Incontravo spesso don Gabriele Amorth, soprattutto da quando, su richiesta del mio Superiore generale, don Valdir José De Castro, sono stato trasferito dalla redazione milanese del settimanale Credere all’incarico di Segretario generale della Società San Paolo (i cui membri sono chiamati “Paolini”). Abitavamo, infatti, in due caseggiati vicini nel comprensorio di Via Alessandro Severo a Roma, quartiere generale della nostra comune Congregazione. Da sacerdote Paolino di fronte a lui, grande Paolino, mi sentivo ancora più immerso nella missione della nostra Congregazione: giornalisti tutti e due, devoti della Madonna entrambi, appassionati di portare conforto (lui come esorcista e io come amico di alcuni tribolati dal demonio) alle persone che soffrono di gravi mali spirituali, come la possessione e la vessazione diabolica.
Avevamo anche deciso di scrivere un libro insieme, uscito lo scorso novembre per i tipi delle Edizioni San Paolo (Saremo giudicati dall’amore), che costituiva una sintesi ampliata dei nostri lunghi incontri in cui stendevamo le puntate della rubrica "Dialoghi sull’aldilà", apparsa per due anni su Credere. Ma avevamo anche qualcosa di più “laico” in comune, avendo lui scelto di entrare in Congregazione dopo gli studi in Giurisprudenza, esattamente come me. Avvocato lui, avvocato io. Era poi stato grande amico di un mio cugino, anch’egli Paolino, don Franco Testi, figlio della Venerabile Mamma Nina e nipote, come mia madre, di don Zeno Saltini, fondatore di Nomadelfia. Il desiderio di santità che ci trasmettevano queste nostre conoscenze comuni caratterizzava quei nostri veloci ma frequenti incontri.
Sentivo che giocavo in casa con lui. Era sempre disponibile a ricevermi negli orari in cui poteva farlo, ma mai durante la preghiera, che non rimandava per nessun motivo. Andavo da lui per arricchirmi spiritualmente, per esporre dubbi e anche per confessarmi. Ammiravo in lui quella determinazione nel difendere le sue tesi, argomentandole come un avvocato nel foro. Era un uomo misericordioso, che ben conosceva le debolezze dell’animo umano e le nefandezze al cui porta il mondo dell’occulto ma che aveva sempre una parola buona per tutti, utile per sdrammatizzare ogni situazione. Mi rimarrà il ricordo tenero di un padre nella fede, manifestazione visibile di quel Dio di misericordia, che ora lui ha incontrato nell’eternità del cielo per goderne per sempre la compagnia. E per intercedere per tutti noi, ancora impegnati nel pellegrinaggio terreno sulla terra.