I governi forti governano, quelli deboli pensano al consenso. Poiché il governo Berlusconi, per tante ragioni, non è al massimo dello splendore, era facile immaginare che le famose otto nuove centrali da mettere in funzione entro il 2020 sarebbero rimaste un sogno. Nella migliore delle ipotesi, un bel sogno.
D'altra parte, troppa era la pressione, interna ed esterna. La ri-nuclearizzazione del Paese non ha mai incontrato un vero favore. Dopo il disastro di Fukushima (anche se causato da un cataclisma naturale come lo tsunami), poi, quel poco di consenso si era sciolto come neve al sole. La più recente rilevazione Ipsos parlava chiaro: 78% contrari, 17% favorevoli, 5% incerti. Con l'esempio di Angela Merkel a mandare ulteriori avvertimenti: la cancelliera tedesca, alle ultrime elezioni regionali di fine marzo, aveva coraggiosamente tenuto la linea pro-nucleare ma aveva anche ricevuto una sonora bocciatura dagl elettori, che avevano invece premiato i Verdi.
Così, anche in Italia, "contrordine compagni". Il nucleare non si fa più. Adesso è ufficiale ma non è mai parso che la politica dell'energia atomica fosse al primo posto nei pensieri del Governo e dei partiti che lo sostengono. Le regioni governate da esponenti del PdL o della Lega (e, ovvio, quelle dell'opposizione) si erano prontamente sfilate di fronte all'ipotesi di ospitare una delle nuove centrali. L'Agenzia per la sicurezza sul nucleare ha avuto un presidente (l'oncologo Umberto Veronesi) con un anno di ritardo ma non ha mai avuto una sede. E l'Agenzia avrebbe dovuto essere la responsabile unica della scelta dei siti delle centrali, scelta mai avvenuta per non perdere consenso elettorale, visto che le centrali nessuno le voleva. E così via, all'italiana.
Resta ora da capire quale sarà la politica energetica del Governo. Petrolio e gas, d'accordo. Il nucleare no. Le energie rinnovabili, forse? Ma il Governo discute proprio in questi giorni, dopo tre anni di silenzio, un decreto che dovrebbe limitare il sistema di incentivi al settore a 6-7 miliardi l'anno e fissare alla potenza installata entro il 2016 un tetto di 23 mila megawatt. Sistema che ha generato molti abusi da eliminare o correggere, ma decreto che è già stato criticato dalla Ue nella persona del Commissario all'Energia Gunther Oettinger.
Fulvio Scaglione
Guardate la Francia! Chi approvava l'intento italiano di recuperare il
nucleare usava spesso questo argomento. Il dibattito che da tempo infuria
Oltralpe, però, fa scricchiolare anche questa certezza. Mai come in
questo momento, infatti, i 58 reattori che
costellano il territorio francese fanno discutere.
Il partito ambientalista di
Eva Joly, sostenuto da associazioni quali Greenpeace,
puntano il dito contro la
decana fra le centrali, Fessenheim, nel dipartimento dell'Alto
Reno. Oltre alla
vetustà dell'impianto, in discussione è la sismicità del territorio.
E'interessante considerare come l'Alto Reno, la cui probabilità di
subire
terremoti basta a far rizzare i capelli all'opinione pubblica francese, é
sismica più o
meno quanto il nostro Piemonte, una fra le regioni italiane più sicure e
"telluricamente pacificate", secondo i sismologi. A parte una limitata
zolla fra Piemonte e Lombardia, tutta l'Italia risulterebbe quindi molto
più a
rischio di Fessenheim, la cui chiusura definitiva é invocata da molti.
