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giovedì 12 settembre 2024
 
il dibattito
 

Omofobia, la Cei contro una nuova legge: «Non serve, rischio di derive liberticide»

10/06/2020  L’intervento dei vescovi italiani sulla legge in discussione alla Camera contro i reati di omotransfobia: «Non c’è nessun vuoto normativo che giustifichi una nuova norma che rischia, più che di sanzionare la discriminazione, di colpire l'espressione di una legittima opinione»

Il presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti, 78 anni (Ansa)
Il presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti, 78 anni (Ansa)

Non serve una nuova legge perché non c’è un vuoto normativo in Italia per assicurare alle persone omosessuali la tutela contro discriminazioni, maltrattamenti, violenze, aggressioni e punirne gli aggressori. Il nostro codice penale dispone già degli strumenti necessari per garantire in ogni situazione il rispetto della persona. Anche perché una nuova legge potrebbe introdurre «derive liberticide, per cui, più che sanzionare la discriminazione, si finirebbe col colpire l'espressione di una legittima opinione».

È la posizione della Conferenza episcopale italiana sui disegni di legge attualmente in discussione alla Commissione Giustizia della Camera. Si tratta di cinque ddl (a firma dei deputati Boldrini di Leu, Zan e Scalfarotto del Pd, Perantoni del M5S e Bartolozzi di Forza Italia) che puntano a modificare agli articoli 604-bis e 604-ter del codice penale, in materia di violenza o discriminazione per motivi di orientamento sessuale o identità di genere. Per i vescovi «esistono già adeguati presidi con cui prevenire e reprimere ogni comportamento violento o persecutorio. Questa consapevolezza ci porta a guardare con preoccupazione alle proposte di legge attualmente in corso di esame presso la Commissione Giustizia della Camera dei deputati contro i reati di omotransfobia» perché «un'eventuale introduzione di ulteriori norme incriminatrici rischierebbe di aprire a derive liberticide».

La Presidenza della Cei sottolinea che «le discriminazioni, comprese quelle basate sull'orientamento sessuale, costituiscono una violazione della dignità umana, che, in quanto tale, deve essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni. Trattamenti pregiudizievoli, minacce, aggressioni, lesioni, atti di bullismo, stalking... sono altrettante forme di attentato alla sacralità della vita umana e vanno perciò contrastate senza mezzi termini».

I vescovi italiani fanno presente che nell'ordinamento giuridico del nostro Paese «esistono già adeguati presidi con cui prevenire e reprimere ogni comportamento violento o persecutorio» e, aggiungono, «questa consapevolezza ci porta a guardare con preoccupazione alle proposte di legge attualmente in corso di esame presso la Commissione Giustizia della Camera dei deputati contro i reati di omotransfobia: anche per questi ambiti non solo non si riscontra alcun vuoto normativo, ma nemmeno lacune che giustifichino l'urgenza di nuove disposizioni. Anzi, un'eventuale introduzione di ulteriori norme incriminatrici rischierebbe di aprire a derive liberticide, per cui, più che sanzionare la discriminazione, si finirebbe col colpire l'espressione di una legittima opinione».

La Presidenza della Cei è preoccupata per alcune derive a cui la legge, se approvata, potrebbe condurre: «Per esempio, sottoporre a procedimento penale chi ritiene che la famiglia esiga per essere tale un papà e una mamma, e non la duplicazione della stessa figura, significherebbe introdurre un reato di opinione», notano i vescovi, «ciò limita di fatto la libertà personale, le scelte educative, il modo di pensare e di essere, l'esercizio di critica e di dissenso. Crediamo fermamente che, oltre ad applicare in maniera oculata le disposizioni già in vigore, si debba innanzitutto promuovere l'impegno educativo nella direzione di una seria prevenzione, che contribuisca a scongiurare e contrastare ogni offesa alla persona. Su questo non servono polemiche o scomuniche reciproche, ma disponibilità a un confronto autentico e intellettualmente onesto».

E aggiungono una nota sul metodo del dibattito: «Nella misura in cui tale dialogo avviene nella libertà ne trarranno beneficio tanto il rispetto della persona quanto la democraticità del Paese».

I reati legati all'orientamento sessuale sono stati 26,5 all'anno negli ultimi 8 anni

Tutte le proposte di legge presentate in Parlamento sono concordi nel ritenere che c’è un vuoto normativo. Indispensabile, si dice, varare una nuova normativa che, si spiega nel ddl di cui è primo firmatario Alessandro Zan (Pd) prevede un allargamento della "legge Mancino" (la numero 205 del 1993) con l’obiettivo «di estendere le sanzioni già individuate per i reati qualificati dalla discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi anche alle fattispecie connesse all’omofobia e alla trans fobia».

