Al via gli oratori estivi in tutta Italia (Foto: Siccardi / Sync).
Le partite di pallone sotto il sole di giugno e luglio, le magliette colorate e i cappellini, i balli e le chitarre, le gite al mare o in piscina, le preghiere di inizio giornata, i pranzi insieme, magari cucinati da qualche mamma volenterosa. C'è chi chiama quest'esperienza "Estate ragazzi", chi preferisce l'acronimo Grest (Gruppo Estivo), ma la sostanza non cambia: dal Piemonte alla Sicilia, dalla Lombardia al Lazio, gli oratori italiani aprono le porte per le attività estive. Anche quest'anno parrocchie e istituti religiosi mettono in campo le loro energie per garantire un presidio sociale oltre che un riferimento pastorale. Sì, perché quando finiscono le scuole, tantissimi genitori, anche al di là dall'orientamento religioso, scelgono di affidare i figli all'estate ragazzi parrocchiale, certi di trovare un ambiente sano e protetto. Il tutto a costi irrisori (e, per qualcuno, in modo totalmente gratuito), cosa che rende accessibili queste proposte anche alle famiglie più disagiate.
Parliamo di uno sforzo corale di grandi dimensioni: a livello nazionale non esistono dati statistici certi, ma si stima che gli oratori siano più di 6.000 e vengano frequentati da 2 milioni di bambini e ragazzi. Sarebbero circa 400.000 i giovani coinvolti come animatori: un impegno che proprio nei mesi estivi raggiunge la massima intensità. «Fin dagli anni '70 – spiega don Michele Falabretti, responsabile del Servizio Nazionale di Pastorale Giovanile – la Chiesa ha compreso che il tempo libero dalla scuola e dalla tante attività che durante l'anno impegnano i ragazzi, può essere una splendida occasione per scoprire la vita di comunità. Trasmettere dei contenuti è importante, ma in questo caso ciò che più conta è stare gli uni accanto agli altri, scoprendo “sul campo” la bellezza delle relazioni e del dono reciproco».
L'oratorio d'estate è, dunque, prima di tutto un'esperienza di Vangelo che crede nei giovani. Gli animatori sono ragazzi alle prese con i primi incarichi di responsabilità: hanno a loro volta bisogno di essere seguiti e accompagnati. Ecco allora l'importanza di sacerdoti, educatori adulti e altre figure di riferimento. «Per undici mesi all'anno gli adolescenti sono considerati un problema – prosegue don Falabretti – Il dodicesimo mese la comunità li scopre come una risorsa. E' proprio al centro estivo che imparano ad avere cura dei più piccoli. Nella società del passato, quando le famiglie erano molto numerose, questa esperienza avveniva in modo naturale. Oggi è sempre meno scontata, ma rinunciarvi significa precludersi una straordinaria occasione per maturare e conoscere meglio se stessi». In questa logica, giocare a palla prigioniera o guidare i “bans” (canzoncine-filastrocche scandite in coro e accompagnate da movimenti del corpo) può essere più formativo di mille parole. Gratuità, accoglienza, centralità della persona: è una sfida impervia, ma nel tempo dà i suoi frutti, tanto che un po' in tutta Italia Grest e campi estivi segnano numeri in crescita.
Un dato, quest'ultimo, confermato anche da don Riccardo Pascolini, presidente del Foi (Forum oratori italiani), che sottolinea il valore di un'esperienza «nella quale ciascuno può sentirsi a casa. Questo vale anche per chi è cresciuto in una cultura diversa dalla nostra». In effetti le porte dei centri estivi sono aperte a cristiani, non cristiani e non credenti. «Quest'anno la drammaticità dell'emergenza profughi ci porta a confrontarci con una sfida nuova. Dobbiamo andare incontro ai ragazzi arrivati da lontano, dobbiamo, noi per primi, bussare alle loro porte. La natura stessa dell'oratorio ci chiede di non indurire il cuore».