“Non è un mio crimine, ma una mia condanna” è il grido dei 100 mila bambini che ogni giorno entrano nelle 213 carceri italiane per incontrare il proprio papà o la propria mamma detenuti.
La “Carta dei figli dei genitori detenuti” - firmata dal Ministro della Giustizia Andrea Orlando, dall'Autorità Nazionale Garante dell'Infanzia e dell'Adolescenza Vincenzo Spadafora e dalla Presidente di Bambinisenzasbarre Lia Sacerdote - dallo scorso 21 marzo 2014, per la prima volta in Italia e in Europa, riconosce loro in modo formale il diritto alla continuità del legame affettivo con il proprio genitore in regime di detenzione e, al contempo, garantisce il diritto alla genitorialità dei genitori detenuti.
Ancora molti Istituti penitenziari in Italia, in una condizione di sovraffollamento e di grave precarietà, non accolgono adeguatamente questi bambini, non vi è un tempo sufficiente per il colloquio col genitore tale da garantire il mantenimento del legame affettivo. Questa situazione può determinare la cancellazione della genitorialità stessa. Una sparizione che spesso viene attuata anche dai figli all'interno della propria rete sociale, portandoli a nascondere fino a negare la stessa personale storia familiare.
La “Carta dei figli dei genitori detenuti” è un documento che impegna il sistema penitenziario, a trasformare gli aspetti relazionali e di cura del detenuto, considerando il suo ruolo di padre e madre, e a cambiare la propria cultura dell’accoglienza, consapevole della presenza del minore incolpevole e libero, ma schiacciato dal peso dell'emarginazione, dei pregiudizi, delle difficoltà economiche, della vergogna che la detenzione del proprio genitore comporta.
La Carta è, tra l'altro, una risposta alla condanna della Corte europea dei Diritti Umani di Strasburgo nei confronti dell’Italia, in scadenza il prossimo 28 maggio.
«Lo sguardo dei bambini trasforma e umanizza il carcere, costretto a prendere in considerazione la loro presenza e ad attrezzarsi per accoglierli», sottolinea Lia Sacerdote, Presidente di Bambinisenzasbarre. «Il Modello d'Accoglienza Spazio Giallo non è solo un modello per il sistema penitenziario, ma lo anche per il “sistema città” di cui il carcere è parte e occupa un posto cruciale in termini di legami e scambi relazionali, soprattutto per i bambini coinvolti. Il modello, che Bambinisenzasbarre sta estendendo sul territorio nazionale partendo dagli istituti in Lombardia, si è rivelato decisivo per le ricadute in termini di trasformazione dei comportamenti sociali sul territorio, riducendo il disagio delle persone e della società e avviando un processo di inclusione sociale. Non ultimo effetto di questo processo, generato anche dalla Carta firmata lo scorso marzo, è la presa di coscienza da parte delle Istituzioni dell'importanza di questa questione, non più rimandabile, dando esempio agli altri Paesi europei».
Il logo dell'associazione. In copertina, la locandina della campagna di sms solidale.
Lo Spazio Giallo, un modello per tutta Italia
"Non un mio crimine, ma una mia condanna” è la campagna di raccolta fondi dell’associazione, che sostiene – con l'invio al 45507 di un SMS da 2 Euro da cellulare e 2 o 5 Euro da telefono fisso – il consolidamento e l'estensione negli Istituti penitenziari del “Modello d'accoglienza Spazio Giallo”, il luogo di Bambinisenzasbarre predisposto nelle sala d'attesa delle carceri dedicato alle famiglie e ai bambini che si preparano all'incontro con il genitore detenuto insieme alle psicologhe, psicopedagogiste e arte-terapeute e di strutturare il servizio nazionale di Telefono Giallo per rispondere alle famiglie di persone in una situazione di detenzione, agli operatori e, al contempo, per dare risposte concrete alle esigenze e alle difficoltà dei bambini.
Finalità della Campagna è sensibilizzare il grande pubblico sull'importanza del riconoscimento e visibilità di questi bambini e dei loro bisogni senza per questo stigmatizzarli, nel pieno rispetto del diritto di ogni bambino a essere tale.
Nello stesso tempo, si intende far comprendere come la continuità e il rafforzamento del legame affettivo agisca in termini di prevenzione sociale: per il figlio che non rischia di ripetere l’esempio del padre da cui è forzatamente separato e, a causa dell’improvvisa “scomparsa”, ne idealizza il comportamento ma, al contrario, ne comprende le debolezze e gli errori e, quindi, è in grado di scegliere un diverso stile di vita; mentre per il genitore detenuto il figlio con cui riesce a mantenere un legame diventa la motivazione forte per non ripetere il reato e ritornare a essere per lui un modello.
La presidente di Bambinisenzasbarre Lia Sacerdote.
Bambinisenzasbarre, liberiamo i bambini
È una onlus che difende il diritto di essere bambini. È impegnata nella cura delle relazioni familiari durante la detenzione di uno o entrambi i genitori, nella tutela del diritto del bambino alla continuità del legame affettivo e nella sensibilizzazione della rete istituzionale e della società civile. Membro della direzione della rete europea Children of Prisoners Europe (ex Eurochips) con sede a Parigi.
È presente in Italia da oltre 10 anni, con attività di formazione e di ricerca in collaborazione con le Università e il Ministero di Giustizia. È attiva in rete sul territorio nazionale con il modello di accoglienza Spazio Giallo. Opera direttamente a Milano e in Lombardia.
Il sito: www.bambinisenzasbarre.org