Strasburgo - Se una banca è in perdita i primi a pagare devono essere quelli che quando la banca è in attivo guadagnano. Significa azionisti e possessori di obbligazioni. E' il principio stabilito dal Parlamento Europeo, in questa sessione di aprile che è l'ultima della legislatura prima del voto di maggio. Con il regolamento appena approvato sulle situazioni di crisi finanziarie, si chiude una partita giocata con il Consiglio, cioè con i capi di Stato e di governo, e si segna un passo in avanti fondamentale verso l'Unione bancaria.
Strano a dirsi ma il principio è rivoluzionario perché finora perdite e fallimenti delle banche sono stati pagati dai contribuenti. Con termine tecnico si chiama “risoluzione”, cioè salvataggio o ristrutturazione. In sostanza qualcosa che finora è stato sovvenzionato con i soldi dei cittadini tassati dai Governi che non potevano lasciar fallire gli istituti di credito nazionali. Dopo crisi di liquidità dovute troppo spesso a azzardi e a quella che con termine letterario abbiamo definito “finanza creativa”, le banche in definitiva hanno chiesto aiuto ai cittadini. E' proprio quello che non potrà più accadere.
A gestire i salvataggi delle banche sarà un organismo sovranazionale, il Single Supervisory Mechanism, che sarà operativo da novembre prossimo. L'autorità superiore europea deciderà come ristrutturare una banca in difficoltà: adeguati supervisori dovranno dare un voto ai programmi proposti. Il punto sarà anche autorizzare o meno il ricorso al fondo apposito. Ci sarà infatti un fondo ma il punto è che dovrà essere costituito dai 130 maggiori gruppi bancari europei, in previsione di tempi peggiori. La cifra è definita: esattamente 55 miliardi di euro. Non si pretende che ci siano subito ma a ben guardare le tappe sono fissate nero su bianco e abbastanza serrate: entro tre anni dovrà essere disponibile il 70% della cifra, che dovrà essere completata entro il 2023.
E qui l'Europarlamento l'ha spuntata sui capi di Stato e di governo che avrebbero voluto la più vaga indicazione di una disponibilità entro il 2025. Ma a proposito di tappe, va detto che da novembre 2014, diventando operativo il sistema di vigilanza unica, partirà un'operazione di revisione bilanci da parte di supervisori della Banca centrale europea che interesserà direttamente 128 banche e che si espanderà poi a 6000 già in elenco. Insomma, banche sotto esame.
In tutto questo c'è un auspicio fondamentale: tagliare il legame perverso tra i crack bancari e il debito dei singoli Stati nazionali. Non sarà più l'indebitamento pubblico a salvare i bancari. Detto tutto questo, l'obiettivo finale è avere un sistema creditizio più solido e meno truffe nazionali. Forse ci lasceremo alle spalle le speculazioni che in Europa hanno più o meno copiato dagli Stati Uniti il sistema dei mutui cosiddetti subprime, praticamente scatole cinesi che tutelavano solo gli istituti che li emettevano, o le bolle finanziarie di altro tipo non denunciate dalle banche centrali nazionali. Tutte situazioni che hanno concorso a dare il via circa sei anni fa alla valanga della crisi finanziaria e economica da cui i cittadini europei devono ancora davvero riprendersi. C'è voluto tempo ma l'Europa comincia a dare segnali concreti.
Certamente il Parlamento europeo, unica delle istituzioni che direttamente rappresenta i cittadini, ha avuto un ruolo fondamentale nel mettere sotto accusa le banche. A questo regolamento si è giunti dopo tante risoluzioni sul tema. Ma si tratta di un processo appena avviato. Bisognerà vigilare e per farlo non sembra possano essere di aiuto parlamentari euroscettici. Nell'avvicinarsi del voto per il rinnovo dell'Assemblea di Strasburgo, che in Italia si svolgerà il 25 maggio, con il moltiplicarsi dei sondaggi proprio sul voto degli euroscettici, dovrebbe aumentare invece la discussione sui temi concreti, come questi, per i quali avremmo bisogno di più Europa e non di meno Europa per tenere a bada poteri forti come quello finanzario.