Annunciata non prima delle 18 la sentenza del Processo Open Arms è arrivata alle 19.39: in nome del popolo italiano, in base all’articolo 530 del Codice di procedura penale. il Tribunale di Palermo assolve Matteo Salvini dai reati ascritti perché il fatto non sussiste. Il collegio composto dai giudici, Roberto Murgia presidente e Elisabetta Villa e Andrea Innocenti, si era ritirato in Camera di consiglio alle 11.35 circa.
Si conclude così il primo grado del processo noto alle cronache come Open Arms dopo tre anni di processo, 24 udienze, 45 testimoni ascoltati. Nell'aula bunker del carcere Pagliarielli di Palermo il presidente del Collegio Roberto Murgia non ha autorizzato né riprese né fotografie.
Il clamore attorno alla vicenda, destinato a crescere nelle prossime ore, del resto era già da mesi e mesi ugualmete molto caldo anche senza immagini a indagare volti e reazioni, per ragioni intrinseche: il fatto che un ministro della Repubblica, nell'esercizio delle funzioni, fosse processato con l'accusa di sequestro di persona. E anche per ragioni estrinseche, perché è stato lo stesso Salvini nel corso del processo a trasformarlo in un conto alla rovescia sui social, caricandolo di un pesante significato politico, che ha contribuito negli ultimi mesi a surriscaldare il clima tra potere e esecutivo e giudiziario.
«Avevo promesso di fermare l'immigrazione di massa e lo abbiamo fatto», aveva affermato l'attuale ministro dei trasporti prima di entrare, in aula questa mattina davanti alla selva di microfoni, «abbiamo ridotto i morti in mare, abbiamo protetto gli italiani, abbiamo ridotto i reati, salvato vite, non mi aspetto una medaglia, ma qualunque sia la sentenza sono fiero di aver mantenuto le promesse fatte agli italiani e quindi entro in questa aula di tribunale fiducioso e orgoglioso».
Anche se è da ricordare che a rimuovere dal tavolo il sospetto di fumus persecutionis politico dal procedimento era stato lo stesso Senato, quando il 30 luglio 2020 ha concesso l'autorizzazione a procedere per Matteo Salvini al momento dei fatti ministro dell’interno, prevista per i procedimenti a carico dei ministri anche se cessati dalla carica in base all’articolo 96 della Costituzione che possono, sì, essere sottoposti alla giurisdizione ordinaria per i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni previa autorizzazione della Camera o del Senato.
Sequestro di persona e rifiuto di atti d'ufficio erano i reati contestati dalla Pubblica accusa. Nella sostanza gli si contestava di avere negato lo sbarco, da titolare del ministero dell'Interno, per diciannove giorni a 147 migranti, tra cui 27 minori, soccorsi in tre distinte operazioni dalla ong spagnola Open Arms. La Procura nella sua requisitoria Marzia Sabella, procuratore aggiunto, sosteneva che «almeno dal 14 agosto 2019, Salvini» era consapevole di avere «chiaro obbligo» di assegnare all'imbarcazione un porto sicuro. E che avesse omesso di compiere questo atto con «intenzionale e consapevole spregio delle regole», violando volontariamente «la libertà personale di 147 persone».
Al centro della contesa con la difesa soprattuto il fatto che Salvini avesse o meno agito di concerto con il presidente del Consiglio dell'epoca Giuseppe Conte: «Ha agito da solo contro tutti, determinando il caos istituzionale, e senza la presenza di alcun reale rischio per la sicurezza del Paese, ma solo», sosteneva l’accusa, «Senza «giustificazione giuridicamente, fattualmente e umanamente apprezzabile».
Di opposto avviso la difesa rappresentata dalla Presidente della Commissione giustizia in Senato Giulia Bongiorno, secondo cui la nave avrebbe «bighellonato» per il Mediterraneo avrebbe potuto far sbarcare chiunque avesse lamentato non una malattia ma un semplice disagio o malessere come l'insonnia. «Il codice penale non punisce chi nega la libertà di sbarcare in Italia, ma chi nega la libertà di movimento. In questo caso Open Arms ha volontariamente impedito che i migranti raccolti andassero altrove. Avevano il dovere di andare in Spagna, dove gli era stato offerto di sbarcare, ma non hanno voluto». Sosteneva Giulia Bongiorno, desumendone che non ci fu nessuna responsabilità dell’ex ministro dell’Interno e nessun reato a suo carico e chiedendo l'assoluzione che poi è arrivata.
Nell'ultimo botta e risposta di questa mattina, cui erano presenti le 27 parti civili e Oscar Camps, fondatore, di Open Arms, le parti hanno ribadito le proprie posizioni.
A garantire sostegno al leader della Lega, c'era il il ministro dell'Istruzione Giuseppe Valditara "come amico", che già aveva partecipato allo sparuto presidio in piazza a Palermo il giorno delle arringhe difensive, con lui altri esponenti del partito non solo siciliani: il sottosegretario Alessandro Morelli e Armando Siri. L'attuale ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, in serata, rispondendo ai giornalisti a margine della riunione del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza a Caivano, prima di conoscere la sentenza, aveva assicurato: «non influirà in alcun modo sul governo».