Un ricorso antidiscriminazione al tribunale di Milano.
Così Asgi (Associazione Studi Giuridici sull'Immigrazione) e Apn
(Avvocati per Niente) reagiscono all'esclusione dei cittadini
stranieri dall'ultimo bando nazionale di servizio civile. La storia
si ripete. Infatti, già due anni fa, le stesse associazioni avevano
dato assistenza legale a Syed, un giovane pachistano che avrebbe
voluto impegnarsi come volontario.
Nel gennaio 2012 il suo ricorso si
concluse con una memorabile vittoria in tribunale, ma non certo con
una soluzione sul piano pratico. Ed era prevedibile che, lasciando il
quadro immutato, alla prima occasione "nuovi Syed" si
sarebbero fatti avanti. In questo caso i protagonisti sono quattro
ragazzi di origini cingalesi, marocchine e ucraine. Vivono nel nostro
Paese da più di 10 anni e vorrebbero concorrere per il nuovo bando
volontari, ma non possono perché privi di un requisito
imprescindibile: la cittadinanza italiana.
Al momento della pubblicazione del bando, lo scorso 4
ottobre, l'Unsc (Ufficio Nazionale Servizio Civile) ha citato due
pareri con i quali l'Avvocatura dello stato «si è espressa
favorevolmente in ordine alla (…) clausola di riserva ai soli
cittadini italiani dell’accesso al servizio civile», una decisione
ritenuta «non violativa dei principi comunitari e non in contrasto
con i principi affermati dalla Corte Costituzionale».
Ma Asgi e Apn sono di ben diversa opinione. In un
comunicato ribadiscono che «l’esclusione dei giovani stranieri da
questa importante esperienza di solidarietà non solo è illogica dal
punto di vista delle politiche di integrazione, ma è incompatibile
con il nostro ordinamento che va evolvendo verso una sempre maggiore
uguaglianza tra italiani e stranieri stabilmente residenti». Tanto
più alla luce delle direttive europee, che impongono agli Stati
membri di «applicare ancora più rigorosamente il principio di
parità di trattamento tra cittadini e stranieri regolarmente
soggiornanti».
Il ricorso rischia di far saltare la partenza degli oltre 15 mila volontari
In tale contesto normativo – sostengono le
associazioni – anche “il diritto di adempiere un dovere” (di
contribuire in forme solidaristiche alla “difesa” della
collettività) non può più essere riservato ai soli cittadini in
senso formale, ma deve essere esteso a tutti coloro che partecipano
attivamente della vita della collettività per esservi stabilmente
residenti».
Inevitabilmente la discussione si sposta dall'ambito
giuridico a quello politico. Se in passato i governi Berlusconi hanno
recisamente rifiutato qualunque confronto sull'ammissione degli
stranieri, chiamando in causa l'idea di patria, oggi, grazie anche
alla presenza della ministra Cécile Kyenge (che ha la delega per il
servizio civile) il clima è senz'altro mutato.
Ma tanti sono i nodi
problematici ancora da risolvere. Nei giorni scorsi varie personalità
politiche, come il deputato Pd Khalid Chaouki e l'assessore alle
Politiche Sociali del Comune di Milano Pierfrancesco Majorino, si
sono espresse a favore del ricorso. Sullo stesso tema è stata
presentata anche un'interrogazione a risposta in Commissione
dall'onorevole Giuseppe Guerini (Pd), che ha definito l'esclusione
degli stranieri «chiaramente discriminatoria nei confronti dei
cittadini comunitari e non comunitari regolarmente residenti in
Italia, precludendo loro qualsiasi possibilità di accedere alle
selezioni».
Difficile prevedere che cosa potrebbe succedere ora.
Varie realtà del terzo settore, pur sostenendo la causa dei giovani
stranieri, temono che il nuovo ricorso abbia un pericoloso effetto
collaterale, cioè il blocco nelle partenze dei volontari,
esattamente come accadde a inizio 2012. Enrico Maria Borrelli
(presidente Forum Nazionale Servizio Civile), fa notare che «il
problema non è più, o almeno non soltanto, quello dell’affermazione
di un principio di uguaglianza di trattamento e degli annessi diritti
degli stranieri ricorrenti, quanto la confusione che si sta generando
per raggiungere l’obiettivo della loro ammissione al servizio
civile».
Proprio ora che, dopo un anno di sosta forzata il sistema
si sta rimettendo in moto e il rifinanziamento di 105 milioni per il
2014 fa sperare in un futuro meno critico. Una nuova paralisi sarebbe
quanto mai deleteria.
Molti rilevano che il tema dell'ammissione degli
stranieri andrebbe affrontato nel più ampio contesto di una riforma
globale del servizio civile. Se ne parla da anni, ma nonostante le
varie proposte di legge, il dibattito è ancora in alto mare.
Recentemente però, durante un'audizione presso la Commissione Affari
Costituzionali della Camera, la ministra Kyenge si è dichiarata
«consapevole della richiesta delle parti sociali di una riforma del
Servizio civile» e «pronta al confronto parlamentare».