Yian, 35 anni, fuggita da PyongYang e oggi residente a Seoul, capitale della Corea del Sud racconta a FamigliaCristiana.it le condizioni della popolazione in Nord Corea. È una dei cosiddetti defector, cioè disertori. Yian lavorava nell'esercito ma in cucina. Voleva laurearsi ma ha capito che non lo avrebbe mai potuto fare. Lavorando al confine con la Cina ha saputo della possibilità di fuggire e, rischiando la vita, l'ha fatto. Yian non nasconde una certa soddisfazione a sapere che il dittatore Kim Jong Il è morto, ma si affretta a precisare: «La fame della gente non cambierà». Mentre il mondo commenta le reazioni delle potenze internazionali alla scomparsa il 17 dicembre del cosiddetto “caro leader” che guidava il Paese dal 1994, Yian ribadisce: «Fame e indottrinamento non finiranno certo».
La folla dei cittadini nordcoreani piange pubblicamente la morte di Kim Jong-il sulla piazza della capitale Pyongyang:
Yian ricorda che Kim Jong Il era un dittatore debole, depresso, colpito anche da un ictus nel 2008. Era succeduto nel 1994 al padre Kim Il Sung, il protagonista assoluto della guerra di Corea e dell'armistizio nel 1953. Aveva assunto gli incarichi di capo delle forze militari, capo del partito comunista e del potente consiglio di sicurezza, ma il padre Kim Il Sung restava e resta "presidente eterno". Yian si chiede dunque perché mai dovrebbe cambiare qualcosa solo perché ora succederà a capo della dittatura il figlio di Kim Jong Il, Kim Jong Un: «È un giovane inesperto di 27 anni, di cui in realtà si sa pochissimo, ma anche Kim Jong Il era un mezzo leader, sostenuto da un apparato di funzionari e militari».
Il punto è la solidità o meno del sistema più isolato al mondo.
Per farci capire quanto la Corea del Nord sia lontana dal mondo, un altro defector, Ich Y Iang, ci dice: «A tutti i bambini si insegna che il corpo viene dai genitori mentre il dittatore dona lo spirito, l'unica cosa che resta per sempre». Poi ci guarda e ci chiede se può esserci un Paese che segni un gap più profondo con il resto del mondo. E poi ci chiede se adesso comprendiamo il perché dei pianti collettivi alla morte del dittatore: «I bambini crescono con la convinzione che nella vita si debba fare qualcosa di buono per il leader e dopo la scuola imparano a farlo curando da soli i giardini e le aiuole».
Ich Y Iang ci racconta che a Pyong Yang era uno scrittore, ovviamente di racconti che glorificassero la figura e le gesta del "presidente eterno". Nel 1999 è stato mandato a un convegno in Cina e non è più tornato. È scappato nei villaggi, perché in città senza documenti non avrebbe potuto sfuggire ai controlli, e ha fatto il muratore e il contadino, senza prendere in mano una penna per i 5 anni utili a mettere insieme la somma di 3,5 milioni di won necessari per raggiungere la Corea del Sud, nel 2004.
A PyongYang, Ich Y Iang ha lasciato la moglie e la figlia, con le quali parla una volta al mese. Non sarebbe permesso e, facendosi scuro in volto, afferma che i controlli sono sempre più severi. Qualche volta le due donne non possono mantenere l'appuntamento, che consiste nel recarsi nei pressi del confine con la Cina, dove funziona il cellulare cinese che si sono procurate, perché nel resto della Corea del Nord non ci sono ponti radio per telefonini, così come non c'è Internet. Possono parlare per non più di un minuto perché altrimenti diventa troppo rischioso.
Corea del Nord e Corea del Sud formalmente sono ancora in guerra, ma sotto armistizio. E questo significa che vige a Seoul ancora la legge di sicurezza nazionale che impone tra l'altro a tutti i sudcoreani di non parlare con nessun nordcoreano. Yian e Ich Y Iang ci confermano che la popolazione del Sud di qualunque ceto sociale rispetta rigorosamente la norma e che dunque un certo isolamento per loro persiste. Ma Yian aggiunge: «Però qui almeno possiamo vedere i bambini sorridere».
Fausta Speranza
La tregua tra Corea del Nord e Corea del Sud ha vacillato diverse volte: l'ultima nell'estate 2010, quando Pyongyang ha attaccato l'isola di Yeonpyeong, a ovest della penisola. Un episodio grave che ha fatto rialzare di molto la tensione nell'area, sempre acuta in tema di nucleare per l'impegno in tale ambito di PyongYang. All'annuncio della morte del dittatore in questi giorni si sono rincorse voci a livello internazionale sui rischi di possibili situazioni fuori controllo.
