La misericordia? «Passa attraverso un gesto, una parola, una visita». Esprime vicinanza a chi soffre. E raccoglie lacrime nelle cattedrali del dolore: ospedali e carceri innanzitutto. Durante la consueta udienza generale del mercoledì Francesco approfondisce la riflessione sulle opere di misericordia. Oggi, due in particolare: assistere gli ammalati e visitare chi si trova in prigione. C'è una parola che rende il tutto: condivisone.
Bergoglio parte dal brano evangelico in cui Gesù guarisce la suocera di Simone. La vita di Cristo, osserva il Papa, è costellata di incontri con tanti malati che come i carcerati vivono la limitazione della loro libertà. “E proprio quando ci manca, ci rendiamo conto di quanto essa sia preziosa!”, esclama il Pontefice. Gesù però dona una libertà che proviene dall’incontro con Lui, una libertà “nonostante i limiti della malattia e delle restrizioni”. Francesco chiede di non giudicare chi ha sbagliato ma di farsi prossimi: “Visitare le persone in carcere è un’opera di misericordia che soprattutto oggi assume un valore particolare per le diverse forme di giustizialismo a cui siamo sottoposti. Nessuno dunque punti il dito contro qualcuno. Tutti invece rendiamoci strumenti di misericordia, con atteggiamenti di condivisione e di rispetto”.
Certamente se uno è in carcere è perché ha sbagliato e “sta scontando la sua pena”, rileva il Papa, ma “rimane pur sempre amato da Dio”. “Chi può entrare nell’intimo della sua coscienza per capire che cosa prova? Chi può comprenderne il dolore e il rimorso?”, si chiede Jorge Mario Bergoglio le cui parole esprimono grande tenerezza:“Penso spesso ai carcerati … penso spesso, li porto nel cuore. Mi domando che cosa li ha portati a delinquere e come abbiano potuto cedere alle diverse forme di male. Eppure, insieme a questi pensieri sento che hanno tutti bisogno di vicinanza e di tenerezza, perché la misericordia di Dio compie prodigi. Quante lacrime ho visto scendere sulle guance di prigionieri che forse mai in vita loro avevano pianto; e questo solo perché si sono sentiti accolti e amati”.Un cristiano quindi è chiamato a farsi carico di chi ha sbagliato perché comprenda il male che ha compiuto. E a fare di tutto per restituirgli la dignità, considerando che la mancanza di libertà è una delle privazioni più grandi e il “degrado” per le condizioni spesso prive di umanità in cui vivono queste persone.
Gesù stesso ha fatto esperienza della prigione, catturato, trascinato come un malfattore, incoronato di spine, “Lui, il solo Innocente!”, esclama Francesco. Anche San Pietro e San Paolo sono stati in carcere. Una pagina commovente quella degli Atti degli Apostoli in cui viene raccontata la prigionia di Paolo che “si sentiva solo” perché “la grande maggioranza lo aveva lasciato solo … il grande Paolo”, nota il Papa. Il pensiero va al Giubileo dei carcerati, di domenica scorsa. Nel pomeriggio, racconta, un gruppo di carcerati è andato a trovarlo:“Mi hanno detto: ‘Andremo al carcere Mamertino per condividere l’esperienza di san Paolo’. È bello … sentire questo mi ha fatto bene. Questi carcerati volevano trovare Paolo prigioniero. È una cosa bella. A me ha fatto bene”.
Nel cuore del Papa ci sono anche gli ammalati. Per una persona malata una visita è “un’ottima medicina”, “un sorriso, una carezza, una stretta di mano sono gesti semplici, ma tanto importanti per chi si sente abbandonato a se stesso”, dice il Pontefice. Visitare gli ammalati in ospedale è dunque un’opera di volontariato impagabile e se fatto nel nome del Signore è anche “espressione eloquente ed efficace di misericordia”:“Non lasciamo sole le persone malate! Non impediamo loro di trovare sollievo, e a noi di essere arricchiti per la vicinanza a chi soffre. Gli ospedali sono vere ‘cattedrali del dolore’, dove però si rende evidente anche la forza della carità che sostiene e prova compassione”.
Queste opere di misericordia sono “antiche, eppure sempre attuali”, conclude il Papa: Gesù ha lasciato quello che stava facendo per andare a visitare la suocera di Pietro. La misericordia infatti è un atto concreto: “Tutti noi possiamo essere strumenti della misericordia di Dio e questo farà più bene a noi che agli altri perché la misericordia passa attraverso un gesto, una parola, una visita e questa misericordia è un atto per restituire gioia e dignità a chi l’ha perduta”.