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mercoledì 18 settembre 2024
 
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Padre Bortolaso: "Le potenze rovinano il Medio Oriente"

29/09/2015  Il vicario apostolico emerito dei Latini di Siria analizza la situazione. A partire dal ruolo centrale della questione tra Israele e palestinesi.

Padre Armando Bortolaso è vicario apostolico emerito dei Latini di Siria (foto Romina Gobbo).
Padre Armando Bortolaso è vicario apostolico emerito dei Latini di Siria (foto Romina Gobbo).

«Non ci potrà essere pace nel Medio Oriente, se prima non ci sarà la pace tra Israele e Palestina. Una volta che si sarà realizzata la convivenza pacifica tra questi due popoli, tutto il resto potrà essere risolto». Il salesiano padre Armando Bortolaso, vicario apostolico emerito dei Latini di Siria, oggi residente in Libano, non ha dubbi. La sua tesi è forte di un’esperienza di quasi settant’anni in quelle terre, testimone diretto di tutte le vicende più significative; prima in Israele, poi in Siria, oggi in Libano. «Papa Francesco che, dopo il pellegrinaggio in Terra Santa, del maggio 2014, ha voluto l'allora presidente israeliano Simon Peres e il presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese, Abu Mazen, in Vaticano, a pregare insieme per la pace, ne è perfettamente consapevole. La convivenza fraterna in uno stesso territorio di comunità diverse per religione, etnia, ecc. è possibile, è confermata dalla storia. Per quanto riguarda il problema israelo-palestinese: la maggioranza della gente - israeliani e palestinesi - vuole la pace. Sono purtroppo quelli che detengono il potere che non hanno la volontà politica di risolvere il problema. Quello che oggi accade in Medio Oriente è conseguenza della mai risolta questione israelo-palestinese. Questa visione delle cose richiede naturalmente delle precisazioni, dei distinguo, delle sfumature».

- Perché manca questa volontà?

«Perché le grandi potenze mirano all'espansione, invece che alla pace. Ma l’espansione porta a risposte negative, allo scontro, alla guerra, alla resistenza, alla vendetta, porta a tutti i mali. Non si è voluto sciogliere il nodo israelo-palestinese, si sono perseguite altre strade, tutte sbagliate. Il terrorismo, le guerre, le violenze, i tentativi di destabilizzazione dei Paesi arabi sotto la copertura della primavera araba, le complicità, l’Isis, e tutti gli altri interventi, chiamiamoli “crociati”, nel senso di occidentali, sono stati disastrosi e destabilizzanti. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Non si è risolto nulla. Certa politica occidentale - quella delle grandi potenze, ma anche delle potenze più piccole che seguono supinamente le grandi -, non risolverà i problemi del Medio Oriente, anzi, li complicherà. E oggi siamo in un momento sempre più critico, se non addirittura tragico. Bisogna cambiare strada».

 

- Pensa che si sia guardato più all'economia che all'uomo?

«Gli interessi economici sono concomitanti, si mescolano con altri aspetti di una certa ideologia politica. Poi, gli interessi economici, la vendita di armi, il petrolio, sono tutti aspetti che hanno complicato e avvelenato l'intera vicenda. La forza militare ed economica non porta alla pace, bensì ad una nemesi storica, alla risposta negativa di chi è vittima di tale politica».

 

- La via da perseguire è quella del dialogo?

«Del dialogo e della vera volontà politica di risolvere il problema centrale, ovvero il problema palestinese. I profughi palestinesi da più di sessant'anni - dalla guerra arabo-israeliana del '48 - sono nei campi, in Cisgiordania, Libano, Siria, Giordania ed Egitto. Questo problema, dopo tanti anni, non è stato risolto. Perché - ancora una volta - non si vuole arrivare alla pace. Di questo non si parla più, tanto c'è l'Urwa (Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l'Occupazione), che dà da mangiare. Ma questi campi sono sempre focolai di rivolta. Qualcuno potrebbe chiedersi: “Dove  mettiamo tutta questa gente?” Ormai sono milioni, alla terza, quarta generazione. C'è chi suggerisce di mandar via i cristiani per mettere i palestinesi al loro posto. Ma non è la soluzione buona, perché i cristiani vivono qui da quasi 2000 anni, insieme con le altre componenti religiose. La politica attuale, perversa, vorrebbe svuotare il Medio Oriente dalla presenza dei cristiani, e lo fa con tutti i mezzi possibili, ma questa è una cosa terribile, che nuoce all'equilibrio culturale. Tanti musulmani vogliono i cristiani. Ad Aleppo, dove ho vissuto per tanti anni, avevo molti amici tra cui il muftì, che volevano i cristiani. “Che cosa sarebbe il Medio Oriente senza i cristiani?”, mi dicevano. Ormai solo le Nazioni Unite possono risolvere il conflitto israelo-palestinese. Le due parti non sono più nella situazione di fare la pace da sole. La comunità internazionale ha creato artificialmente questo problema, solo lei può risolverlo».

 

- Come si pone la Siria nel disegno mediorientale?

«La Siria, come Stato siriano, ha il difetto, oppure il peccato originale, di confinare con Israele a sud-ovest, dove si trova il Golan. Nelle carte geografiche ufficiali della Siria, le alture del Golan sono siriane (considerate tali anche dalle Nazioni Unite) ma, dal 1967, sono parzialmente occupate da Israele. A nord-ovest, al confine con la Turchia, c'è la regione siriana di Antiochia e Alessandretta, che dall'inizio della seconda guerra mondiale, fa parte della Turchia, perché la Francia, concluso il suo Protettorato e dovendo lasciare indipendenti Libano e Siria, ha regalato questo territorio alla Turchia, ma questo non è riconosciuto dal presidente siriano Bashar al-Assad. Per questo la Turchia vuole abbattere questo regime. Isis è stato creato, come tanti altri gruppi di mercenari, radunati da tutti i Paesi del mondo, anche da certe potenze occidentali, per rovesciare il governo di Assad, che è un governo non democratico, ma laico. In Siria, e un tempo anche in Iraq, c'è un regime laico. Questi due Paesi erano - la Siria lo è ancora - gli unici Paesi arabi laici, per cui, di fatto, sono i Paesi più avanzati dell'Islam. Là dove c'è laicità, cristiani e musulmani sono eguali. Proprio questi due Paesi, che erano arrivati ad un livello di modernità superiore a tutti gli altri, si cerca di distruggerli, indebolirli, spezzettarli, fino ad annientarli, come è avvenuto in Libia, sempre da parte delle potenze occidentali, tra ambiguità e connivenze di ogni specie. L'Occidente ha grandi responsabilità anche sulla tragica situazione degli emigranti che stiamo vivendo. Solo cambiando politica, si potrà sperare ancora nella pace in Medio Oriente, prima che sia troppo tardi».

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