Considerando la particolarità della situazione della Nord Corea, nell'area da tempo si moltiplicano i presidi militari di Cina e Usa. Ma non è così scontato che Pechino, che a differenza di PyongYang non è la stessa di 30 o 20 anni fa, darebbe appoggio incondizionato al Nord qualora volesse fare colpi di mano o facesse minacce pericolose. Secondo Zhu Feng, docente di relazioni internazionali nella città cinese di Peking, perfino dal punto di vista formale Pechino non è vincolata: «Il famoso Trattato di mutua assistenza con obbligo di intervento, stipulato nel 1961 e rinnovato nel 1981 e nel 2001, potrebbe non essere più valido dopo 20 anni dalla fine della guerra fredda e non è stato rinnovato nel 2011».
Zhu Feng dichiara che Pechino non è affatto interessata a scontri nell'area, piuttosto «è interessata a rapporti commerciali con la Corea del Sud”». Tutto questo diventa più evidente se si pensa all'altro alleato storico di PyongYang: la Russia. Mosca ha avviato proprio a novembre i colloqui per la costruzione di un gasdotto che dalla Siberia porti gas in Corea del Sud attraverso ovviamente la Corea del Nord. Dunque una sorta di mediazione economica di Mosca tra Nord e Sud. Potrebbero essere questi, dunque, i punti fermi e le direttrici ideali con cui si ritrova a che fare il nuovo dittatore, peraltro della stessa dinastia. Se l'apparato che gli sta intorno è davvero saldo e se la fame non arriva prima a far scoppiare dall'interno un sistema tanto disperato quanto isolato.
Fausta Speranza
In Asia, pare a che a presiedere il destino geopolitico delle nazioni vi
sia una strana entità dotata di bilancia e relativi pesi. Se da qualche
parte si apre uno spiraglio alla democrazia, dall'altra i regimi si
dilettano coi giri di vite alle libertà individuali. Cosí, se in
Birmania, il premio Nobel Aung San Suu Kyi comincia timidamente, dopo anni
di segregazione forzata nella sua casa di Yangoon, ad avere voce in
capitolo nelle decisioni politiche del suo Paese, ad altre latitudini
asiatiche, in Corea del Nord, muore d'infarto il "caro leader" e chi sale al
trono pare essere ancora più sanguinario. Il giovane Kim Jong Un è agli
antipodi di ciò che si suole definire un tipo rassicurante. E a
contribuire al suo carattere arrogante, ci si è messa di buzzo buono anche
l'Europa.
Sí, perché questi regimi definiti come i "cattivissimi del
mondo" non sono mai cosí isolati come si vuol credere. Tutta la prole di
Kim Jong Il parla perfettamente il francese e ha studiato in scuole
internazionali in Svizzera, in quel di Ginevra. E tutti quanti sono
solidamente affezionati all'art de vivre francese, frequentando
assiduamente i palazzi parigini, grandi hotel, ristoranti gastronomici
prelibati e cliniche di lusso. In particolare il primogenito del defunto
dittatore ha la fama di viveur. Più o meno una volta l'anno, armate di
telecamere nascoste, le troupe delle televisioni giapponesi dislocate a
Parigi si piazzano davanti a un albergo di lusso nella zona di Place
Vendome o nelle pretigiose vie parallele agli Champs Elysées, tipo avenue
Montaigne e George V, per silurare di flash e carpire immagini rubate al
florido faccione di Kim Jong Nam intento a entrare e a uscire da lussuose
porte girevoli dotate di uscieri ingallonati.
Kim Jong Nam è il primogenito e sarebbe stato lui a dover salire sul
"trono" nordcoreano, sebbene non si tratti di una monarchia e la
successione dinastica non sia mai stata ufficialmente sancita da nessuno
se non dalla famiglia stessa al potere. Ma Kim Jong Nam, per la grande
gioia delle autorità nipponiche, venne pizzicato un giorno all'aeroporto
di Tokyo Narita, in possesso di un passaporto falso. Perché lo scaltro Kim
si recava in segreto in Giappone? Spionaggio, incontri strategici? No.
Voleva andare a Disneyland Tokyo. E cosí, in nome di Mickey Mouse, si è
giocato la leadership. Quando si dice il nemico americano...
