Luigi Sbarra.
Guarda ben oltre il 26 aprile e le riaperture il neosegretario generale della Cisl Luigi Sbarra, che immagina già una stagione favorevole a un grande “patto sociale” per superare la crisi. Un accordo che richiama quello voluto dal Governo Ciampi nel 1993, per superare la grave congiuntura economica di allora. «Questo è il tempo per avviare riforme strutturali, dalla Pubblica amministrazione al fisco; è tempo di una rinnovata concertazione tra i grandi soggetti collettivi, il Governo e le Regioni, per negoziare un nuovo patto sociale che metta al centro crescita, lavoro, innovazione, contrasto alle diseguaglianze, a iniziare da quella tra Sud e Nord del Paese», afferma il leader sindacale, che azzarda un altro parallelismo storico, stavolta con la Germania del post-muro di Berlino: «Il premier Draghi può rappresentare ciò che è stato il cancelliere Helmut Kohl nel 1990, con l’unificazione delle due Germanie».
Tornando al 26 aprile, che cosa rappresentano queste riaperture?
«Vorremmo davvero ricordarlo negli anni futuri come il primo giorno della liberazione dal virus, dopo un anno che ha avuto effetti economico-sociali nefasti, paragonabili solo a quelli di una grande guerra».
Per non tornare più indietro cosa si dovrà fare?
«Avere prudenza, pragmatismo e realismo. Prudenza per capire che non siamo di fronte a un “liberi tutti”; pragmatismo, cioè rilanciare gli investimenti puntando alla crescita, scongiurando le inutili guerre ideologiche tra “aperturisti” e “rigoristi”, che significa non ssarci sulle date o sugli orari (leggi polemica sull’inizio del coprifuoco, ndr), ma ragionare sui dati epidemiologici; realismo, infine, ossia convincerci che dovremo ancora convivere con il Covid per un certo tempo e, dunque, per abbattere gli effetti sanitari occorre solo accelerare e completare il piano vaccinale, dando priorità ad anziani e persone fragili, per avviare subito dopo le somministrazioni nelle aziende, come da protocollo d’intesa già siglato dalle organizzazioni sindacali e datoriali e condiviso dal Governo».
Veniamo all’emergenza occupazionale: la pandemia ha “mangiato” quasi un milione di posti di lavoro.
«Sappiamo che il lavoro debole, il più colpito dalla crisi pandemica, è quello giovanile e quello femminile. Cosa ancor più grave è che sette lavoratori su dieci che hanno perso l’occupazione sono caduti nel pozzo degli “inattivi”, cioè di quelli che non cercano più il lavoro dentro i circuiti istituzionali. E cercarlo per vie informali rischia di alimentare l’economia sommersa e lo sfruttamento. A queste persone dobbiamo dare risposte. E la soluzione alla crisi non può essere aprendo ad altri licenziamenti, come il decreto Sostegni vorrebbe permettere dal primo luglio in poi. Occorre mettere in moto crescita e investimenti nelle infrastrutture materiali e immateriali, nell’innovazione e digitalizzazione, nella sostenibilità ambientale e in una nuova politica industriale, nelle politiche sociali. Oggi abbiamo le risorse necessarie».
È per questo che avete chiesto a Draghi e al ministro del Lavoro Andrea Orlando la proroga del blocco dei licenziamenti. Fino a quando?
«Almeno fino a fine ottobre per tutte le categorie. Ma di pari passo si dovrà procedere spediti verso la riforma degli ammortizzatori sociali, il rilancio delle politiche attive, il finanziamento dei contratti di solidarietà e delle misure del sostegno al reddito e, infine, investire sulla formazione. Solo in questo modo eviteremo che all’indomani della fine del blocco si determinino shock occupazionali ed enormi traumi sociali. Certo, la proroga non potrà essere sine die, ma al momento siamo ancora nel pieno dell’emergenza sanitaria e non abbiamo ancora allestito quel set di misure necessarie ad attutire i contraccolpi sociali che ne deriverebbero. Basti pensare che al ministero dello Sviluppo economico sono aperti più di 110 tavoli di crisi aziendali che coinvolgono nel complesso circa 150 mila lavoratori. Abbiamo apprezzato la recente decisione del Governo di sbloccare 58 opere pubbliche, ferme da anni, con la nomina di 29 commissari: è un segnale forte al Paese».
Che Primo maggio festeggeremo?
«L’Italia si cura con il lavoro: questo è il messaggio che lanceremo il Primo maggio, festa dei lavoratori. Prima ci libereremo dal Covid, prima restituiremo fiducia e speranza alle persone e al mondo del lavoro italiano».