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martedì 26 settembre 2023
 
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«Contro odio e guerra ci vuole una amnistia del cuore»

01/02/2023  Papa Franceco celebra messa all'aeroporto di Ndolo e chiede ai cristiani di farsi portatori di pace attingendo alle sorgenti del perdono, della comunità e della missione.

È un forte richiamo al compito dei cristiani il grido di pace che papa Francesco pronuncia durante l’omelia della messa celebrata all’aeroporto di N’dolo, periferia di Kinshasa. Fa un parallelo tra gli apostoli, chiusi in casa dopo la morte di Gesù e presi da «sensi di colpa, frustrazione, tristezza, paura», e la popolazione congolese attanagliata dagli stessi sentimenti dopo anni di conflitti e violenze. Ma lo fa per ricordare la speranza cristiana che non è una vuota parola, ma una «vera pace». «Pace a voi!», ripete il Papa, è il saluto del Risorto, quella stessa pace annunciata nella notte di Betlemme. Ai cristiani, sull’esempio di Gesù, spetta portare questa pace laddove sembra che ci siano solo macerie. Ma per farlo occorre attingere a quelle che Francesco chiama «tre sorgenti di pace» e cioè il perdono, la comunità e la missione. Il perdono, possibile solo partendo dalle proprie ferite, come quelle del costato di Gesù. Ferite che, se bruciano di più quando sono toccate dalla rabbia e dall’odio, possono invece risanarsi con il balsamo della giustizia e della speranza. Gesù mostra, ai discepoli «le piaghe, le offre loro, perché il perdono nasce dalle ferite. Nasce quando le ferite subite non lasciano cicatrici d’odio, ma diventano il luogo in cui fare posto agli altri e accoglierne le debolezze. Allora le fragilità diventano opportunità e il perdono diventa la via della pace. Non si tratta di lasciarsi tutto alle spalle come se niente fosse, ma di aprire agli altri il proprio cuore con amore. Così fa Gesù: davanti alla miseria di chi lo ha rinnegato e abbandonato, mostra le ferite e apre la fonte della misericordia», ricorda il Pontefice. Con Gesù, sottolinea, «c’è sempre la possibilità di essere perdonati e ricominciare, e pure la forza di perdonare sé stessi, gli altri e la storia! Cristo questo desidera: ungerci con il suo perdono per darci la pace e il coraggio di perdonare a nostra volta, il coraggio di compiere una grande amnistia del cuore». Che questo sia il momento, auspica il Papa per te «che ti dici cristiano ma commetti violenze» di ascoltare il Signore che dice: «Deponi le armi, abbraccia la misericordia». Chiede, Francesco, di non portare il crocifisso soltanto in tasca o al collo come un amuleto ma «di prenderlo tra le mani e di portarlo vicino al cuore per condividere le vostre ferite con quelle di Gesù. Tornati a casa, prendete pure il Crocifisso che avete e abbracciatelo. Diamo a Cristo la possibilità di risanarci il cuore, gettiamo in Lui il passato, ogni paura e affanno. Che bello aprire le porte del cuore e quelle di casa alla sua pace! E perché non scrivere nelle vostre stanze, sui vostri abiti, fuori dalle vostre case, le sue parole: Pace a voi? Mostratele, saranno una profezia per il Paese, la benedizione del Signore su chi incontrate. Pace a voi: lasciamoci perdonare da Dio e perdoniamoci tra di noi!».

E poi comunità, perché non ci si salva da soli. «Gesù risorto non si rivolge ai singoli discepoli, ma li incontra insieme: parla loro al plurale e alla prima comunità consegna la sua pace. Non c’è cristianesimo senza comunità, come non c’è pace senza fraternità». Occorre seguire lo Spirito Santo, non lo spirito mondano, non cercare il successo, ma seguire il modello indicato da Gesù. Se non si fa così «si segue il proprio io anziché il vero Dio e si finisce come quei discepoli: chiusi in casa, vuoti di speranza e pieni di paura e delusione». Invece, «grazie allo Spirito Santo non guarderanno più a ciò che li divide, ma a ciò che li unisce; andranno nel mondo non più per sé stessi, ma per gli altri; non per avere visibilità, ma per dare speranza; non a guadagnare consensi, ma a spendere la vita con gioia per il Signore e per gli altri».

Il vero antidoto per non cedere alle lusinghe del potere ,del denaro, del successo, per non dividerci e mondanizzarci sono i poveri. Il Papa chiede di «avere il coraggio di guardare i poveri e ascoltarli, perché sono membri della nostra comunità e non estranei da cancellare dalla vista e dalla coscienza. Aprire il cuore agli altri, invece di chiuderlo sui propri problemi o sulle proprie vanità. Ripartiamo dai poveri e scopriremo che tutti condividiamo la povertà interiore; che tutti abbiamo bisogno dello Spirito di Dio per liberarci dallo spirito del mondo; che l’umiltà è la grandezza del cristiano e la fraternità la sua vera ricchezza. Crediamo nella comunità e, con l’aiuto di Dio, edifichiamo una Chiesa vuota di spirito mondano e piena di Spirito Santo, libera da ricchezze per sé stessi e colma di amore fraterno!».

E infine la missione, perché la pace non può essere tenuta per se stessi. Gesù è stato mandato dal Padre a tutti, «lo ha inviato per tutti: non solo per i giusti, ma per tutti. Per tutti», ripete Francesco più volte, «non solo per i nostri, non solo per i vicini, per tutti», senza «differenze etniche, regionali, sociali, religiose, culturali». Gli altri «sono fratelli e sorelle, membri della stessa comunità umana». E dunque dobbiamo credere che «noi cristiani siamo chiamati a collaborare con tutti, a spezzare il circolo della violenza, a smontare le trame dell’odio. Sì, i cristiani, mandati da Cristo, sono chiamati per definizione a essere coscienza di pace del mondo: non solo coscienze critiche, ma soprattutto testimoni di amore; non pretendenti dei propri diritti, ma di quelli del Vangelo, che sono la fraternità, l’amore e il perdono; non ricercatori dei propri interessi, ma missionari del folle amore che Dio ha per ciascun essere umano».

E quindi ripete: «Pace a voi, dice Gesù oggi a ogni famiglia, comunità, etnia, quartiere e città di questo grande Paese. Pace a voi: lasciamo che risuonino nel cuore, in silenzio, queste parole del nostro Signore. Sentiamole rivolte a noi e scegliamo di essere testimoni di perdono, protagonisti nella comunità, gente in missione di pace nel mondo».

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