Setsuko Thurlow, sopravvissuta a Hiroshima
«Nonostante
fosse mattina, sembrava l’imbrunire per la polvere e il fumo
nell’aria. Le persone videro in lontananza la nuvola a forma di
fungo e sentirono un frastuono assordante. Un fiume di persone
sbalordite si trascinava velocemente dal centro della città alle
colline vicine. Erano con i vestiti laceri o nudi, bruciati, anneriti
e gonfi. Gli occhi gonfi e chiusi e alcuni bulbi oculari uscivano
fuori dalle orbite. Erano sanguinanti, figure spettrali come immagini
al rallentatore di un vecchio film muto. Molti tenevano le loro mani
sopra il cuore per ridurre il dolore delle bruciature; pezzi di pelle
e carne erano appesi come strisce alle ossa. Spesso queste figure
spettrali crollavano per non rialzarsi più. Con alcuni dei compagni
di classe sopravvissuti, io mi unii alla processione camminando con
attenzione tra i morti e i moribondi».
Così Setsuko Thurlow, che
quando l’Enola Gay sganciò il fungo nucleare su Hiroshima aveva 13
anni, ha raccontato il suo 6 agosto del 1945 ai delegati della
Campagna Internazionale per
l’Abolizione delle Armi Nucleari (Ican),
una rete di 359 associazioni non governative in 92 Paesi del mondo.
Il 13 e 14 febbraio, si sono ritrovati a Nayarit, in Messico, per la seconda Conferenza internazionale sull’Impatto umanitario
delle armi nucleari, dopo l’edizione di Oslo. Vi hanno partecipato
oltre 140 Governi da tutto il mondo ed è stato lanciata un’azione
diplomatica per mettere al bando le armi nucleari, cioè le armi più
distruttive che l’umanità abbia mai inventato.
Ha
detto Liv Tørres, segretario della norvegese People’s Aid: «È
una chiara evidenza: l’impatto sarebbe raccapricciante e nessuno
Stato, né coalizione di Stati, potrebbe riprendersi dopo una guerra
nucleare. Il rischio di una detonazione è reale, questo è il motivo
per cui chiediamo la messa al bando». La sola detenzione di questi
ordigni espone a rischi: potrebbero cadere nelle mani di terroristi,
oppure potrebbe verificarsi un incidente. Nel mondo, in solo 9 Stati
(Usa, Russia, Regno Unito, Francia, Cina, India, Pakistan, Israele e
Nord Corea) sono 17.000. In Europa, Francia e Regno Unito possiedono
armi nucleari, mentre Italia, Germania, Belgio, Paesi Bassi e Turchia
ospitano basi con armi nucleari della Nato o di altri Stati. Per
altro, nessun trattato internazionale, nemmeno l’Alleanza
Atlantica, obbliga gli Stati europei a bloccare i progressi
internazionali verso una messa al bando delle armi nucleari.
In rosso i Paesi detentori di armi nucleari, in giallo i Paesi che ospitano armi nucleari della Nato o di altri Stati
Beatrice
Fihn, a Nayarit come rappresentante Ican, ha spiegato: «La
conferenza segna un punto di non ritorno; da qui in poi, il compito
passa ai Governi. Il passo
successivo dovrebbe essere l’inizio dei negoziati per un trattato
che metta al bando le armi nucleari, anche se gli Stati possessori di
armi nucleari non sono d’accordo. Si
tratta delle uniche armi di distruzione di massa non ancora messe al
bando e
la domanda che ci poniamo è: hanno il diritto di essere legali o
no?».
La
Conferenza di Nayarit è solo il più recente passo di un percorso
che ha riacceso il dibattito. Una svolta c’è stata nel 2010,
quando gli Stati parte del Trattato di Non Proliferazione hanno
riconosciuto «le conseguenze umanitarie catastrofiche di qualsiasi
uso delle armi nucleari». La Croce Rossa, le agenzie umanitarie
delle Nazioni Unite, la società civile e la maggioranza degli Stati
del mondo si sono impegnati a portare avanti questa
iniziativa.
Nell’ottobre scorso, 125 Stati membri hanno
sottoscritto la dichiarazione proposta alle Nazioni Unite dalla Nuova
Zelanda, in cui si afferma che «le conseguenze catastrofiche delle
armi nucleari devono rappresentare l’elemento fondamentale su cui
si fondano tutti gli sforzi per raggiungere il disarmo nucleare». E
l’Italia? Purtroppo ne spicca l’assenza. Spiega Lisa Clark dei
“Beati i costruttori di Pace”: «A
oggi è rimasta ai margini in questo percorso, mentre noi crediamo
che potrebbe avere un ruolo di grande importanza: se l’Italia
si facesse portavoce del movimento degli Stati che lavorano per il
disarmo nucleare ne guadagnerebbe in prestigio,
esattamente come avvenne quando svolse un ruolo fondamentale nelle
campagne per l’abolizione della pena di morte, contro la tortura,
per la messa al bando delle mine antiuomo».