È passato un anno dall’omicidio del primo prete ucciso da un jihadista in Europa nel XXI secolo. Il 26 luglio 2016, in una chiesa semivuota e periferica della Normandia, veniva sgozzato a 85 anni padre Jacques Hamel.
Come ogni mattina si era alzato alle 7 e aveva cominciato la giornata con una preghiera a san Michele arcangelo. Recita il breviario, esce a comprare il pane e fa colazione col caffè e uno sfilatino. Non passerà da solo le prossime giornate, perché sua sorella Roselyne è arrivata dal nord-est della Francia con le figlie e due nipotine. Racconta: «Dovevamo restare con lui durante la settimana per far le pulizie della canonica, poi ad agosto saremmo andati in vacanza insieme». Quella mattina Roselyne è contenta perché il fratello ha un bell’aspetto con la sua camicia estiva. Essendo parrucchiera, nota subito che «si era tagliato i capelli, che abitualmente trascurava».
Dopo l’omicidio la sua foto sarà dappertutto: sulla stampa francese e internazionale, al telegiornale e sul web. Addirittura sulla copertina di Paris Match! In realtà era forse il sacerdote più umile della diocesi di Rouen. Il primo ricordo che Roselyne, di dieci anni più piccola, conserva di lui è di quando andava a trovarlo insieme alla mamma durante la ricreazione della scuola: «Me lo ricordo, tutto bianco con il suo grembiule nero. Mentre gli altri bambini giocavano e urlavano, lui se ne stava in disparte e osservava. Mi sembrava una pecora in mezzo ai lupi». Aveva il permesso di assentarsi dalle lezioni per fare il chierichetto ai funerali: «Il prete veniva a prenderlo e Jacques lo accompagnava».
Sul numero 31 di Credere, in edicola da giovedì 27 luglio, è possibile leggere l'intervista integrale a Roselyne Hamel.