Elyas ha 14 e arriva da Mahmood Raqi, in Afghanistan. Dall'età di 11 anni vive nell'orfanatrofio pubblico di Kapisa, provincia a Nordest di Kabul. «Mio padre è morto nei combattimenti», racconta. «Due anni dopo è morta anche mia madre. Ho due sorelle e un fratello. Poiché non avevamo un uomo nella nostra famiglia, dopo la morte di mio padre mio nonno si è preso cura di mia sorella e mio zio si è preso cura di mio fratello, ha preso anche me per un po' di tempo ma era un lavoratore giornaliero e aveva una famiglia numerosa, non aveva i mezzi per sostenere tutti. Io e mio fratello lavoravamo al mercato ma non bastava; quindi, mio zio non poteva più tenermi e 3 anni fa mi ha portato all'orfanotrofio, dove fortunatamente mi hanno accolto».
Si sente fortunato, Elyas, perché nell'orfanatrofio può andare a scuola e pensare alla sua istruzione, ha la possbibilità di giocare con gli altri bambini con i quali ha fatto amicizia, riceve vestiti, cancelleria e soprattutto pasti regolari, tutti i giorni. «Spero di poter restare all'orfanotrofio. Fuori di qui non potrei andare a scuola e non so se potrei avere da mangiare. Ho paura di cosa mi succederà se devo lasciare l'orfanotrofio. Il mio più grande desiderio nella vita è fare qualcosa di importante per la famiglia, poter riunire tutti i membri della mia famiglia e vivere insieme, per sempre. Anch'io ho un grande sogno: voglio essere il ministro degli Affari esteri in futuro e servire la gente del mio Paese».
Anche Sebghatullah ha un grande sogno: «Voglio diventare un buon medico in futuro, aiutare i poveri e curarli gratuitamente. Perché voglio aiutare chi non ha soldi, come me». Anche lui, quando aveva 13 anni, è stato accolto nell'orfanatrofio di Kapisa. Quando suo padre è morto, lui è sono rimasto solo con sua madre e le sue tre sorelle ed è diventato il capofamiglia in casa. «Ho lavorato sodo per portare un po' di soldi a casa e sfamare mia madre e le mie sorelle. Dopo un anno è morta anche mia madre. Mia sorella maggiore si è sposata e si è presa cura delle altre sorelle, ma non ha potuto ospitarmi». Nell'orfanatrofio Sebghatullah si trova bene, ha trovato dei buoni amici e dei bravi insegnanti che li sostengono. Gli piace giocare a calcio, ma anche studiare per realizzare i suoi progetti. «Posso rimanere qui fino all'età di 18 anni. Non ho nessun altro posto in cui vivere oltre a questo orfanatrofio».
L'orfanatrofio pubblico di Kapisa accoglie 50 bambini orfani o figli di genitori troppo poveri per poter provvedere al loro sostentamento. Questa struttura è stata chiusa dal regime dei talebani e recentemente riaperta. Per tanti bambini di strada rappresenta l'unico rifugio, un posto sicuro che li protegge, li sostiene, li salva dalla miseria e dagli abusi, garantendo loro cibo e istruzione. Il ritorno al potere dei talebani, un anno fa, ha aggravato la situazione di instabilità e povertà dell'Afghanistan. Le Nazioni unite stimano che due bambini su tre - ovvero più di 13 milioni - abbiano bisogno di aiuti umanitari.
OTB Foundation, l'organizzazione non profit del gruppo OTB (Diesel, Maison Margiela, Marni, Jil Sander, Viktor&Rolf, Amiri, Staff International, Brave Kid), attiva dal 2008, in collaborazione con l'associazione Nove Onlus e con il ministero del Lavoro e degli Sffari sociali afghano, ha scelto di sostenere l'orfanatrodio di Kapisa con un progetto che assicura ai bambini ospitati tre pasti al giorno, , forniture di materiali (vestiti, beni igienici di prima necessità) e incentivi agli operatori (che attualmente non vengono pagati dallo Stato).
Sempre in Afghanistan, OTB Foundation ha permesso l'attivazione a Kabul del progetto "Pink shuttle", il primo e unico servizio di trasporto gestito dalle donne e dedicato alle donne, per garantire loro la libera mobilità, fondamentale per l'emancipazione e l'autonomia femminile. Questo progetto è attualmente in stand-by perché la maggior parte delle donne autiste con le loro famiglie hanno lasciato il Paese dopo il ritorno dei talebani e sono state accolte in Italia.
In Italia OTB Foundation ha collaborato con le organizzazioni che hanno accolto i rifugiati afghania partire dalla fine dell'estate del 2021. L’ultimo bando della Fondazione, assegnato nel febbraio 2021, aveva premiato proprio un progetto che facilitava la domanda e offerta di lavoro per i rifugiati (afghani compresi), in colalborazione con ItaliaHello e il Joel Nafuma Refugee: Job Clinic Online ascolta i bisogni dei rifugiati e dei richiedenti asilo facilitando l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, promuovendo l’integrazione socioeconomica di migranti e stranieri tra i 18 e i 45 anni.