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sabato 21 settembre 2024
 
 

Oratori estivi, giocare per credere

28/06/2012  In questi giorni gli oltre seimila oratori italiani accolgono un milione e mezzo tra bambini e adolescenti. Conferme e novità di quest’appassionante sfida educativa.

«È un’esperienza che tranquillizza le famiglie, diverte i ragazzi, interpella la società civile che spesso non sa offrire alternative altrettanto valide o economicamente competitive e, in ultimo, sfida la Chiesa, spronandola a presidiare con un’intelligenza sempre più creativa il versante educativo», dice monsignor Nicolò Anselmi, responsabile del Servizio nazionale di pastorale giovanile della Conferenza episcopale italiana (Cei).

I nomi cambiano. Si spazia da Grest, acronimo chesta per Gruppo estivo, a Estate ragazzi. La realtà è, invece, sostanzialmente identica, da Nord a Sud: gioco, preghiera, balli, canti, riflessioni, un pasto e talvolta anche la merenda, tutti i giorni per tre-quattro settimane, in certe realtà anchedi più. Le cifre, infine, sono di quelle che lasciano il segno.


«Gli oltre seimila oratori sparsi in tutta Italia a giugno e a luglio registrano il tutto esaurito, accogliendo circa un milione e mezzo tra bambini e adolescenti», spiega don Marco Mori, presidente nazionale del Forum oratori italiani (Foi). Che aggiunge: «Non bisogna dimenticare i 200 mila giovani dai 15-16 anni in su, che diventano animatori o aiuto-animatori al termine di un percorso di formazione».

«Degli oratori estivi colpisce la crescente cura messa nell’offerta formativa», sottolinea monsignor Anselmi: «si scelgono temi che ispirano incontri, discussioni, escursioni, inni». «Sa cosa m’ha detto un ragazzo l’altro giorno?»,conclude don Mori. «“Perché il Vangelo mi piace tantod’estate e m’annoia d’inverno?”. Una responsabilitàin più per noi tutti, preti e laici».

Alberto Chiara

«Don, mi sono dimenticata il costume per la piscina»; «oggi il mio amico non è venuto, sono triste». Sono le 8.30 di un lunedì d’estate nella parrocchia di Santa Maria Regina di Pioltello, un comune a 10 chilometri da Milano segnato da una fortissima immigrazione straniera. Don Marco Zanotti, 35 anni, è preso d’assalto da ragazzini di tutte le etnie che sciamano accompagnati dai genitori fin dentro la grande struttura. La fila davanti alla segreteria per le iscrizioni settimanali è lunga. Il sacerdote ha una pazienza infinita e risponde a tutti.

L’imponente macchina dell’organizzazione si mette in moto: 60 animatori, una decina di adulti e il giovane prete cominciano a occuparsi dei 400 bambini che ogni giorno popolano l’oratorio estivo. Grida, schiamazzi, abbracci. I bambini, felici, si ritrovano dopo il fine settimana. La giornata inizia alle 9: preghiera, indicazioni per la giornata e smistamento sui vari campi di gioco. È un caos ordinato, ognuno sa dove andare, anche i ragazzi disabili, perfettamente inseriti e seguiti ciascuno da un paio di animatori.

«I ragazzi vanno dalla prima elementare alla terza media e sono suddivisi in 24 gruppi», racconta il sacerdote, un veterano di questa grande partita estiva che è l’oratorio. Partita che si gioca ogni anno per rispondere alla sfida educativa dei ragazzi, per condurli attraverso il gioco e le relazioni a esserei cristiani e i cittadini di domani. «Il nostro è un laboratorio d’integrazione multietnica, studiato persino dall’Università Cattolica», ricorda con giusto orgoglio don Zanotti. «Per i ragazzi, a differenza degli adulti, è normalesuperare le differenze culturali ed etniche: sonolo specchio di quella che sarà la comunitàecclesiale milanese del futuro».

Una prova generale della Chiesa “coloured”che verrà, insomma. L’oratorio svolge anche una funzione sociale accogliendo bambini in situazioni familiari particolari e cercando di reinserire come volontari ragazzi passati per il carcere minorile.
Un servizio offerto a costo contenuto: «Per sei settimane le famiglie non arrivano a spendere 100 euro, pasti, gite e piscina compresi», assicura don Zanotti: «La differenza la mettono alcuni benefattori e la parrocchia», dice sorridendo. Ci sono poi le mamme. «Qui i miei figli sono felici, mia mamma e mia suocera avrebbero difficoltà a tenerli ora che la scuola è finita», assicura Stefania, mamma di Christian (13 anni) ed Erica (9). «Giulia non vorrebbe mai tornarea casa, qui impara il rispetto, la disciplina,il gioco», dice Julia, 42 anni, peruviana.

Anche quello degli animatori è un belmondo. A maggio, prima di finire la scuola,si preparano su come proporre uno stile cristiano ai bambini che vengono loro affidati. Poi si immergono a tempo pieno nell’esperienza.«È bello qui, se si divertono i bambini mi diverto anch’io», confida con un bel sorriso Alessandra, 15 anni, originaria del Salvador.«Stare a casa, svegliarmi tardi e guardarela Tv tutto il giorno? No, grazie, molto meglio qui», conferma Marco (17). Luca (18) e Simona(19) sentono la responsabilitàdell’esempio: «Siamo stati qui quand’eravamo bambini e sappiamo quanto quest’esperienza sia importante per crescere».

