Duecento anni, e li dimostra tutti. Il Barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini è una delle opere più cariche di onori, applausi, rappresentazioni, aneddoti, successi e grandi interpreti della storia della musica. Alla sua lunga vicenda potrebbe essere dedicata un’intera enciclopedia. Ma con una certezza: che non si porrà mai la parola “fine” alla sua fortuna. E pensare che alla prima rappresentazione assoluta del 20 febbraio 1816 al Teatro Argentina fu un fiasco! Ma la vicenda era troppo divertente, arguta, e la musica troppo trascinante perché finisse lì. I fiaschi poi, si sa, spesso si ritorcono contro chi li ha decretati. Solo rimanendo nell’ambito operistico come non ricordare quei critici che, dopa la prima della Bohème di Puccini, dissero che quell’opera mai avrebbe avuto un futuro? O che dire del tonfo di Traviata? Il Teatro Comunque di Bologna - la città dove Rossini si è formato - ha voluto celebrare il bicentenario del Barbiere con un nuovo allestimento che andrà in scena dal 5 al 15 maggio e che il 10 lo si ascolterà in diretta su RaiTre. A firmare la regia è stato chiamato un “giovane” artista che come pochi altri sa coinvolgere il pubblico: Francesco Micheli, direttore artistico della Fondazione Donizetti e del Macerata Opera Festival.
«Il primo sentimento», dice a proposito dell’impatto con il capolavoro, «è lo stupore, l’ammirazione per un titolo che dal suo esordio ormai
bisecolare non ha mai smesso di trionfare in palcoscenico. All’origine
senza dubbio è la forza trascinante di un’invenzione musicale
irresistibile: Il barbiere di Siviglia è l’opera di Rossini che in
maniera inderogabile, fin da subito, ci ha detto del genio del
compositore e della vitalità della sua invenzione». Ma cosa ne farà
della notissima vicenda che il librettista Cesare Sterbini ha tratto da
una commedia di Beaumarchais? «Approfondendo la lettura, mi sono
concentrato sulla figura di Rosina che vive la "tragedia" di una
qualsiasi ragazza segregata in casa, dramma tipico dell’adolescenza di
tutti i tempi, da Antigone a Giulietta a Janis Joplin. Rossini dà voce
al bisogno di ribellione di un intero sesso e di un’intera
generazione». Ma non è tutto: nella sua messa in scena che sottolinea
lo scontro generazionale dei personaggi «ci saranno riferimenti al mondo
musicale del pop, al rock progressivo, al metal». Anche se nel primo
atto i personaggi ricorderanno la commedia dell’arte. Del resto il
Barbiere si presta al gioco scenico: e, come tutti i veri capolavori sa
parlare alla gente di oggi, svelando sempre qualche cosa di nuovo sulla
natura umana. E se Micheli sottolinea che «al di là del tono allegro e
giocoso, la sostanza della commedia è dannatamente seria», un grande
interprete musicale come Claudio Abbado ne intravide una sorta di
celebrazione della pazzia umana.
Diretti da Carlo Tenan, i protagonisti
saranno Paolo Bordogna (Don Bartolo), René Barbera (il Conte
d’Almaviva), Julian Kim (Figaro) e Aya Wakizono (una Rosina che proviene
dall’Accademia della Scala). Con scene e luci di Nicolas Bovey, costumi
di Gianluca Falaschi e video di Panagiotis Tomaras. Video, metal,
emancipazione femminile: Rossini non poteva immaginare 200 anni fa che
il suo Barbiere sarebbe arrivato al 21° secolo senza perdere nulla del
suo straordinario valore, passando anche per il cinematografo (note sono
le versioni del 1945 con Ferruccio Tagliavini e Tito Gobbi e quella del
1971 diretta da Abbado con la regia di Jean Pierre Ponnelle che la
Scala utilizza ancora 45 anni dopo!). Né che sarebbe stato banco di
prova dei più grandi cantanti, direttori d’orchestra e registi.
L’allestimento di Bologna sarà quindi solo un capitolo nuovo di una
storia non destinata a finire.