Il governo Sarkozy ha cercato di
rasserenare gli animi con la proposta di una revisione globale degli
impianti,
soprattutto dei più vecchi. Proprio nei giorni della proposta, però, Areva, società leader nel nucleare, è stata
coinvolta
in uno scandalo. E' stata proprio Greenpeace a denunciare che, a
disastro di
Fukushima già avvenuto, Areva aveva comunque confermato e dato il via a
una
spedizione marittima di Mox (il composto di uranio impoverito e plutonio che fa da combustibile alle centrali di terza generazione) verso il Giappone. La spedizione, annullata dopo
le rivelazioni di Greenpeace alla stampa, era stata organizzata in gran
segreto. Quando il Mox lavorato in
Europa
prende il largo verso il Giappone o altri centrali nel mondo, viene
sigillato
dentro imballaggi speciali, i quali vengono caricati su navi fatte
apposta per
questo tipo di trasporto, a loro volta scortate per
tutto il
viaggio da reparti speciali delle Forze armate britanniche addestrati a
far
fronte ad attacchi terroristici su obiettivi nucleari. Oltre a questo,
le navi sono monitorate per l'intero tragitto da un apposito
satellite. I costi di queste operazioni sono secretati, ma c'é da
giurare
che le cifre annoverino molti zeri.
Altro punto
chiave nel dibattito che anima la Francia francesi é lo scandalo
Niger.
Guerriglieri del Sahel hanno attualmente ancora in ostaggio quattro dei
sette
francesi rapiti nel settembre scorso. Uno degli ostaggi é un manager
Areva. Da
anni, la società firma accordi con il locale ministero dell'Energia per
lo
sfruttamento delle miniere di uranio. Va ricordato che l'estrazione
dell'uranio é
estremamente inquinante. La speranza di vita, in Niger, é molto
bassa, meno di
cinquant'anni. Molte falde acquifere sono state infiltrate da materiali
radioattivi, sui mercati dei villaggi vengono vendute ferraglie
contaminate. Per
i lavoratori delle miniere, spesso minorenni, le protezioni contro i gas
velenosi sono pressoché inesistenti. Pochi o nulli i controlli sanitari.
Le ONG
sul posto denunciano questa situazione da anni. Il sito web francofono Jeune Afrique
riferisce puntualmente degli abusi sulla regione.
In Canada,
altro importante punto di approvvigionamento di uranio necessario alle
centrali,
la situazione é di poco migliore. Le miniere si trovano sulle terre
degli indiani nel Saskatchewan. Le comunità dei nativi sono state
escluse dai benefici
dell'estrazione, ma in compenso ne pagano i pesanti inconvenienti:
innalzamento
del tasso dei tumori e contaminazione delle acque. «Non essendoci
giacimenti
importanti in Europa», spiega Rousselet «dobbiamo procurarci l'uranio lí
dov'é.
L'indipendenza energetica grazie al nucleare é dunque una leggenda senza
fondamento».
Eva Morletto
A 25 anni dalla tragedia nucleare di Cernobyl, si apre oggi a Kiev una conferenza di tre giorni organizzata dal Governo ucraino a cui dovrebbero intervenire anche il segretario generale dell'Onu, Ban Ki Moon, e il direttore generale dell'Agenzia Atomica Internazionale, Yukiya Amano. Bisogna completare il cosiddetto "nuovo confinamento sicuro", una struttura gigantesca a forma di arco che andrà a coprire l'unità 4 danneggiata dell'impianto di Cernobyl, in modo da isolarla e permetterne il futuro smantellamento. Una volta costruito, l'arco sarà lungo quasi come due campi da calcio e alto abbastanza da contenere la Statua della libertà.
La Commissione europea fino ad oggi ha destinato a Cernobyl circa 470 milioni di euro, soprattutto per progetti riguardanti la sicurezza nucleare, ma anche per aiutare la popolazione locale e garantire alle famiglie colpite dal disastro l'accesso a un'assistenza sanitaria di qualità. Per riuscire a completare entro il 2015 i progetti principali riguardanti il sito sono però necessari altri 740 milioni di euro da parte della comunità internazionale. 110 milioni li metterà l'Europa, ma la conferenza che si apre oggi serve a trovare i finanziamenti restanti. Compito non facile con la crisi economica internazionale e con Fukushima che potrebbe rappresentare un impegno di spesa straordinario non solo per il Giappone, già in dura recessione. Il nuovo sarcofago, una volta realizzato, sarà utilizzato anche per lo stoccaggio del combustibile esaurito delle unità rimaste in funzione dopo l'incidente, un'opera indispensabile per la disattivazione definitiva della centrale.
