Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
mercoledì 16 ottobre 2024
 
 

Ornaghi, le sfide della cultura

17/11/2011  Risorse, certo, ma anche autorevolezza, nomine fuori da logiche ideologiche, Biennale di Venezia e Grande Brera: i nodi che attendono il nuovo ministro della Cultura.

All'onore della nomina subentrerà presto l'onere del compito: la sfida che attende Lorenzo Ornaghi, 63 anni, dal 2002 rettore dell'Università Cattolica e neoministro dei Beni culturali è tutt'altro che agevole. Cerchiamo di individuare i problemi salienti con i quali dovrà presto confrontarsi. Benché sia un tecnico, come tutto il Governo formato da Monti, la prima missione per Ornaghi sarà politica: ridare prestigio, autorevolezza e ruolo a un ministero che, sotto la gestione Bondi - non ce ne voglia l'ex ministro-poeta dimissionario - ha perso smalto, diventando la cenerentola degli apparati statali e vassallo del dicastero dell'Economia. La sua reazione al tragico crollo di Pompei, o forse meglio sarebbe dire la sua non-reazione, è il simbolo di un'impotenza che non ha nemmeno la forza di alzare la voce per protestare.

Solo dopo aver ridato dignità al suo dicastero, Ornaghi potrà chiedere più risorse. Il taglio di fondi negli ultimi anni è stato ingente, solo mitigato dalle parziali marce indietro degli ultimi mesi, quasi che lo stesso Governo (leggi: Tremonti, cioè colui che disse "Con la cultura non si mangia") si fosse reso conto di avere esagerato. La manovre finanziarie degli ultimi anni hanno imposto un taglio di 3 miliardi di euro nel quinquennio 2008-2013. Senza investimenti, non solo non sarà possibile sfruttare il nostro meraviglioso patrimonio come fonte di reddito, ma si rischia di comprometterlo (chissà se i crolli di Pompei hanno insegnato qualcosa). La sfida in questo caso è di natura culturale: pensare alla cultura come a un motore della società e dell'economia, non come a un lusso o a un costo.

Restituire prestigio al ministero significa anche promuovere il valore e il merito nei posti chiave, vale a dire mettere le persone giuste al posto giusto, al di là di ogni pregiudizio ideologico e nepotismo. Un esempio? Alla guida della Biennale di Venezia va riconfermato Paolo Baratta, il cui mandato scadrà il mese prossimo, e a cui il successore di Bondi, Galan, aveva incomprensibilmente preferito Giulio Malgara, proveniente da tutt'altro settore, tanto che lui stesso ha preferito fare un passo indietro. Baratta ha saputo estendere l'autofinanziamento della Biennale, incrementare il numero di visitatori, coinvolgere le scuole. Con un atto semplice e a costo zero si può dare un segnale forte attraverso una delle istituzioni culturali più importanti del Paese.

Un dicastero efficiente ha bisogno di personale adeguato, nella qualità (vedi sopra) e nella quantità. Anche in questo caso, alla draconiana cura dimagrante inzialmente prevista si è, in un secondo momento, posto riparo. Sono state appena effettuate 168 assunzioni, parte delle quali destinate a Pompei, ma per gli anni a venire resta lo spettro della riduzione del 20 per cento del personale previsto dalle norme anti-crisi. Troppe soprintendenze, poi, sono ad interim, quindi soluzioni provvisorie che non possono garantire quella continuità e visione che sono necessari per progetti a lungo termine.

Altra questione molto concreta: che ne sarà della cosiddetta Grande Brera? Il nuovo polo museale e l'Accademia dovrebbero avere una nuova sede, come noto, ma mancano i quattrini per far lavorare i cantieri, tanto che la Moratti, quando ancora era sindaco di Milano, abbandonò il progetto in segno di protesta. Il commissario straordinario Mario Resca - il manager ex McDonald's chiamato da Bondi - lancia appelli da mesi: mancano dai 20 ai 30 milioni. L'intenzione è di chiamare in causa i privati, che per ora latitano. Accusa che non si può muovere a Diego Della Valle, patron della Tod's, che ha reso disponibili i fondi per il restauro di un altro simbolo della nostra cultura, il Colosseo, provocando però esposti alla magistratura da parte di Uil e Codacons. Ecco, stabilire un corretto rapporto fra ruolo dello Stato e ruolo dei privati nella gestione dei beni culturali, sarà un altro dei nodi che Ornaghi dovrà sciogliere.

Un'ultima questione riguarda gli enti lirici: i regolamenti attuativi della riforma (voluta dal Governo, all'insegna del criterio dell'autofinanziamento e dellla riduzione dei fondi) delle fondazioni che presiedono i teatri vanno portati in Consiglio dei mistri entro la fine dell'anno, e i sindacati sono già sul peide di guerra.

Buon lavoro, ministro Ornaghi.

 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo