tutela a valorizzazione del territorio” e disciplina “la possibilità dei Comuni di deliberare riduzioni o esenzioni dai tributi a fronte di interventi per la riqualificazione del territorio da parte dei cittadini".
Sembrava dovesse restare tutto nell’ambito delle trovate da “amministrazione creativa”. Invece sono già oltre 100 i Comuni che, complice il taglio dei trasferimenti statali, il calo dei servizi locali e la morosità crescente della popolazione, hanno adottato (o stanno per farlo) questa forma di scambio. Da Sud a Nord, senza distinzione di colore di giunta, arrivano “baratti” da Siculiana (Agrigento) a Invorio (Novara), passando per Città di castello, Colonna, L’Aquila. Fino ad arrivare, ecco la notizia di oggi, a Milano. Prima grande città ad avviare l’esperimento.
Per accedere al programma, dal 2016 i milanesi morosi dovranno avere un reddito che non superi i 21 mila euro all’anno e un debito con l’amministrazione di almeno 1.500 euro. Sotto la regia dell’assessore al Bilancio Francesca Balzani e alla responsabile del Verde Chiara Bisconti, un tavolo tecnico fisserà entro dicembre i programmi di intervento che saranno “messi a bando” e offerti a chi deve “scontare” il proprio arretrato. E poi via con il baratto sul Naviglio. Con due precisazione da Palazzo Marino: controlli rigorosi sulle prestazioni e nessuna sovrapposizione con i servizi essenziali. Le prestazioni offerte dai “cittadini debitori” saranno aggiuntive rispetto a quanto il Comune deve assicurare in quanto ente pubblico.
C’è da giurare che il baratto farà discutere. Di certo dice alcune cose riguardo alla crisi. Dei Comuni, a corto di soldi. E dei cittadini, con una linea di povertà che come ha da poco mostrato Il Rapporto Caritas sul tema vede progressivamente alzarsi il livello di sofferenza: sono 4,1 milioni gli italiani che sono in condizioni di povertà assoluta, più che raddoppiati in 7 anni. La crisi è entrata nelle pieghe del quotidiano di ciascuno di noi. Direttamente o indirettamente. Se ben 100 Comuni chiedono il baratto non è da attribuire soltanto alla proverbiale italica inclinazione alla evasione,che riguarda soprattutto dichiarazioni dei redditi più gonfie. E’ da leggersi semmai come il dilatarsi di un impoverimento a macchia d’olio, sottile e impalpabile finché non emerge in termini di morosità. Fin quando non si traduce in una bolletta scaduta, in una multa che non si può più pagare.
Si può discutere e forse accadrà sulla opportunità di una misura del genere, sul carico di amor proprio e pudore che costringerà a superare, a volte con qualche sforzo. Ma di certo va visto “un indicatore statistico” del valore almeno pari a quelli su cui il Governo canta vittoria a intervalli regolai, a ogni “0,” di aumento dell’occupazione stabile, o della produzione industriale. Senza “fare i gufi”, ci sembra che il “baratto amministrativo” descriva un Paese che fatica a pagare le multe. Ed è disposto a tagliare l’erba dei parchi per riuscirci.