monsignor Derio Olivero, 61 anni
Uscire fuori e ascoltare gli altri; a questo ci spinge la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Ne parliamo con monsignor Derio Olivero, vescovo di Pinerolo e presidente della Commissione episcopale per l'ecumenismo e il dialogo della Cei.
Che significato ha questa settimana in un contesto di guerra come quello che stiamo vivendo?
«Sicuramente in un contesto di conflittualità la settimana di preghiera lancia a tutti noi cristiani una grande sfida; essere dei maestri di dialogo in questa società e noi, come cristiani di confessioni diverse, abbiamo nel nostro dna tutti gli strumenti per essere dei maestri nella capacità di dialogo e pertanto questa è una settimana in cui dobbiamo dimostrarlo ulteriormente anche se è la sfida che deve accompagnare i prossimi anni dei cristiani».
Come commenta la fatica del mondo ortodosso costretto a confrontarsi con il patriarcato di Mosca che continua a non condannare la guerra?
«Mi dispiace per il mondo ortodosso che in questo momento è diviso e questa è un’ulteriore fatica. Sicuramente diventa più difficile l’ecumenismo in questo tempo. Ecco perché, a maggior ragione, è importante la settimana di preghiera; perché fare unità vuol dire anche aiutare coloro che faticano. Credo sia compito nostro e del mondo protestante essere vicini al mondo ortodosso che è diviso e sta faticando a camminare e a capirsi».
È sempre più necessario “disarmare i cuori”…
«Il conflitto in Ucraina non è l’unico al mondo; ci sono settanta stati interessati a conflitti. Ma anche di più: la conflittualità è diventata pane quotidiano ovunque, anche nel nostro Occidente. Siamo una società conflittuale, arrabbiata; anche in Italia, c’è una rabbia a livello politico, di dibattiti televisivi; c’è una violenza anche verbale, pensiamo ai social. Lì fa spavento. È compito di una buona religione, almeno di noi cristiani, operare per una buona conversione che non è una questione astratta ma molto concreta. Vuol dire acquisire un cuore nuovo conforme al Vangelo, ovvero mite, misericordioso, operatore di giustizia, operatore di pace come dicono le Beatitudini».
Il Papa con la Delegazione Ecumenica della Finlandia, giovedì 19 gennaio 2023.
Il dialogo e il perdono possono aiutare a disarmare i cuori?
«La non violenza è una questione molto seria che soprattutto oggi noi cristiani dobbiamo portare avanti; è un modo di stare al mondo, di costruire relazioni, di pensare i rapporti anche tra parti sociali. Una modalità non violenta, quindi lavorare per costruire una mentalità e uno stile non violento. Ma non basta. Bisogna aiutare le persone alla conversione, la capacità cioè di essere capaci di non dividere; è un cammino molto arduo in ogni ambito dell’esistenza, non solo tra le confessioni. Noi cristiani predichiamo il perdono; il perdono e la misericordia sono umanamente quasi irraggiungibili, va detto o siamo degli ingenui. Per le nostre forze umane sono quasi incomprensibili e quindi irraggiungibili. Per questo ci sta una religione ad aiutare questa conversione con l’aiuto dello Spirito. Da soli perdonare ed essere misericordiosi è molto difficile».
Ci saranno momenti o incontri significativi in Italia nella direzione del dialogo tra le confessioni?
«Ci sarà un incontro particolarmente significativo a giugno; proprio le scorse settimane sono stato a Roma per incontrare i responsabili delle confessioni in Italia e organizzare un incontro con la commissione episcopale della Cei che presiedo e tutti i responsabili delle chiese di ambito protestante, ortodosso e pentecostale in Italia. Sarà un momento molto importante di dialogo e ascolto in cui li inviteremo e li ascolteremo nell’ambito del cammino sinodale. Cammino che chiede a noi cattolici di essere in accolto, quest’anno in particolare di chi non è all’interno della nostra comunità. Ecco perché, come commissione, abbiamo pensato che il primo compito era ascoltare le altre confessioni. I responsabili di tutte le chiese: metodisti, battisti, valdesi, ortodossi rumeni, ortodossi russi etc. Un incontro importante perché è da tantissimo che non si fa e, anzi a questo livello di sentire tutti e non solo i responsabili, negli ultimi decenni non si è mai avverato. Mi auguro che diventi una cosa da fare tutti gli anni. Il mio sogno? Avere tutti gli anni un’assemblea ecumenica in Italia».
Foto Vatican News