L'incubo di Boko Haram continua a incombere sulla Nigeria. Solo pochi giorni fa nel Nordest del Paese il terrore ha colpito una scuola: un kamikaze travestito da studente si è fatto esplodere all'interno di un liceo pubblico maschile a Potiskum provocando 48 vittime. "L'educazione occidentale è peccato": questo è il significato letterale dell'espressione Boko Haram. L'istruzione forma le menti, rende liberi e indipendenti. Per la setta fondamentalista islamica un abominio. Soprattutto quando riguarda le donne.
Lo scorso aprile il Paese è stato sconvolto dal sequestro di circa duecento ragazze, studentesse, prelevate a Chibok dai miliziani della setta. Ragazzine colpevoli, agli occhi degli integralisti, di essere cristiane e di voler andare a scuola, ricevere un'istruzione. Nonostante la grande mobilitazione della comunità internazionale (con la campagna "Bring back our girls"), la situazione non è stata ancora sbloccata. Anzi, si è aggravata: il capo dei miliziani ha infatti dichiarato che le studentesse, dopo essere state convertite all'islam, sono state tutte forzate alle nozze. Secondo l'agenzia Misna, poco tempo fa altre 60 ragazze nigeriane sono state rapite in due villaggi della regione di Adamawa, da alcuni mesi caduta sotto il controllo di Boko Haram.
La complicata situazione nigeriana si ripercuote oltre i confini, sulla regione settentrionale del Camerun, presa di mira dalle frequenti incursioni armate di Boko Haram e meta dell'esodo dei profughi nigeriani che scappano dalle violenze e dai soprusi degli integralisti. L'instabilità e la carenza di sicurezza hanno costretto molto stranieri ad andarsene. Ma proprio qui, nell'estremo Nord del Paese, ha scelto di continuare a operare in prima linea fratel Fabio Mussi, missionario laico del Pime (Pontificio istituto missioni estere) di Milano e rappresentante della Caritas nella diocesi di Yagoua, che comprende un territorio vastissimo, grande quanto la Lombardia.
In questa terra difficile, Mussi promuove in particolare proprio la costruzione di scuole,
lo sviluppo dell'istruzione. «Per il momento la situazione in Camerun è
abbastanza tranquilla, non ci sono stati attacchi diretti alle scuole. Ma anche noi stiamo molto attenti. La scuola per
noi è la prima arma contro Boko Haram: se con l'educazione
riusciamo a formare i ragazzini, sicuramente combatteremo
l'intolleranza. Nella provincia del Logone e Shari almeno il 60% dei nostri alunni
sono musulmani: i loro genitori li mandano da noi perché sanno che nelle
scuole cattoliche possono avere un'istruzione seria. La scuola, quindi,
è realmente il luogo dove si sperimenta la convivenza pacifica e il
dialogo tra etnie e religioni».
Fratel Mussi è arrivato in Camerun nel 2009. «Negli ultimi anni la situazione qui è profondamente cambiata. E' peggiorato il clima sociale, è venuta meno la fiducia reciproca tra i diversi gruppi etnico-religiosi. Le comunità cristiane sono diventate diffidenti nei confronti dei musulmani, a causa del terrore inflitto da Boko Haram. Ognuno teme che la persona al suo fianco possa essere collegata in qualche modo alla setta fondamentalista. E questo non è giusto. Tutto ciò porta a un clima di tensione, tanti se ne vogliono andare. Più del 50% delle attività commerciali, che erano fondate sugli scambi tra Nigeria e Camerun, sono crollate, a causa della chiusura delle frontiere». Attualmente nella provincia del Logone e Shari non ci sono più europei: «Gli unici che ci arrivano sono i missionari. Adesso sono io ad andarci, in quanto rappresentante della Caritas locale».
Nonostante le enormi difficoltà, Mussi continua la sua missione: lo scorso ottobre ha lanciato un progetto con il Pime che prevede interventi di prima emergenza, distribuzione di cibo, acqua, servizi igienici e assitenza sanitaria per circa 12mila sfollati e
profughi - dei quali circa la metà bambini - in fuga dalle violenze di Boko Haram e accolti nella diocesi di Yagoua. Per informazioni sul progetto: www.pimemilano.com.