Ci spostiamo alla Barona, quartiere popolare di Milano. Don Giovanni Salatino coordinatre oratori aperti tutta l’estate. «L’oratorio estivo è la risposta evangelica a una problematicasociale, un segno concreto del prendersicura dei piccoli a fronte del numero crescente di famiglie che non possono andare in vacanza», spiega il sacerdote. «Abbiamo una decina di bimbi musulmani, quando noi preghiamo, loro si appartano con un’animatrice musulmana per pregare insieme». Un laboratorio di pace e di integrazione.

Rispetto a Milano, gli oratori bolognesi sono partiti in epoca più recente. Anche quiesiste un sussidio annuale, adattato poi daisingoli responsabili.
«Abbiamo 160 bambinie 40 animatori e quest’anno abbiamo organizzatoanche due serate formative per i genitorisu come pregare coi bambini e sulledinamiche relazionali in famiglia», confidadon Raffaele Guerrini, vicario parrocchialedei Santi Nicolò e Agata di Zola Predosa. «Ragionandodi ricerca sull’esempio di SherlockHolmes, per i ragazzi delle medie abbiamocercato un modello più interattivo, chiamandola Polizia scientifica per spiegarciidentikit e impronte digitali». Stando allefacce dei bambini, quella dell’oratorio sembraproprio una partita vinta.

Stefano Stimamiglio

Oltre mille oratori, 450 mila ragazzi dalla prima elementare alla terza media, diverse centinaia di preti, 50 mila educatori. È un vero esercito quello che s’è mobilitato nella diocesi di Milano per vivere insieme l’esperienza dell’oratorio estivo. Situazioni diversissime, aperture più o meno lunghe (c’è anche chi non chiude per tutta l’estate), un unico scopo: divertirsi, imparare a stare insieme agli altri, pregare. Una “scuola di umanità”, che a Milano affonda le sue radici addirittura nel XVI secolo, quando san Carlo Borromeo organizzò in maniera organica una serie di lodevoli iniziative già esistenti qua e là in diocesi grazie a laici molto sensibili allo stato di abbandono in cui versava parte della gioventù.

L’esperienza dell’oratorio, ora, viene vissuta utilizzando un sussidio preparato ogni anno dalla Fondazione oratori rimilanesi (Fom). Il titolo scelto per quest’estate è “PassParTù -Di’ soltanto una parola”: a partire da una seriedi vocaboli-chiave si aiutanoi ragazzi ad aprirsi agli altri attraverso il gioco e una seriedi proposte d’animazione ben spiegate nel sussidio.«Normalmente i ragazzi chevengono all’oratorio estivo frequentano anche quelloinvernale, ma molti altri vengono solo in questa stagione magari seguendo i loro amici», dice don Samuele Marelli, direttore della Fom. «L’oratorio estivo e quello invernale sono due esperienze in continuità tra loro e il linguaggio di base è lo stesso: il gioco e l’esperienza vissuta in comune», precisa don Marelli.

Una realtà che diventa un aiuto per i genitori:«Occupandosi dei figli piccoli l’oratorio ha anche una funzione sociale», aggiunge,«ma il vero scopo dell’iniziativaè quello di dedicare del tempo ai ragazzi:solo così li si educa». L’oratorio è palestra di gratuità. Sono volontari anche gli adulti che spostano tavoli e sedie, che si occupano della segreteria o dei laboratori.

Gli animatori, di solito ragazzi delle superiori impegnati in cammini di formazione cristiana, frequentano dei corsi di preparazione a maggio.«Constatiamo che, se ben coinvolti, i giovani di oggi sono assolutamente capaci di prendersi responsabilità».

Stefano Stimamiglio

Federica compie 18 anni domani. Studia in un Istituto tecnico economico statale. Nel 2013, di questi giorni, dovrà sostenere l’esame di maturità. Quest’anno, no. Fa l’animatrice in una parrocchia dal nome lunghissimo, San Barnaba e Visitazione di Maria Vergine, e dal cuore antico, essendo la più vecchia di Mirafiori Sud, periferia acciaccata di Torino, a due passi dagli stabilimenti Fiat. Non sono ancora le 10 e gli 85 iscritti all’Estate ragazzi hanno già ballato l’inno e qualche “bans”. Ora si prega.

È stato appena letto il brano in cui Matteo racconta il mandato di Gesù ai discepoli: «Predicate che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitatei morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demoni.Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamentedate. Entrando in una casa, rivolgeteleil saluto». «Avete mai notato che il segnodella pace genera il sorriso?», chiede Federica cui, oggi, spetta commentare la pagina evangelica. Ci si dà il cinque, a mani aperte, proprio sotto il grande crocifisso. Al termine della preghiera, tutti fuori fino a pranzo. E poi, ancora, attività e giochi.

