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venerdì 23 maggio 2025
 
 

Padre la Manna: l'Europa intervenga

07/10/2013  Padre La Manna, presidente del Centro Astalli: l'Italia da sola non può farcela, ma aboliamo il reato di clandestinità e cambiamo le politiche di immigrazione con il coordinamento di Bruxelles. Mercoledì Barroso a Lampedusa e presto la riunione dei ministri degli Interni dell'Ue. Cambierà davvero qualcosa?

«Gli accordi sui respingimenti condannano le nostre coscienze, la responsabilità di queste morti ricade su tutti i governanti europei». Padre Giovanni La Manna è presidente del Centro Astalli, la rete dei gesuiti italiani che si occupa di accogliere e difendere i diritti dei rifugiati. E' molto chiaro nell’individuare colpe e soluzioni per quanto sta accadendo in queste ore a Lampedusa, ma che non è una novità, bensì un nuovo capitolo di una tragedia che anno dopo anno continua a tormentare il Mediterraneo e le coste siciliane.  

- Chi deve assumersi la responsabilità per quanto è accaduto sulle cose di Lampedusa?
«Tutti i capi di governo dell’Unione europea. Non si può assistere indifferenti a queste morti, tutti danno diritto di asilo politico, ma nessuno si preoccupa di come i rifugiati arrivano sulle nostre coste. Se si ha la fortuna di arrivare vivi, allora si può chiedere asilo politico, ma quanti muoiono prima, in mare? Adesso c’è qualche parola di cordoglio, una risposta di facciata sotto l’effetto emotivo del momento, poi si finisce di nuovo nel silenzio. Di queste esperienze ne abbiamo vissute troppe. Basta!».

- Il sindaco di Lampedusa ha invitato il premier Letta ad andare sull’isola “a contare i morti”. C’è troppa indifferenza nella classe politica?
«Se vuole andare a Lampedusa per dire una preghiera per quelle povere vittime o per solidarietà, ben venga. Ma basterebbe che il presidente del Consiglio andasse a giro per Roma per incontrare tante persone che sono sbarcate a Lampedusa, primo approdo per chi arriva sui barconi della speranza, per poi spostarsi a Roma e in altre città. Vada a Lampedusa e dica cosa ha intenzione di fare, vada in Europa e chieda di intervenire subito per attivare canali umanitari sicuri. Altrimenti tutte le parole di questi giorni restano vuote, perché dopo il cordoglio, quando questi corpi saranno sepolti, tutti se ne dimenticheranno».  

- In queste ore c’è chi parla di riprendere le trattative con i Paesi del Mediterraneo. È una soluzione?
«No. Nessun governo, di destra o di sinistra, ha mai detto quanti soldi sono stati dati alla Libia o ad altri Paesi per non far partire i migranti, che pagano 1.400 dollari per una traversata da Tripoli. Ma là, ci raccontano le donne che arrivano, per fare una doccia senza essere violentate devono andare in bagno tre alla volta. Questa è la realtà, dal momento che non riusciamo a portare la pace là dove c’è la guerra, anzi dove siamo intervenuti abbiamo fatto più danno che altro. Dobbiamo pretendere dall’Europa l’attivazione di canali sicuri, dobbiamo prevenire queste tragedie con l’aiuto dell’Onu e di Frontex, che ha i mezzi per intervenire».
 - È necessario rivedere anche le leggi italiane?
«Certo. Molti si buttano in mare prima di arrivare alle nostre coste perché hanno paura di trovare in Paese inospitale. Se un peschereccio siciliano salva una di queste persone in mare passa dei guai, perché rientra in porto con un clandestino a bordo. Non sono leggi degne di un paese civile».  

- Sul territorio come reagiscono le persone?
«Con tanta solidarietà e accoglienza. Per fortuna le persone, gli italiani in generale, sono solidali, anche se queste mani tese non fanno notizia come le parole di qualcuno che, in queste ore, farebbe meglio a tacere».  

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Un anno fa la tragedia di Lampedusa
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