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domenica 08 settembre 2024
 
L'odissea dei rifugiati
 

Padre Ripamonti: "Apriamo le porte a chi chiede asilo"

04/01/2015  «L’Europa deve creare modi nuovi per tutelare chi fugge da persecuzioni e guerre», dice il presidente del Centro Astalli dei Gesuiti. È come se un Paese grande quasi come l’Italia oggi fosse costretto alla fuga: sono oltre 50 milioni di persone.

Padre Camillo Ripamonti, 44 anni, è il presidente dell’Associazione Centro Astalli, sede italiana del Servizio dei Gesuiti per i rifugiati.
Padre Camillo Ripamonti, 44 anni, è il presidente dell’Associazione Centro Astalli, sede italiana del Servizio dei Gesuiti per i rifugiati.

È come se un Paese grande quasi come l’Italia oggi fosse costretto alla fuga. Oltre 50 milioni di persone nel 2014 dice l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati: è questa la dimensione del fenomeno a livello mondiale. Un flusso in aumento, perché i conflitti esistenti non accennano a diminuire, pensiamo alla Siria, e altri si aggiungono, come le crisi in Iraq, in Pakistan, in Ucraina.

Solo una piccola parte di questo fenomeno – intorno all’1% – interessa l’Europa, eppure più e più volte nel corso dell’anno appena trascorso è stata descritta come un’invasione. L’Europa, che esce dalle elezioni dello scorso aprile con importanti rigurgiti nazionalisti, sembra preoccupata solo di difendere le proprie frontiere. In un momento in cui il grido delle vittime innocenti di crisi umanitarie gravissime si leva sempre più forte non lontano dai nostri confini, la risposta del nostro continente ci appare più che mai esitante e contraddittoria.  

Dopo un anno in cui l’Italia si è  adoperata per salvare migliaia di vite umane nel Mediterraneo, l’operazione Mare Nostrum è stata interrotta. L’operazione Triton che è subentrata ha un raggio di azione molto più ridotto e il suo obiettivo primario è quello di controllare le frontiere esterne dell’Unione. Ancora una volta, gli interessi economici sembrano prevalere su tutto e i diritti e la vita stessa delle persone sono di fatto messi in secondo piano. Eppure, ce lo ha ricordato papa Francesco nella sua visita a Strasburgo lo scorso novembre, il fenomeno migratorio, specialmente quando si tratta di esodi forzati, non può che avere una dimensione europea. Non dobbiamo accettare che il Mediterraneo continui a essere un cimitero.

L’Europa, culla delle libertà civili e Nobel per la pace, deve creare modalità
nuove per tutelare chi fugge da guerre e persecuzioni. Soprattutto in un momento difficile come questo, l’Europa unita è chiamata a tenere fede ai suoi valori fondanti e aprire le porte a chi cerca asilo, considerando la concretezza delle situazioni e in particolare la difficoltà di chi si trova in zone di tensione e di conflitto e non ha accesso effettivo alla protezione internazionale.  Ogni giorno, al Centro Astalli, i rifugiati ci raccontano di viaggi pieni di pericoli per giungere in Italia. Rischiano la vita per esercitare il diritto a una vita degna e libera in contesti di pace e di democrazia.

È necessario intensificare gli sforzi, sul piano operativo ma anche normativo, per consentire ai rifugiati di arrivare in sicurezza, fermando le stragi alle frontiere e ponendo fine alla piaga del traffico di esseri umani

Le ultime settimane del 2014 hanno evidenziato a livello nazionale anche le fatiche dell’accoglienza e casi di vero e proprio malaffare nella sua gestione. Le periferie delle nostre città trascurate, non preparate, non accompagnate si sono trasformate da periferie geografiche a periferie esistenziali, dove rischiano di essere concentrati i problemi che si vogliono allontanare dai centri urbani. 

Bisogna ripensare un’accoglienza che coinvolga le città nel loro insieme e trovare il coraggio di sperimentare forme nuove di convivenza e dialogo. Sono convinto che in questo momento storico alla società civile sia offerta un’occasione: non solo continuare quello che da tanti anni si fa con competenza e professionalità, ma ripensarsi con creatività come comunità solidale di cittadini responsabili, per dare un segno concreto di speranza a questo nostro mondo. Chi scappa dalle persecuzioni a causa delle proprie idee, della propria confessione religiosa, della propria etnia, del proprio orientamento sessuale può aiutare tutti noi a riscoprire il fondamento del vivere civile, fatto di libertà e solidarietà.

padre Camillo Ripamonti
 

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