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sabato 14 dicembre 2024
 
 

Nuzzi e il nome del Corvo

16/07/2012  L'autore di "Sua Santità" svela in una trasmissione televisiva che «alcuni documenti mi sono stati dati da chi li ha scritti».

«Alcuni documenti mi sono stati dati da chi li ha scritti». Intervenendo ieri sera nella trasmissione Top secret di Claudio Brachino, su Tgcom24, Gianluigi Nuzzi ha proposto questa inedita confidenza a riguardo del contenuto del libro "Sua Santità", nel quale sono pubblicati numerosi documenti riservati della Santa Sede.
Nel contempo – alla richiesta di un commento sulle vicende di Paolo Gabriele, il maggiordomo pontificio che è attualmente l’unico sotto inchiesta – il giornalista ha allusivamente affermato che sarebbero numerose le persone dalle quali ha ricevuto quelle che nel sottotitolo del volume sono definite «le carte segrete di Benedetto XVI».
Una frase che sembra cozzare con quanto sostenuto nel retrocopertina del medesimo libro, dove si dice che, dietro il nome in codice «Maria», «si nasconde la fonte principale anonima e segreta, interna al Vaticano, che ha fornito le centinaia di documenti alla base di questo libro».

La vicenda dei Vatileaks, cioè la pubblicazione di testi trafugati in particolare dalla scrivania di Benedetto XVI e del suo segretario particolare monsignor Georg Gänswein, vede dunque un ulteriore tassello, nella settimana in cui la Commissione di indagine presieduta dal cardinale Julian Herranz porterà al Pontefice un rapporto di sintesi su quanto è emerso dagli interrogatori di una trentina di testimoni.
Prossimamente verrà anche presa la decisione sul destino giudiziario di Paolo Gabriele. Se, come probabile, sarà rinviato a giudizio, il processo si svolgerà nel prossimo autunno. Nel frattempo, al maggiordomo dovrebbero essere concessi gli arresti domiciliari, dopo due mesi di custodia cautelare nella cella della Gendarmeria.
Contemporaneamente dovrebbe essere anche chiarito l’atteggiamento della Santa Sede nel caso in cui emergessero coinvolgimenti di cittadini italiani «che possano essere considerati di rilevanza per la giurisdizione italiana»: «Se necessario, si chiederà la collaborazione della Giustizia italiana», aveva precisato padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana.

Un’ultima vicenda in attesa di un’azione vaticana è quella relativa alla notizia lanciata l’11 luglio scorso dal settimanale Panorama sull'esistenza di un figlio di un cardinale «al vertice di uno degli organismi finanziari della Santa Sede». Affermazioni «del tutto false e prive di qualsiasi riscontro», le aveva definite padre Lombardi, annunciando che «per tali affermazioni e altre non veritiere contenute nell’articolo, che si ritengono palesemente denigratorie ed esulanti dai legittimi limiti del diritto di cronaca, la Segreteria di Stato si riserva ogni opportuna iniziativa a tutela dei diritti delle persone interessate».

Se rispondesse a verità l’affermazione di Gianluigi Nuzzi – «alcuni documenti mi sono stati dati da chi li ha scritti» – il livello di complicità interno al Vaticano risulterebbe decisamente alto, al punto da lasciare stupefatti.
Nel libro Sua Santità i documenti riservati vengono infatti presentati con due diverse modalità: una ventina, presumibilmente ritenuti dall’autore i più interessanti, appaiono nell’appendice fotografica; gli altri sono semplicemente trascritti all’interno dei nove capitoli nei quali il testo è suddiviso.

I documenti fotografati sono sottoscritti dall’ex direttore di Avvenire Dino Boffo (alcune lettere), dall’arcivescovo Carlo Maria Viganò (lettera), da Gianni Letta (biglietto di raccomandazione), da Bruno Vespa e Giovanni Bazoli (offerte per il Papa), dall’ex presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi (diversi promemoria), da monsignor Georg Gänswein (alcuni appunti), dai cardinali Tarcisio Bertone e Dionigi Tettamanzi (scambio di lettere), da monsignor Giampiero Gloder e dall’arcivescovo Dominique Mamberti (osservazioni dalla segreteria di Stato), dal comandante della Gendarmeria Domenico Giani (relazioni di servizio), dal responsabile di Comunione e liberazione Julian Carron (lettera) e dal preposito dei Gesuiti Adolfo Nicolas (lettera).

Sarebbe davvero sorprendente che qualcuno di loro avesse fatto da passacarte verso l’esterno, mettendo in grave difficoltà la Santa Sede e provocando una ricaduta mediatica che non si può certo considerare utile allo scopo espressamente indicato dall’anonima fonte di Nuzzi come motivo ispiratore: «Se queste carte diverranno pubbliche, l’azione di riforma avviata da Ratzinger avrà una sua inevitabile accelerazione».

Ma anche i firmatari dei documenti presentati soltanto in trascrizione farebbero sobbalzare chiunque sulla sedia, se si trattasse delle “manine infedeli”. A parte lo stesso Benedetto XVI, che ha siglato diversi appunti proposti, i testi sono sottoscritti dai cardinali Paolo Sardi, Angelo Scola, Velasio De Paolis, Zen Zekiun e dall’arcivescovo Ante Jozic. Nessun altro nome: a restar fuori ci sono unicamente le scarne relazioni di agenti della Gendarmeria vaticana e una lettera di un anonimo monsignore del Governatorato. Troppo marginali per poter assurgere al ruolo di “corvi”.

 
 
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