Tornando a questioni più serie rispetto alle gite fuori porta di Kim, c'é
da considerare con allarme che non solo la Francia apre le porte esclusive
dei suoi palazzi al figlio del dittatore, ma corre in soccorso anche
quando il "caro leader" é in pericolo. Oggi i giornali d'oltralpe sono
severi nei giudizi verso Kim Jong Il, responsabile di aver affamato il suo
popolo, provocando più di mezzo milione di morti e di aver perseguito una
folle politica militarista ignorando le condizioni spaventose in cui
agonizza il Paese. Ciò che si dimenticano di dire è che nel 2008, fu un
noto neurologo parigino a correre al capezzale di Kim Jong Il quando il
leader venne colpito da un ictus. Il medico in questione è un luminare
piuttosto conosciuto e vicino al Governo francese. È un intimo amico dell'ex
ministro degli Esteri Bernard Kouchner, i due si sono conosciuti in seno
alla famosa organizzazione umanitaria Medecins du Monde.
Interrogato
sulla sua partenza per Pyongyang, il dottore ha negato energicamente finché
gli operatori di Fuji Tv, network televisivo giapponese, gli hanno
mostrato le immagini girate di nascosto nell'aeroporto di Pechino,
immagini che mostravano il neurologo intento a imbarcarsi per la Corea
del Nord. Ancora una volta, business is business e ancora una volta gli
interessi economici e i giochi politici hanno vinto su una logica umanitaria che vorrebbe che il Paese dei diritti dell'uomo non sia il primo ad accorrere in aiuto a chi questi diritti li calpesta
quotidianamente in maniera ignobile. Ma tant'é.
Il Giappone, da parte sua
é particolarmente attento a quanto avviene in Corea del Nord. Sono ancora brucianti e non guarite le ferite inflitte negli anni Settanta e Ottanta, quando numerosi cittadini di nazionalità giapponese vennero rapiti dai
nordcoreani per essere internati in campi di concentramento. Se qualcuno è
tornato a casa dopo aver subito un lavaggio del cervello, di molti non si
sa nulla da anni. E i media giapponesi non demordono nelle ricerche. Ne sa
qualcosa il direttore di una scuola di lingue sulla Gran Via di Madrid,
dove ogni anno, decine di giornalisti nipponici si presentano con una foto
sbiadita vecchia di trent'anni, con su i visi di due ragazzine. Sarebbero
due studentesse rapite negli anni Settanta e mai ritrovate.
Questa
strategia del terrore, é stata ammessa parzialmente negli anni dalle
autorità nordcoreane. Le vittime dei rapimenti avevano le origini più
disparate: casalinghe, studenti, musicisti famosi, sportivi: si pescava
nel mazzo creando destabilizzazione. Ora chissà cosa ha in mente di fare
il nuovo " figlio di papà" Kim Jong Un... Le premesse sono già
inquietanti, si spera almeno che questa volta, in certe politiche
scellerate non vi siano complicità occidentali.
Eva Morletto
Kim Jong-il, il leader di una delle più bizzarre e crudeli dittature comuniste
del mondo, è morto per un attacco al cuore all’età di 69 anni. La
televisione della Corea del Nord, che ha dato piangente l’annuncio della sua morte,
ha già affermato che tutto il popolo coreano seguirà il nuovo leader Kim
Jong-un, terzogenito del defunto, famoso
per il suo carattere senza scrupoli e per la voglia di mostrare il potere
militare e nucleare del suo Paese.
Il drammatico annuncio della morte di Kim Jong-il alla Tv di Stato della Corea del Nord, con la giornalista in lacrime:
Corea del Sud e Giappone hanno convocato i rispettivi Consigli di sicurezza per affrontare la situazione.
L’esercito di Seoul è in allerta di emergenza. Secondo l’agenzia statale
coreana, la Kcna, Kim Jong-il è morto due giorni fa, durante un suo viaggio in
treno, verso le 8.30 del mattino per “un infarto del miocardio, complicato da
gravi colpi al cuore”. Anche suo padre, Kim Il-sung era morto di infarto nel
1994.
La salute del “caro leader” era peggiorata dopo che nel 2008 aveva
subito un ictus. La sua salma sarà posta nel Memoriale Kumsusan, dove
giace anche il corpo imbalsamato di suo padre. Secondo le informazioni ufficiali
i funerali si terranno il 28 dicembre e non si accetterà la presenza di
delegazioni straniere. Fino ad allora è stato dichiarato un periodo di lutto
nazionale. Kim Jong-un, già oggi definito ufficialmente “il grande
successore”, è stato nominato primo nella lista della Commissione statale
responsabile del funerale.La morte di Kim Jong-il avviene in un momento
di tensione fra le due Coree. In passato, nel 2000 e nel 2007 vi sono stati
incontri con i presidenti del Sud, nel tentativo di bloccare lo sviluppo
nucleare e gli esperimenti missilistici del Nord, in cambio di aiuti per il
Paese impoverito da alluvioni, siccità e una disastrosa economia
agricola.
