Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
sabato 12 ottobre 2024
 
Opera lirica
 

Il Barbiere di Siviglia "taglia" il traguardo dei 200 anni a Bologna

02/05/2016  Al Teatro Comunque del capoluogo emiliano dal 5 al 15 maggio va in scena l'opera di Rossini per la regia di Francesco Micheli. Lo spettacolo sarà trasmesso anche da Rai3

Duecento anni, e li dimostra tutti. Il Barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini è una delle opere più cariche di onori, applausi, rappresentazioni, aneddoti, successi e grandi interpreti della storia della musica. Alla sua lunga vicenda potrebbe essere dedicata un’intera enciclopedia. Ma con una certezza: che non si porrà mai la parola “fine” alla sua fortuna. E pensare che alla prima rappresentazione assoluta del 20 febbraio 1816 al Teatro Argentina fu un fiasco! Ma la vicenda era troppo divertente, arguta, e la musica troppo trascinante perché finisse lì. I fiaschi poi, si sa, spesso si ritorcono contro chi li ha decretati. Solo rimanendo nell’ambito operistico come non ricordare quei critici che, dopa la prima della Bohème di Puccini, dissero che quell’opera mai avrebbe avuto un futuro? O che dire del tonfo di Traviata? Il Teatro Comunque di Bologna - la città dove Rossini si è formato - ha voluto celebrare il bicentenario del Barbiere con un nuovo allestimento che andrà in scena dal 5 al 15 maggio e che il 10 lo si ascolterà in diretta su RaiTre. A firmare la regia è stato chiamato un “giovane” artista che come pochi altri sa coinvolgere il pubblico: Francesco Micheli, direttore artistico della Fondazione Donizetti e del Macerata Opera Festival.

«Il primo sentimento», dice a proposito dell’impatto con il capolavoro, «è lo stupore, l’ammirazione per un titolo che dal suo esordio ormai bisecolare non ha mai smesso di trionfare in palcoscenico. All’origine senza dubbio è la forza trascinante di un’invenzione musicale irresistibile: Il barbiere di Siviglia è l’opera di Rossini che in maniera inderogabile, fin da subito, ci ha detto del genio del compositore e della vitalità della sua invenzione». Ma cosa ne farà della notissima vicenda che il librettista Cesare Sterbini ha tratto da una commedia di Beaumarchais? «Approfondendo la lettura, mi sono concentrato sulla figura di Rosina  che vive la "tragedia" di una qualsiasi ragazza segregata in casa, dramma tipico dell’adolescenza di tutti i tempi,  da Antigone a Giulietta a Janis Joplin.  Rossini dà voce al bisogno di ribellione di un intero sesso e di un’intera generazione».  Ma non è tutto: nella sua messa in scena che sottolinea lo scontro generazionale dei personaggi «ci saranno riferimenti al mondo musicale del pop, al rock progressivo, al metal». Anche se nel primo atto i personaggi ricorderanno la commedia dell’arte. Del resto il Barbiere si presta al gioco scenico: e, come tutti i veri capolavori sa parlare alla gente di oggi, svelando sempre qualche cosa di nuovo sulla natura umana. E se Micheli sottolinea che  «al di là del tono allegro e giocoso, la sostanza della commedia è dannatamente seria», un grande interprete musicale come Claudio Abbado ne intravide una sorta di celebrazione della pazzia umana.


Diretti da Carlo Tenan, i protagonisti saranno Paolo Bordogna (Don Bartolo), René Barbera (il Conte d’Almaviva), Julian Kim (Figaro) e Aya Wakizono (una Rosina che proviene dall’Accademia della Scala). Con scene e luci di Nicolas Bovey, costumi di Gianluca Falaschi e video di Panagiotis Tomaras. Video, metal, emancipazione femminile: Rossini non poteva immaginare 200 anni fa che il suo Barbiere sarebbe arrivato al 21° secolo senza perdere nulla del suo straordinario valore, passando anche per il cinematografo (note sono le versioni del 1945 con Ferruccio Tagliavini e Tito Gobbi e quella del 1971 diretta da Abbado con la regia di Jean Pierre Ponnelle che la Scala utilizza ancora 45 anni dopo!). Né che sarebbe stato banco di prova dei più grandi cantanti, direttori d’orchestra e registi. L’allestimento di Bologna sarà quindi solo un capitolo nuovo di una storia non destinata a finire.

 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo