«Siamo percorso un lungo tratto di strada al fianco di un santo. Per questo abbiamo sentito il dovere di offrire questa testimonianza. Vogliamo restituire almeno un po' quel che abbiamo ricevuto». Alessio Zamboni e Nicoletta Pasqualini sono stati “i reporter” di don Oreste Benzi, il fondatore della Comunità Giovanni Paolo II di Rimini morto in odore di santità il 2 novembre del 2007. Sabato 23 novembre, nel Duomo della sua città, si celebra la chiusura della fase diocesana del processo di beatificazione, apertosi il 27 settembre del 2014. E proprio in questi giorni Alessio e Nicoletta, sposati da 33 anni e per volere dello stesso don Oreste alla guida di Sempre, l’organo di comunicazione della Papa Giovanni, hanno deciso di fare uscire un volume di interviste al don, in parte inedite, di cui loro stessi sono curatori. (Don Oreste Benzi. Ribellatevi. Intervista con un rivoluzionario di Dio, Sempre editore). Si tratta di interviste spesso rivelatesi profetiche, raccolte negli anni in cui lo hanno seguito nelle sue mille avventure, sempre vicino agli ultimi con un unico progetto. Quello di dar vita a un mondo migliore, qui in terra, attraverso la pratica evangelica della condivisione.
“Papa Benedetto l’ha definito giustamente un apostolo infaticabile della carità ma per don Oreste la carità era sempre collegata alla giustizia ed è questo aspetto del suo carisma che io e Nicoletta abbiamo cercato di mettere in luce”, spiega Alessio. Dalla loro testimonianza emerge con forza la figura di un “santo di popolo”. “Un uomo che non si è accontentato di vivere la sua fede in modo ascetico”, spiegano, “ma ha cercato di coinvolgere tutti quelli che incontrava e alla fine ha reso protagoniste persone sulle quali nessuno avrebbe scommesso, uomini e donne che oggi sono padri e madri esemplari e ricoprono anche ruoli di grande responsabilità”.
Storie di guarigione interiore a tutti gli effetti, di cui Alessio e Nicoletta, dal loro osservatorio, sono stati testimoni. “In realtà non siamo partiti da una tesi da dimostrare” ci tengono a chiarire, “abbiamo semplicemente documentato ciò che è riemerso dai nastri finiti negli scatoloni, un lavoro che ci ha obbligato a ripensare tutta la nostra vita”.
Oggi Alessio e Nicoletta hanno 58 anni e quattro figli. Un amore precocissimo, il loro, sbocciato nella città in cui ancora vivono, Legnago di Verona, quando erano poco più che adolescenti. Alessio aveva 22 anni quando ha incontrato il don. “Frequentavo Scienze Politiche a Padova, ma non ero soddisfatto, sentivo che mi mancava qualcosa”. Per questo decise di fare il servizio civile e, per puro caso, si ritrovò a svolgerlo proprio in una casa di prima accoglienza per bambini della Papa Giovanni, a Riccione.
“Allora la comunità era ancora piccola e don Oreste veniva di persona a controllare le accoglienze”, continua Alessio, “arrivava alle 6 del mattino, organizzava tutto ma poi si fermava a parlare con me, che ero l’ultimo arrivato. Allora io ero molto razionalista e la mia fede era piena di dubbi, perciò lo tormentavo con mille domande, contestavo le sue risposte…alla fine quello che mi ha convinto è stata la sua persona. Ho visto in lui la presenza di Dio e la mia vita è cambiata”.
In quello stesso periodo Nicoletta si era trasferita a Bologna, per studiare al Dams. “Bologna e Riccione sono a un’ora di treno, ma Alessio era sempre impegnato, non ci vedevamo mai”, racconta, “per questo mi sono detta: “devo lasciarlo oppure capire quello che gli sta succedendo”. Anche lei parte per Riccione, conosce don Oreste, partecipa a un campo con un gruppo di ragazzi disabili. Decide di entrare a far parte della Comunità insieme al fidanzato “perché quando si è visto non si può far finta di non avere visto”. Sono parole del don.
Tre anni dopo, il 4 ottobre dell’86 don Benzi celebra il loro matrimonio a Legnago, e proprio nella loro città la giovane coppia apre una casa famiglia. Quattro figli naturali, oggi in scala dai 18 ai 32 anni, e tante accoglienze. Bambini, anziani, ex prostitute, ex carcerati. Contemporaneamente cominciano a collaborare col mensile Sempre, allora di sede a Rimini, finché don Oreste, nel ’94 decide di trasferirlo a Legnago e di affidare a loro la direzione di quella che poi diventerà anche casa editrice.
Il libro curato da Alessio e Nicoletta raccoglie le interviste che vanno dal ’94 al 2006. Alcune sono delle vere perle, come quella inedita rilasciata da don Oreste nel 2003 in occasione di un suo incontro coi giovani. L’intervista che poi darà il titolo alla raccolta. Qui don Benzi si racconta con molta semplicità. Parla della sua famiglia, povera ma molto unita, della grande umiliazione provata quando venne bocciato in prima elementare. Un’ esperienza che gli ha insegnato che bisogna impegnarsi con tutte le proprie forze, ma sempre per il bene. “Ribellatevi e non fate mai pace col male”, dirà poi alla platea di giovani. Il suo testamento spirituale, confermato in uno degli ultimi interventi pubblici, a Pisa, nell’ottobre del 2007, in occasione della 45ma Settimana sociale dei cattolici, in cui ribadisce che la semplice devozione non servirà per avvicinare i giovani alla chiesa.
Un’altra intervista toccante è quella rilasciata a Lourdes, un anno prima della morte, durante un pellegrinaggio con tutta la comunità. “Don Oreste aveva un rapporto speciale con la Madonna”, spiega Nicoletta, “per lui la vergine Maria era una rivoluzionaria, il segno della maternità che si compie ai piedi della croce”.
Nicoletta Pasqualini è stata la curatrice del Diario di Sandra Sabatini, la discepola di don Oreste che l’anno prossimo sarà beata. “Don Oreste è stato il primo ad accorgersi del carisma di Sandra ed è stato il promotore dell’apertura del processo per la causa di beatificazione”, conclude Nicoletta, “tutti quelli che l’hanno conosciuta hanno percepito in lei qualcosa di speciale, come noi, al cospetto di don Oreste, abbiamo sentito un’energia che veniva dalla sua totale certezza della presenza di Dio”.
Don Oreste Benzi con Sandra Sabatini (prima a destra). Foto di Riccardo Ghinelli.
Don Oreste Benzi nasce il 7 settembre del 1925 a San Clemente, nell’entroterra di Rimini, sesto di nove figli di una famiglia di operai. Giovane sacerdote in un’Italia martoriata dal dopoguerra, ha speso fin da subito la sua vita per i poveri e per quelli che erano considerati “gli scarti della società”, sempre con un’attenzione particolare ai giovani e agli adolescenti, ai quali propone “un incontro simpatico con Cristo”.
Nel 1968 fonda l’Associazione Papa Giovanni XXIII e nel 1973 apre la prima Casa famiglia a Coriano, sulla collina di Rimini. Oggi il suo carisma è diffuso in 42 paesi nei 5 continenti. Don Oreste muore il 2 novembre 2007
Durante la fase diocesana del processo di beatificazione, apertosi nel 2014, sono stati ascoltati 131 testimoni e sono state raccolte centinaia di pubblicazioni e migliaia di scritti inediti spesso appuntati su semplici foglietti volanti. L a sessione di chiusura si terrà nel Duomo di Rimini e sarà pubblica, presieduta dal vescovo, monsignor Francesco Lambiasi.
Tutto il materiale raccolto sarà sigillato per essere poi inviato in Vaticano alla Congregazione per le Cause dei Santi. Se si riconoscerà che il candidato ha vissuto le virtù teologali e cardinali in modo eroico il Papa lo dichiarerà venerabile. Per diventare beato dovrà essergli attribuito un miracolo, che toccherà sempre al Papa riconoscere. Per la santità occorreranno due miracoli. La via per la santità è ancora lunga, anche se per la gente il prete dalla tonaca lisa santo lo è già. Sarà invece sicuramente proclamata beata entro il prossimo anno la sua discepola, la riccionese Sandra Sabatini.
Il 2 ottobre scorso papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto relativo a un miracolo ottenuto per sua intercessione, aprendo la via al riconoscimento della sua santità. Sandra Sabatini, morta il 2 maggio dell’84 a 23 anni non ancora compiuti, era membro laico della Papa Giovanni, studiava Medicina a Bologna sognando di partire missionaria per l’Africa ed era innamorata e fidanzata con un coetaneo. Stava proprio recandosi insieme a lui a un incontro della Comunità quando venne travolta da un’auto, morendo dopo tre giorni di coma. Fin da subito don Oreste l’aveva indicata come modello per i giovani, promuovendo l’avvio della causa di beatificazione.