Vorrei portare alla sua attenzione una situazione
incresciosa che mi riguarda. E
che, purtroppo, so riguardare molte altre
donne e mamme. Nei giorni scorsi si è parlato
tanto di famiglia e la Chiesa si è interrogata
al Sinodo su come tutelarne la sacralità.
In particolare ha parlato della cosiddetta
“famiglia tradizionale”, fondata sul matrimonio
e aperta alla procreazione di figli. Da parte mia,
ho sempre creduto moltissimo nella famiglia
e ne ho costituita una “tradizionalissima”. Mi
sono sposata a venticinque anni con il mio ragazzo
storico, dei tempi del liceo, e ora siamo in attesa
di un figlio. Ci sarebbe da aspettarsi che coloro
che condividono questi valori gioissero di
fronte a una realtà come la nostra. Purtroppo,
non sempre la coerenza ha la meglio.
Lo scorso anno scolastico ho lavorato come
insegnante presso una scuola secondaria di primo
grado, gestita da religiose. Dal momento che
sono abilitata all’insegnamento, mi è stato fatto
firmare un contratto con termine il 31 agosto
2014 che, salvo motivazioni contrarie da una delle
due parti, sarebbe diventato automaticamente
a tempo indeterminato a partire da settembre
2014. Durante l’anno ho avuto più volte attestati
di stima da parte della preside, dei colleghi e dei
genitori e più volte si è fatto cenno al mio contratto,
che sarebbe diventato presto a tempo
indeterminato.
Quando però, ad aprile, ho reso nota la mia
gravidanza, mi è stato fatto capire che la mia presenza
per il nuovo anno scolastico non sarebbe
più stata gradita, nonostante avessi dato la mia
disponibilità a ritornare in servizio subito dopo
il termine del periodo di astensione obbligatoria
per maternità. Al mio posto è stato assunto un
insegnante (uomo) non abilitato all’insegnamento.
Una decisione giustificata con pochissime parole,
senza che la mia dignità professionale e
umana fosse tenuta in considerazione. Ho chiesto
più volte che mi venissero esplicitate le
motivazioni del mancato rinnovo del contratto,
ma sono stata del tutto ignorata.
So che situazioni analoghe capitano, ogni
giorno, a decine di altre donne in Italia. E che la
maternità retribuita nel nostro Paese non è un
diritto, ma un privilegio che appartiene a poche
categorie. Mi amareggia che a prendere quella
decisione nei miei confronti siano state persone
che per scelta di vita dovrebbero incarnare determinati
princìpi e valori, ed essere sempre a difesa
della famiglia “naturale”.
Mi chiedo: quale messaggio vogliamo dare ai nostri ragazzi? ¢hi minaccia davvero la famiglia
tradizionale, i divorziati risposati, le coppie che
non possono avere figli in modo “naturale”, o
chi nega il lavoro alle donne in stato di gravidanza?
La mia famiglia si sente sicuramente più minacciata
da questa ultima categoria di persone.
Per amore di verità e completezza, aggiungo
che poi ho lavorato, e tuttora lavoro, in
un’altra scuola paritaria, gestita anch’essa da religiosi,
che hanno avuto nei miei confronti un
comportamento del tutto diverso. la notizia della
mia gravidanza è stata accolta come una “lieta novella”.
E nessuno, mai, mi ha fatto pesare nulla.
anzi, il mio contratto è diventato a tempo indeterminato.
E quando tornerò al termine della maternità,
il numero delle mie ore sarà triplicato.
purtroppo, qualche esempio negativo di mancanza
di umanità, incoerenza e ipocrisia rischia
di far perdere credibilità alle tante battaglie che
la Chiesa, soprattutto oggi con papa Francesco,
sta cercando di portare avanti a favore della vita.
lo stato, di fatto, non vigila su tante situazioni
e le tutele spesso sono molto scarse, nonostante
si parli tanto, in questo periodo, di tutele
dei lavoratori, di articolo 18 e di licenziamenti discriminatori.
mi auguro che tali tristi comportamenti
passino sempre meno sotto silenzio e vengano
denunciati a gran voce, nell’interesse di tutti:
delle donne, delle famiglie e, soprattutto, dei
bambini che vengono al mondo.
UN'INSEGNANTE E UNA MAMMA
La coerenza è una grande virtù, anche se non
sempre siamo in grado di corrispondervi con
esempi concreti. ¢alare nella realtà i princìpi
in cui crediamo, o a cui diciamo almeno di
credere, non sempre ci riesce facile. anzi, spesso
brilliamo per le tante contraddizioni. e potremmo
essere presi a modello – come ci ricorda il
Vangelo – più per quello che diciamo, che per come
ci comportiamo. La tua esperienza, cara insegnante
e mamma, ci invita alla prudenza e a non generalizzare.
perché per una porta che si chiude nella vita,
se ne aprono altre sovente inaspettate.
Quel che è vero è che siamo un paese che si riempie
tanto la bocca di vita e maternità, con solenni
proclami e affollate manifestazioni. ma, in concreto,
per la vita e la maternità si fa davvero poco. Non
c’è affatto armonia tra lavoro e famiglia, sono due
mondi spesso contrapposti e in lotta tra loro. Con reciproci
danni. in assenza di reti di protezione, quali
gli asili nido, la donna in Italia è costretta a dover
scegliere tra professione e maternità. si fatica a comprendere
che i figli non sono un affare privato,
ma una ricchezza, anzi la principale risorsa di cui
dispone un paese, se ha a cuore il proprio futuro.
Ancora oggi, in tanti ambienti di lavoro, una
donna incinta è vista come un inciampo all’efficienza
e alla produttività. è vissuta come un fastidio. da
questa concezione discendono poi forme di discriminazione
ed esclusione, spesso nemmeno tanto velate.
ancor più grave se a farsene carico è chi ha scelto
il Vangelo come modello di vita.