Il missionario del PIME padre Gianni Criveller
Le ultime notizie che arrivano da Hong Kong parlano della condanna del magnate cattolico dei media Jimmy Lai e di altri due esponenti del movimento pro-democrazia per accuse legate alla veglia in ricordo del massacro di Piazza Tiananmen dello scorso anno. Jimmy Lai, che ha 74 anni, proprietario dell'ormai chiuso quotidiano Apple Daily, è stato condannato per assembramento illegale e con lui anche l'ex giornalista Gwyneth Ho e l'avvocato per i diritti umani Chow Hang-tung. Sabato scorso, nella cattedrale dell’Immacolata Concezione, è stato ordinato vescovo il padre gesuita Stephen Chow Sau Yan (nella foto in alto) scelto dal Papa per guidare la diocesi cinese con il maggior numero di fedeli al mondo, tornata ad avere finalmente il suo vescovo ordinario, a quasi tre anni dalla morte di mons. Michael Yeung Ming Cheung avvenuta il 3 gennaio 2019. La scelta di un candidato idoneo non è stata facile, anzi travagliata, dati anche gli avvenimenti sociali e politici che hanno sconvolto la metropoli asiatica. Per questo, in contemporanea con l’ordinazione episcopale, è stata organizzata la “Grande preghiera per Hong Kong”, che si è svolta nel Duomo di Monza ed è stata promossa dal Seminario missionario teologico internazionale del Pime di Monza di cui è preside padre Gianni Criveller che ha vissuto a Hong Kong per ventisei anni e conosce molto bene quella realtà.
Perché avete voluto organizzare questa veglia di preghiera in concomitanza con la consacrazione episcopale del nuovo vescovo?
«Il rettore del seminario ed io, il preside agli studi, siamo missionari a Hong Kong, e comprendiamo bene la gravità di questo passaggio storico. Avremmo voluto andarci di persona, ma le severe norme di quarantena ancora in vigore a Hong Kong ce l’hanno impedito. Noi missionari del Pime amiamo molto Hong Kong, una delle nostre più antiche e prestigiose missioni, iniziata nel 1858. I missionari del Pime sono ancora lì per testimoniare il Vangelo. Abbiamo voluto portare idealmente i sessanta studenti del seminario internazionale di Monza, i nostri amici e i fedeli del territorio dentro la Cattedrale di Hong Kong. Le immagini dell’ordinazione proiettate sul grande schermo all’interno del meraviglioso Duomo di Monza ci hanno fatto sentire, in modo davvero suggestivo ed efficace, in comunione con comunità cattolica di Hong Kong riunita attorno al suo nuovo vescovo. Noi crediamo nella forza della preghiera e nella comunione di coloro che affidano la propria vita non a calcoli umani ma al Signore Gesù».
Com'è adesso la situazione in quella regione dove molte libertà sono state limitate?
«Hong Kong è una Regione della Cina amministrata da uno Statuto speciale. Secondo gli accordi e le promesse del 1997, l’anno del ritorno alla Cina, Hong Kong avrebbe goduto di cinquant’anni di “alto grado di autonomia”, e avrebbe potuto avviarsi verso una piena democratizzazione. E la comunità civile di Hong Kong, tra le più consapevoli dell’Asia, era preparata per la piena libertà e democrazia. La legge sulla sicurezza nazionale introdotta il 1° luglio 2020 ha spezzato questo processo dopo solo ventitré anni, e ha gettato la città nella depressione, nella tristezza e nella sfiducia. Più di diecimila persone sono state arrestate, più di mille sono ancora in carcere per reati di opinione. I giovani sono i più colpiti: le loro speranze sono state spezzate, e molti di loro soffrono conseguenze gravissime, anche sul piano psicologico. C’è molta autocensura, ansia per il futuro e molti lasciano la città per sottrarre i figli ad un sistema governato con l’oppressione politica».
Che lavoro attende il nuovo vescovo?
«L’immagine migliore, secondo me, per descrivere il vescovo è quella del “buon pastore”. Come Gesù, il buon pastore giuda il popolo in unità, riunendo le pecore disperse. Il primo compito del vescovo Stefano è ricostruire l’unità in una comunità divisa dal dramma politico in corso. Il pastore non fugge di fronte ai pericoli e dà la sua vita per la gente. Dare la vita non vuol dire solo morire – anche questo, certo, se la violenza si abbatte sulla comunità – ma significa dedicarsi esclusivamente al bene del popolo, senza alcun calcolo umano per i propri interessi e la propria carriera. Magari la chiesa avesse tanti vescovi così! Io ho fiducia che monsignor Stephen Chow Sau Yan sarà un vescovo che guida la comunità imitando Gesù pastore, sacerdote e profeta. Essere profetico non vuol dire fare politica, vuol dire non stare zitto di fronte all’ingiustizia e all’oppressione».
Lei ritiene che il mondo cattolico si sia un po’ dimenticato di Hong Kong?
«Proprio mentre questa regione vive la fase più drammatica della propria storia è quasi sparita dai radar delle attenzioni internazionali e in qualche caso anche di quelle ecclesiali. Sinceramente non riesco a farmene una ragione. Dopo Hong Kong la tragedia si è abbattuta sul Myanmar. Questo nostro tempo non ama la libertà e la democrazia, è conquistato con scellerata fascinazione dai dittatori. Noi di certo non ci siamo dimenticati di Hong Kong. Neanche un giorno. Abbiamo fatto di tutto per onorare la testimonianza dei numerosi leader cattolici, uomini e donne di straordinario valore morale civile, che sono stati condannati al carcere. Come Lee Cheuk-yan, che il 17 novembre scorso ha scritto dalla prigione una “lettera ai giudici” che è un testamento politico, morale e religioso di straordinaria nobiltà. Sia chiaro: sono stati condannati non in quanto cristiani ma in quanto democratici. Ma sono democratici, e amano la libertà, perché sono cristiani. Nelle nostre parrocchie, scuole e associazioni hanno imparato che i credenti in Gesù non pensano a se stessi ma si impegnano per il bene comune. Io continuo a ribadire che la libertà è un bene evangelico fondamentale, e l’autore della nostra libertà è Gesù. Non si vive senza libertà. Mi fa piacere che papa Francesco, ad Atene, ha ribadito che anche la democrazia è un grande valore per il nostro tempo e per le nostre nazioni».