La fede, i sacerdoti che le sono stati accanto, passo dopo passo (a cominciare da don Gino Benevelli, scomparso di recente, che celebrò il suo matrimonio nel 1967), però anche l’Emilia delle bandiere rosse, dei tortellini e dello gnocco fritto alle feste dell’Unità. E poi Fedez, Achille Lauro, i Maneskin e le sorprese di una nuova stagione a “Mille” (tanto per citare uno dei suoi ultimi successi). Dopo cinquantasei anni di musica, Orietta Berti resta una regina indiscussa della canzone italiana, con il suo stile inconfondibile e il talento della profonda leggerezza.
Signora Berti, recentemente, sul suo profilo Instagram, ha pubblicato un saluto a don Gino Benevelli, il sacerdote, scomparso da poco, che celebrò il matrimonio tra lei e Osvaldo Paterlini. Che ricordo ha di questo religioso?
«Un ricordo bellissimo. Conoscevo don Gino perché era il parroco della chiesa di San Nicolò, nella parte bassa del mio paese, Cavriago. Pensi che per celebrare il matrimonio, in quel 14 marzo 1967, lui dovette chiedere un documento speciale, perché eravamo in quaresima. Solo che io e Osvaldo poco dopo saremmo partiti per una tournée in America. E mia mamma voleva che ci sposassimo prima della partenza. Così fu: don Gino celebrò il matrimonio in una chiesetta splendida, il santuario della pietra di Bismantova. Ho poi scoperto che quel luogo è citato anche da Dante nella Divina Commedia».
E poi?
«Cercammo di mantenere i contatti anche dopo il matrimonio. Però non era facile, perché, col nostro lavoro, io e Osvaldo eravamo sempre in giro».
Ma recentemente vi eravate rivisti?
«Sì. L’estate scorsa ero a Forlì, per le celebrazioni di Secondo Casadei. Un giorno squilla il telefono di mio figlio. Dall’altra parte la voce era giovanile. All’inizio ho pensato che fosse un suo amico, perché, appunto, aveva una voce da ragazzo. Invece era proprio don Gino. Mi ha detto che voleva vedermi prima di andarsene. “E dove mai vorrà andare?” ho pensato. Invece lui parlava di un altro viaggio. E aveva ragione. La settimana dopo siamo andati a trovarlo. Non era cambiato per niente e non aveva nemmeno un capello bianco. Ritrovarci, dopo tanto tempo… è stato un momento bellissimo, tutto coordinato da lui».
Nella sua vita ci sono diverse figure di religiosi…
«Sì, ne ricordo tanti, fin da quando era bambina: don Nicolò, don Mario, don Remo… venivano a casa nostra. Erano amici di mio papà e di mio zio. E anche mia mamma, che pure era una fervente comunista, aveva tanti amici sacerdoti».
Comunista e amica dei preti. Possibile?
«Ma sa, quello era un comunismo che poi si andava a Messa. Lo so, può sembrare un controsenso, ma era così. Il mio paese era (ed è tuttora) rosso rosso. Ogni settimana c’è ancora qualcuno che porta i fiori rossi al monumento di Lenin. Però quando era bambina le nostre chiese erano sempre piene e tutti facevano battezzare i bambini. Poteva capitarti che un giorno andavi a una processione, il giorno dopo ti trovavi in mezzo a un corteo di donne che protestavano. Un po’ alla Peppone e don Camillo».
Torniamo un momento ai suoi punti di riferimento spirituali. Abbiamo accennato a don Gino. E poi?
«Ricordo con particolare affetto padre Ugolino Vagnuzzi, religioso francescano, un amico fraterno, uno di famiglia. Ha battezzato i nostri figli e con lui abbiamo condiviso esperienze indimenticabili. Spesso andavamo a trovarlo, nei conventi in cui è stato. Grazie a lui ho conosciuto tante persone speciali. Dopo la sua scomparsa, è subentrato don Guido Colombo, sacerdote paolino. Lo conoscevo ancor prima che prendesse i voti, tanto che sono stata a Roma alla sua ordinazione sacerdotale. Ha l’età di mio figlio più piccolo, Otis, e all’inizio mi diceva “Ma non sarò un po’ troppo giovane per essere il tuo padre spirituale?” E invece, anche con lui si è creato un legame unico. Spesso ci confidiamo e ci raccontiamo le nostre esperienze di vita».
Vi siete sentiti anche durante l’ultimo Sanremo, vero?
«Sì, tutti i giorni. E’ stato prezioso».
E ora veniamo alla musica. “Mille”, interpretata da lei (insieme con Fedez e Achille Lauro), tormentone dell’estate 2021, ha avuto un enorme successo. Ve l’aspettavate? Ma soprattutto, come vi siete conosciuti?
