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domenica 06 ottobre 2024
 
 

Obbligo della "buona scuola" portare i ragazzi fuori dalle aule

14/05/2015  Tanta responsabilità in cambio di cosa? Domanda una madre pensando agli insegnanti che accompagnano i ragazzi in gita. Risponde la professoressa Paola Spotorno, esperta di scuola, insegnante e mamma di due figli.

Gentilissima prof. Spotorno, mio figlio che fa seconda liceo non vede l’ora di essere in terza per fare una gita scolastica che duri più di un giorno. Mi racconta che in questi giorni la sua scuola è mezza vuota perché i ragazzi del triennio sono quasi tutti fuori. Io mi domando cosa vi spinga a portarvi dietro questi ragazzini. Una responsabilità enorme in cambio di che cosa? Vivo in una città meta di gite e quando vedo in giro una scolaresca osservo la gran fatica che fate a tenerli attenti ed in gruppo. L’ho fatto notare anche a mio figlio che al solito ha sbuffato. Mi piacerebbe sapere il suo punto di vista, magari lei riesce a convincermi. 

Giovanna- Pisa

Cara Giovanna, Marzo e Aprile sono i mesi delle tanto attese gite. I ragazzi iniziano a proportele il primo giorno di scuola e sono l’oggetto principale delle loro assemblee di classe. Poi inizia la caccia al professore disponibile, chi riesce ad accaparrarselo per primo è come se avesse vinto al bingo, salvo poi la delusione per la rinuncia che non arriva in tempo utile per trovare un sostituto. Insomma l’anno scolastico sembra essere sopportabile anche per l’attesa di quei due o tre giorni, e se si è fortunati una settimana, di gita scolastica. Noi prof. per dovere lo chiamiamo viaggio di istruzione, ma hanno ragione loro, è una gita, o forse un viaggio di formazione, nel senso più classico del termine e non solo per i ragazzi. In certi casi è la prima volta che vanno fuori casa senza i propri genitori, per qualcuno è la prima volta in aereo. Se si va all’estero poi si sperimenta che le lingue straniere sono qualcosa di più che un libro di grammatica, anzi sono vive, vive e tanto incomprensibili. Li vedi che sotto sotto pensano: “Come sarebbe bello ora saperle”. E noi prof siamo lì con loro, uno davanti l’altro a chiudere la fila come un cane da pastore per evitare di perdersene qualcuno, con il nervoso di vederli a volte arrivare in ritardo o per il disturbo causato la notte in hotel (un classico). Cara amica, alla fine di questi giorni sono generalmente piuttosto stanca, ma di buon umore e il più delle volte non mi sembra di aver perso tempo. Anzi azzardo: obbligo per “la buona Scuola” di portare gli studenti fuori dalle proprie aule. Ci si guadagna tutti: loro ti insegnano ad usare facebook e altre diavolerie, tu gli fai vedere che cammini ancora più di loro che sono nati stanchi, e alla fine trottano con te! Alla sera poi, rientrando insieme, nelle loro piccole ma importantissime confidenze che ti permettono di conoscerli un po’ di più ti dicono: ”Sa prof è stato bello”. Piccole soddisfazioni forse ma che danno anche loro un senso a ciò che faccio. Un abbraccio.

Paola Spotorno

 
 
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