Un affare di famiglia: due case, due diversi stili di vita, gli opposti che si scontrano. Da una parte i ricchi, dall’altra i poveri. Ki-woo è un ragazzo che vive in un appartamento sotto il livello della strada e conduce un’esistenza degradata. Un giorno un amico gli propone di sostituirlo come insegnante di inglese per la figlia di un dirigente d’azienda. Lui accetta, falsifica le credenziali e si fa assumere. Ma è solo l’inizio. La madre sarà la nuova governante, il padre l’autista. Parasite è una commedia affilata, una satira sociale al vetriolo. Chi ha meno si ribella e piano piano prende il posto di chi naviga nel lusso. Ma non è solo una questione politica. Qui si riflette sull’identità di due nazioni divise: la Corea del Nord e quella del Sud, che finiscono per fondersi in un unico corpo e senza accorgersene diventano uguali nel bisogno. È un _lm ribelle, sulla scia di Joker. La violenza viene mostrata in tutto il suo orrore e presto le risate a denti stretti cedono il passo a una tensione drammatica, quasi disperata, per poi sfociare nella favola. Parasite incarna lo spirito dei nostri anni, sa essere universale, con addirittura un omaggio a Gianni Morandi. Ha vinto la prima Palma d’oro della storia per la Corea del Sud a Cannes. Imperdibile, costruito con grande intelligenza, ma adatto solo a un pubblico adulto.