«Con “Mille” sono arrivati cinque dischi di platino, che forse diventeranno sei prima della fine dell’anno, perché la gente continua ad ascoltarla. No, non ce l’aspettavamo assolutamente. Fedez l’avevo incontrato varie volte da Fabio Fazio: c’era sempre un saluto e un benvenuto nei camerini, ma nulla di più. Invece, a Sanremo, dopo un’intervista on-line, mi ha proposto di cantare “Mille”. Mi ha detto che il pezzo era moderno e che come tale andava cantato, ma gli sarebbe piaciuto ci mettessi dentro un po’ della mia spensieratezza, quasi come se fosse “Finché la barca va”».
E lei come si è trovata?
«Mi sono trovata normale, perché in realtà la mia parte è melodica, è nelle mie corde. Quello che cambia, rispetto alle canzoni del passato, è la ritmica, il modo di portare la voce sulle parole. Nello stile moderno non bisogna tenere lunghe le vocali. Si canta “Quando sei arrivato ti stavo aspettando”, non “Quaaaando sei arrivato….”».
Orietta Berti, don Gino e Osvaldo Paterlini il giorno delle nozze, il 14 marzo 1967.
E Achille Lauro?
«Anche lui lo conoscevo già. Va dal mio stesso stilista, Nicolò Cerioni, che veste anche i Maneskin. L’abbigliamento ha avuto un peso importante nel loro successo».
Va bene, ma, look a parte, i Maneskin le piacciono?
«Sì, mi piacciono molto. E pensi che una volta, qualche anno fa, li ho accompagnati da Parigi a Zurigo. Loro erano in giro per l’Europa, col torpedone. Queste cose mi divertono sempre molto. Così ho viaggiato un po’ con loro. E poi a Zurigo abbiamo anche cantato insieme».
Questi incontri l’hanno portata nel cuore di tanti giovanissimi, che non la conoscevano. Ne è contenta?
«Sì, i ragazzi sono molto affettuosi e hanno tanti modi per dimostrarlo. Mi fanno bene. Mi fanno stare bene».
Progetti per l’immediato futuro?
«Tra pochissimi giorni, durante lo Zecchino d’Oro, presentiamo “Amazzonia”, un pezzo che canto col coro dell’Antoniano. E’ una richiesta dei bambini ai grandi, per salvare, insieme, il nostro polmone verde che ci dà vita e che sta soffrendo. Sentirà com’è bella».
E poi, quali altre sorprese ci dobbiamo aspettare?
«Il 9 dicembre esce un pezzo che canto insieme a Manuelito (Hell Raton, fondatore dei Machete Crew e giudice al talent X-Factor, ndr). Lui si sta dando molto da fare sui social. Abbiamo fatto anche una specie di telenovela che esce su YouTube, prima di X-Factor. Devo dire che mi aveva proposto il progetto ancor prima di Fedez. E aveva deciso di uscire in autunno. Poi però, in mezzo, è arrivata “Mille”. Adesso sarà più difficile far colpo. Voglio dire, quella che doveva essere un’assoluta novità, cioè un giovane che canta con me, non lo sarà più. Però il pezzo resta molto forte, con una grande ritmica, ballabile, nel suo stile. L’abbiamo fatto sentire ad alcuni discografici e ci hanno detto che è una bomba. Speriamo lo sia».
Fedez, i Maneskin, Manuelito… però, per generazioni di Italiani lei rimane l’usignolo di Cavriago. Qual è il segreto di una voce sempre così fresca e brillante?
«Bisogna fare esercizio, almeno mezz’ora, un’oretta tutti i giorni, al pianoforte se ne hai uno ben accordato, se no meglio cantare sulle basi. Quando parli soltanto, le frequenze medie diventano forti, ma le alte e le basse si indeboliscono. E d’altra parte, lei provi a star fermo per molto tempo e poi a fare 10 chilometri. Chiaramente non potrebbe. Con la voce è lo stesso: è un muscolo, va allenata».
Ultima nota di leggerezza, recentemente Teo Teocoli ha dichiarato che, da giovane, era un po’ innamorato di lei, che la invitava a uscire ma lei diceva di no, perché doveva rientrare in convento, dove era ospite. E’ vero?
«Sì. Tenga conto, all’inizio mia mamma non voleva che facessi questo mestiere. Voleva che facessi la disegnatrice di modelli per la moda. Ma Giorgio Calabrese (noto paroliere e autore, ndr), che mi aveva sentita cantare, venne a cercarmi. “Con quella voce è un piccato che lavori in fabbrica”. E mi portò a Milano, dove c’erano tutte le case editrici di musica. La condizione però era che io stessi dalle suore. A Milano conobbi, tra gli altri, Teo, un bel ragazzo, atletico, che allora voleva fare il cantante. Così lui mi proponeva sempre di andare al cinema, ma io alle 18 dovevo rientrare dalle suore. E insomma, no… non era proprio possibile. E poi gli dicevo: “ma non vedi come siamo buffi? Tu, alto alto, stivaletti col tacco, io, paperina: sembreremmo l’articolo il”».
(nella foto di copertina, Orietta Berti con don Osvaldo Paterlini, al centro e il marito Osvaldo Paterlini)