La Commissione europea ha cercato anche di aiutare chi sta ancora pagando le conseguenze dell'incidente a riprendere una vita normale. I progetti "bambini di Cernobyl" sono rivolti alle mamme e ai bambini contaminati, per rendere accessibili loro servizi sanitari di qualità e organizzare corsi di nutrizione. È partito anche un programma di formazione grazie al quale 70 famiglie hanno potuto avviare la coltivazione di frutta e bacche e hanno venduto già i primi raccolti di fragole e mele.
Ma non è possibile coltivare in gran parte dei terreni dell'area di Chernobyl. Una nuova ricerca di Greenpeace in Ucraina ha rilevato, infatti, alti livelli di contaminazione radioattiva in molti alimenti di base, come latte e funghi. Il mese scorso, gli esperti di radiazioni di Greenpeace hanno acquistato nei mercati locali o dai contadini e analizzato 114 campioni di prodotti alimentari. In un villaggio della regione di Rivnenska, Greenpeace ha trovato concentrazioni di Cesio-137 che nel 93% dei campioni di latte analizzati eccedono di un fattore compreso tra 1.2 e 16.3 volte i livelli previsti per i bambini in Ucraina.
“Le nostre analisi", spiega Iryna Labunska, esperta di Greenpeace, "hanno riscontrato alti livelli di radioattività, dovuti alla catastrofe di Cernobyl, in molti campioni di alimenti. In numerosi casi i livelli di cesio radioattivo eccedono i limiti previsti dalla legislazione ucraina”. In Ucraina, 18.000 chilometri quadrati di terreni agricoli sono stati contaminati in seguito all’esplosione di Cernobyl e si stima che il 40% dei boschi di betulle e abeti, pari a una superficie di 35.000 km2, siano contaminati. I boschi sono intersecati da strisce tagliafuoco. Ci sono i sensori antincendio: in caso in cui non fosse controllabile il fuoco, questi tagli che dividono i boschi in settori servono a limitarne l'espansione. Non deve bruciare la foresta, perché il fumo porterebbe gli elementi radioattivi nuovamente in atmosfera.
Se si va a Cernobyl oggi si scopre che esiste un'area inaccessibile di 25 chilometri quadri. Prima della catastrofe vi abitavano 116.000 persone, 96.000 furono trasferite altrove. I 3.000 che tornarono alle loro case, dovettero ripartire (ne rimangono oggi solo 250 con permessi speciali), perché lì è vietato abitare per la legge ucraina, visti gli elevati livelli di contaminazione. Oggi attorno alla centrale lavorano 3.300 persone: i medici per i controlli, i poliziotti, gli addetti alla manutenzione, gli impiegati e gli operai che compiono gli sbancamenti di terreni contaminati. Se si incontrano altri esseri umani, sono turisti. In tutti gli alberghi di Kiev si trova infatti un opuscolo in cui, accanto a decine di proposte, accompagnate da generose foto di belle ragazze, c'è l'invito a visitare il most exotic place on earth, prenotabile sul sito www.pripyat.com. Proprio come a Cracovia ti propongono la gita in giornata a Auschwitz”, racconta Francesco Cataluccio in Cernobyl (Sellerio editore). “E nel 2004, un produttore ucraino-americano ci ha girato (pagando chissà quanti soldi ai funzionari locali) la quarta puntata del film Il ritorno dei morti viventi. Senza parole.
Gabriele Salari