«Ogni giorno si replica», sorride il parroco, don Giovanni Donalisio, 74 anni, sacerdote dal 1963: «Bambini e adolescenti arrivano entrole 8.30 e se ne vanno alle 17. Cerchiamo ditrasformare in opportunità educativa la possibilitàofferta alle famiglie di lasciare i loro figliin un posto sicuro».

All’oratorio estivo di San Barnaba s’impegnano una ventina tra animatori e aiuto animatori. «Ma ci sono anche 7 nonne che cucinano pasta o riso, compresa la veterana, Antonietta, 86 anni. Più qualche nonno che si rende disponibile a farel avori di ordinaria manutenzione delle strutture usate», spiega Mario De Santo, 67 anni, un dipendente Fiat in pensione, responsabile dell’oratorio.

Che precisa: «L’iscrizione costa 20 euro; la frequenza settimanale, 35. Si tenga presente che a ogni pranzo vanno via almeno 12-13 chili di pasta e talvolta anche di più, dipende dall’appetito». Le attività legate all’animazione e alla formazione, invece, sono coordinate da Barbara Celia, 28 anni, una laurea in Giurisprudenza conseguita anni fa, l’orale per diventare avvocato in autunno e una seconda laurea, in Scienze politiche, vicina al traguardo («Mi mancano 4 esami e la tesi, ho scelto l’indirizzo che prepara all’impegno sociale»).

«Il tema scelto è la mondialità», spiega Barbara. «Ciò significa ragionare sull’identità e sull’incontro con altre culture. Nella prima settimana, dedicata all’America del Nord e a quella del Sud, ci siamo soffermati sul senso del viaggio, dell’andare. Durante la seconda, i riflettori puntati sull’Europa, abbiamo parlato soprattutto di legalità, visitando anche una caserma della Polizia di Stato. La terza, tema l’Asia, è dominata dalla curiosità. Infine, con l’Africa, rifletteremo sulla condivisione».

Barbara ha alle spalle esperienze forti. Tra il 2007 e il 2010 ha trascorso mesi in Brasile, in Nigeria e in Etiopia, animando realtà giovanili in lebbrosari, slum, orfanotrofi e sperduti villaggi. «Gli animatori si sono preparati da Pasqua in poi, prendendo parte a momenti formativi», conclude Barbara Celia. «Far divertire i bambini, inducendoli a pensare, non è una cosa che s’improvvisa. Ricorriamo a tutti i linguaggi possibili: quello della musica, quello della danza, quello del gioco, ma anche quello del teatro e della manualità, costruendo, ad esempio, oggetti con la pasta di sale. Infine, non dimenticherei i momenti delle gite, da un rinfrescante tuffo in piscina alla biciclettata lungo il Sangone».

 Alberto Chiara

Su YouTube se ne trovano molti: un armonico intreccio di musiche, parole, sottotitoli, gesti. Sono gli inni degli oratori estivi 2012. C’è quello milanese, PassParTù, parola composta e inventata che richiama esplicitamente il passepartout, la chiave che apre molte porte, andando, però, oltre perché PassParTù prefigura anche un percorso che dall’“io” conduce al “tu”, cioè al prossimo, attraverso un rapporto fatto di dialogo e di rispetto.



Quindi, ecco Zakar, memorie di futuro, la ricerca del significato ultimo dell’esistenza contro le varie amnesie che portano a dimenticare chi siamo, un lavoro della cooperativa Oragiovane, nata nel mondo salesianodel Triveneto. Non manca Davvero elementare, l’inno della diocesi di Bologna ispirato al bisogno di indagare senza fermarsi alle apparenze, in stile Sherlock Holmes. E c’è quello piemontese, ma con respiro nazionale, Tutti per tutti.



«La voce solista è mia», confida Gigi Cotichella,39 anni, che definisce sé stesso “educanimatore”, na persona cioè la cui sfida professionale è saper coniugare l’arte del far divertire con quella del far riflettere. Nato e cresciuto a Torino, sposato, due figli, presidente della cooperativa Animagiovane e direttoredell’area educativa dell’Ldc, Cotichella è un personaggio noto a chi frequenta gli incontri di pastorale giovanile, a partire dalle Gmg.

«Gli inni nascono da una manciata di parole musicabili e da un pugno di accordi», spiega.«Pian piano prende corpo l’intera canzone,arricchita da passi e da gesti. I generi variano,si va dal country al rap, dal gospel ai ritmisudamericani». «Una quarantina d’anni fa c’erano i “bans”», puntualizza Cotichella, «ovvero i motivi cantanti senza l’aiuto di nessuno strumento, tipo Laurenzia o Stendi i panni. Riprendevano una tradizione antica, in cui figurava, ad esempio, La bella lavanderina. Oggi dominano le basi musicali. Ma gli inni mantengono inalterata l’anima dei “bans"».


«Chi educa è colui che li propone non lo stereo che li amplifica», conclude Cotichella.
«Si tratta di puro divertimento sebbene facciano capolino concetti importanti. Non ci sono vincitori né vinti. Si sorride della propria fisicità, magri e grassi, alti e bassi, tutti insieme. I tratti dominanti sono ironia eautoironia. Senza esagerare».

Alberto Chiara

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