Il nostro codice già prevede sanzioni proporzionate alla gravità del reato per i delitti contro la vita (art. 575 e ss. cod. pen.), contro l’incolumità personale (art. 581 ss. cod. pen.), i delitti contro l’onore, come la diffamazione (art. 595 cod. pen.), i delitti contro la personalità individuale (art. 600 ss. cod. pen.), i delitti contro la libertà personale, come il sequestro di persona (art. 605 cod. pen.) o la violenza sessuale (art. 609 ss. cod. pen.), i delitti contro la libertà morale, come la violenza privata (art. 610 cod. pen.), la minaccia (art. 612 cod. pen.) e gli atti persecutori (art. 612-bis cod. pen.). Fino al 2016 l’ordinamento ha ritenuto illecita anche la semplice ingiuria (art. 594 cod. pen.).

L’altro aspetto che ha spinto a presentare varie proposte di legge è, secondo i firmatari, l’emergenza omofobia in atto nel Paese. Secondo i dati diffusi dal ministero degli Interni, negli ultimi otto anni, i reati riferibili all’orientamento sessuale e all’identità di genere, sarebbero solo 212, in media 26,5 ogni anno. Anche se, secondo i firmatari delle proposte di legge, proprio la mancanza di norme specifiche impedisce la classificazione dei reati facendo in modo che restino sommersi.

Terreno scivoloso e delicato perché il rischio è che si creino dei "reati d’opinione” passibili di sanzioni. «Nei Paesi dove legislazioni simili a quelle che si vorrebbero adottare anche in Italia sono già vigenti», nota Luciano Moia su Avvenire, «i giudici si sono mossi in modo diverso. In Spagna, il 6 febbraio 2014, il cardinale Fernando Sebastián Aguilar (morto di recente), arcivescovo emerito di Pamplona, è stato iscritto nel registro degli indagati per “omofobia” per aver rilasciato un’intervista pubblicata sul quotidiano di Malaga, “Diario Sur” il precedente 20 gennaio, nel corso della quale, sulla premessa che la sessualità è orientata alla procreazione, faceva presente che all’interno di una relazione omosessuale tale finalità era preclusa. In Francia, dove una legge del 2004 sanzionava le discriminazioni razziali (sul modello italiano della legge Mancino – Reale) prima nel 2008, poi nel 2012 quelle disposizioni sono state estese alla discriminazione fondata sull’orientamento sessuale, grazie all’iniziativa del ministro della Giustizia dell’epoca Christiane Taubira. Esempi che non dovrebbero essere dimenticati».

Il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, con il deputato Alessandro Zan (Ansa)
Il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, con il deputato Alessandro Zan (Ansa)

Il relatore della legge Zan: «Sorpreso dalle critiche della Cei»

  

Alla nota dei vescovi risponde il relatore del ddl contro l'omotransfobia. l'onorevole Alessandro Zan: «Sorprendono le critiche della Presidenza Cei alla proposta di legge, il cui testo unificato ancora non è stato depositato e su cui stiamo ancora lavorando. Lo ripeto per l'ennesima volta a scanso di fraintendimenti: non verrà esteso all'orientamento sessuale e all'identità di genere il reato di “propaganda di idee” come oggi è previsto dall'art. 604 bis del codice penale per l'odio etnico e razziale. Dunque nessuna limitazione della libertà di espressione o censura o bavaglio come ho sentito dire in questi giorni a sproposito». E aggiunge che «il testo base contro l'omotransfobia che tra pochi giorni verrà adottato in Commissione Giustizia della Camera interviene sui reati di istigazione a commettere atti discriminatori o violenti e sul compimento di quei medesimi atti per condotte motivate dal genere, dall'orientamento sessuale e dall'identità di genere. E estende ai reati comuni commessi per le stesse ragioni l'aggravante prevista dall'articolo 604-ter». 

Il Centro studi Rosario Livatino, di cui fanno parte avvocati, giuristi e costituzionalisti, plaude all’intervento della Cei: «Facciamo nostro», scrive, «l'appello rivolto oggi dalla Conferenza Episcopale Italiana al Legislatore perché il contrasto a eventuali ingiuste discriminazioni non richieda un intervento legislativo, men che mai penale, che finirebbe con il punire il mero disaccordo, introducendo un inaccettabile reato di opinione e comprimendo le libertà fondamentali. Non è introducendo un reato di opinione che vuole imporre alla popolazione italiana un pensiero unico che si affronta il tema delle eventuali concrete e materiali discriminazioni alle persone. L'iniziativa dei Vescovi vuole difendere la libertà di tutti gli italiani, credenti o no, i quali - sostiene il Centro studi - se fossero approvati gli attuali disegni di legge in discussione, per il solo fatto di ritenere che gli esseri umani siano maschi o femmine, che il matrimonio sia solo quello tra un uomo e una donna, e che un bambino abbia bisogno di una mamma e di un papà, rischiano di essere sottoposti a procedimento penale e condannati». E conclude: «Auspichiamo che, soprattutto in questa fase emergenziale, il Parlamento abbandoni quelle che paiono iniziative meramente ideologiche, e si concentrino sui temi prioritari per la ripresa della Nazione».

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