Nel 2008, l’attuale presidente del Sud, Lee Myung-bak, ha
bloccato gli aiuti esigendo uno stop reale ai programmi nucleari del
Nord. Nel marzo 2010, pochi mesi dopo la promozione di Kim Jong-un al
comando militare, la corvetta militare della Corea del Sud, la Cheonan, è stata
affondata provocando la morte di 46 marinai. Nel novembre 2010 il Nord ha
bombardato un’isola sul confine fra le due Coree, ferendo decine di civili e
causando la morte di un militare. Considerata
un tempo il fiore all’occhiello della costellazione sovietica, la Corea del Nord
è divenuta un Paese che affonda nella povertà. Dopo la caduta del Muro di
Berlino, la Russia non ha più aiutato la sua economia; anche la Cina ha cercato
di staccarsi da amici troppo volubili, pur mantenendo i rapporti. Mentre
il Paese mostra i suoi muscoli con enormi parate militari ed esperimenti
nucleari, la popolazione soffre per mancanza di cibo e del necessario per
vivere. Si calcola che quasi due milioni di nordcoreani siano morti per fame.
Ancora oggi la situazione è di vera emergenza.
Sul lato dei diritti umani, la Corea del Nord si è sempre
distinta per una repressione a tutto campo di ogni dissenso o critica ai leader.
Nessuna religione è permessa se non l’adorazione del “padre della nazione”, Kim
Il-sung, e del suo figlio Kim Jong-il. Nonostante ciò, nei mesi scorsi,
per la prima volta, vi sono state manifestazioni di critica, spinte proprio dalla miseria e
dalla paura che salisse al trono Kim Jong-un, da tutti conosciuto come un
sanguinario senza scrupoli.
(fonte: agenzia Asianews)
La morte di Kim Jong-il “apre la porta a scenari inquietanti. Non era soltanto
il ‘Caro leader’ del Paese, il secondo al potere dopo la morte del fondatore Kim
Il-sung: era molto di più. Per gli esterni è difficile capire, ma i nordcoreani
hanno davanti a loro un bivio, forse l’unico nella storia del Paese. In ogni
caso, la Corea del Sud è pronta per qualunque eventualità”.
A parlare è una
fonte del ministero degli Interni di Seoul, che commenta per AsiaNews
la morte del dittatore di Pyongyang. Secondo la fonte “non si può
guardare le immagini che vengono dalla Corea del Nord (quelle di gente in
lacrime per le strade e negli uffici di Pyongyang, ndr.) e classificarle con
leggerezza come propaganda. Il dolore di quella gente è in un certo senso reale:
Kim Il-sung ha creato il regime, ma il figlio lo ha rafforzato e gli ha dato
l’arma atomica. Si tratta di un dato essenziale per capire la fierezza dei
nordcoreani, che non hanno visto nel defunto un pazzo guerrafondaio, ma l’unico
in grado di farli rispettare nel mondo”.
Ora gli scenari “sono
molteplici. Certo, per adesso sembra essere confermato al potere Kim Jong-un,
terzogenito ed erede designato. Ma vicino a lui ci sono lo zio Jang Song-taek,
da tempo numero 2 del regime e detentore del potere nel Partito, e sua moglie
Kim Kyong-hui, sorella più giovane del defunto: questi sono stati nominati due
anni fa ‘tutori’ di Jong-un, ma potrebbero cercare di eliminarlo dalla linea del
potere. Quello che è certo è che ora si apre la possibilità di rovesciare il
regime”.
Questa possibilità “deve venire dal popolo. Gli interventi
esterni non farebbero altro che esacerbare la rabbia che quella gente prova nei
confronti del mondo: noi dobbiamo e possiamo sostenere un movimento interno, ma
non si può pensare a un’opzione di tipo militare. Ora l’economia interna avrà un
contraccolpo durissimo, già si vede l’aumento dei prezzi delle derrate
alimentari: se non saranno loro a fare qualcosa, sarà duro intervenire”.
Attesa anche la posizione di Pechino, che per ora ha espresso le proprie
condoglianze al popolo nordcoreano. Ma Zhaoxu, portavoce del ministero cinese
degli Esteri, ha dichiarato la mattina di lunedì 19 dicembvre: “Esprimiamo il nostro dolore e le
nostre condoglianze per la popolazione nordcoreana”. Gli Stati Uniti – che
insieme a Seoul e Tokyo rappresentano l’altra potenza armata nella regione –
hanno invece dichiarato di “monitorare da vicino” la situazione, intenzionati a
“mantenere la stabilità” nella penisola coreana.
Joseph Yun Li-sun, Asianews