Oggi l’Olanda va alle urne per eleggere la Camera dei rappresentanti e l’Europa tiene il fiato sospeso. Forse è la prima volta che le elezioni politiche olandesi vengono seguite con tanta attenzione. Questo accade per almeno due motivi.
Primo: l’Unione Europea vive un momento di crisi e il voto in Olanda è il primo importante appuntamento elettorale in un anno in cui andranno alle urne anche i francesi (due turni di elezioni presidenziali fra aprile maggio) e i tedeschi (fine settembre). Il timore è quello di vedere prima in Olanda, poi in Francia e Germania, una forte avanzata di movimenti populisti ed euroscettici, con ripercussioni in tutto il continente. Si teme insomma un terzo shock dopo il referendum su Brexit e l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca.
Secondo: le elezioni olandesi si svolgono nei giorni di una grave crisi diplomatica fra l’Olanda e la Turchia. La crisi è stata innescata dalla decisione del governo olandese di vietare sul suo territorio i comizi di esponenti politici turchi (tra cui il ministro degli esteri Cavusoglu) rivolti alle comunità turche locali e dedicati al referendum istituzionale del 16 aprile, che mira al rafforzamento dei poteri del presidente Erdogan. Fra Olanda e Turchia stanno volando parole grosse (Erdogan accusa gli olandesi di nazismo) e le relazioni diplomatiche sono ormai ridotte ai minimi termini.
C’è da chiedersi se e come questo momento di tensione fra l’Olanda e un paese musulmano potrà avvantaggiare il Partito della Libertà (PVV) di Geert Wilders, il leader populista e xenofobo, anti Islam, dalla folta capigliatura ossigenata, compagno di strada di altri leader populisti europei come Marine Le Pen, Matteo Salvini e Nigel Farage. Il partito di Wilders è andato forte nei sondaggi per buona parte della campagna elettorale, ma negli ultimi giorni c’è stata la rimonta del Partito popolare e democratico (VVD) del primo ministro Mark Rutte, tornato in testa nelle intenzioni di voto. Perché la frenata di Wilders? Ci sono diverse spiegazioni. Le posizioni di Wlders sembrano troppo radicali (uscita dall’Unione Europea, deislamizzazione dei Paesi Bassi), non gli ha giovato il suo appiattimento sulle posizioni di Donald Trump, infine la linea dura del premier Rutte nei confronti di Erdogan è apprezzata dall’opinione pubblica.
In Olanda si vota con il sistema proporzionale, che porta alla formazione di governi di coalizione. Per Wllders il problema è che nessuna forza politica intende coalizzarsi con il suo partito. Tuttavia i suoi argomenti fanno presa e fanno discutere, in qualche modo dettano l’agenda politica. In Olanda l’economia va bene (nel 2016 il PIl è cresciuto del 2,1 per cento, la disoccupazione è al 6 per cento), il 90 per cento della popolazione si dichiara “felice”, ma restano una inquietudine di fondo e una percezione di insicurezza, favorite dalla presenza di 2 milioni di immigrati non europei su una popolazione totale di 17 milioni. Erano le stesse inquietudini su cui aveva fatto leva Pim Fortuyn, il leader populista assassinato nel 2002. Wilders pescherà voti in questa sacca di scontento, ma non gli dovrebbero bastare per poter cantare vittoria questa sera.