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giovedì 07 novembre 2024
 
 

Un dono di pagine solidali

27/11/2012  Tre volumi, tre modi differenti di mettersi al servizio degli altri: Medici senza frontiere, Mediafriends e Fondazione Sodalitas

Lettere scritte con il cuore in mano, forti del carico emotivo che esperienze intense di cooperazione come quelle di "Medici senza frontiere" portano necessariamente con sè. Lettere pensate, scritte di getto, dettagliate, imprecise,  efficaci, sorprese, divertite. Lettere di chi, nel segno del titolo del libro che oggi le contiene "Noi nonrestiamo a guardare", ha preso in mano la propria vita dedicandosi agli altri sfuggendo da qualsiasi odiosa etichetta di "eroe dei giorni nostri". Quello che ne esce è un affresco di 40 operatori umanitari di "Medici senza frontiere", della loro quotidianità raccontata senza filtri dai luoghi più dimenticati del pianeta attraverso flash che sono l'espressione di sentimenti autentici a cui appartengono la paura, i dubbi, le fragilità. Professionisti che, messi di fronte alla meraviglia di una nascita o all'orrore di una guerra, si scoprono essere, innanzitutto, soprattutto, uomini e donne: ciascuno con la propria storia alle spalle, ciascuno con un genitore, un figlio, un amico con cui avere il desiderio di condividere la gioia di avere trovato nella dimensione di cooperanti il senso della propria esistenza. Introducono il libro, dopo la prefazione di Dacia Maraini, le riflessioni di alcuni scrittori e giornalisti quali Daria Bignardi, Silvia Di Natale, Andrej Longo, Antonio Pascale, Renata Pisu, Antonio Scurati, ispirate dall'incontro con quei medici, quegli infermieri, quei chirurghi impegnati in prima linea e che costituiscono l'anima stessa di "Medici senza frontiere". Per sostenere i progetti della ong e, insieme, godersi una lettura piacevole e istruttiva, il libro "Noi non restiamo a guardare" edito da Feltrinelli e già disponibile in libreria non delude le aspettative. Di seguito, grazie all'autorizzazione degli autori e dell'ufficio stampa della ong, pubblichiamo una delle lettere contenute nel libro.

Burundi

Annamaria Ronca 
amministrazione e finanza 

«Ciao mamma, ti scrivo questa mail dal mio piccolo ufficio di Kabezi. Oggi è una giornata speciale e voglio condividerla con te. Questa mattina ho assistito a un vero miracolo, il miracolo della vita. Avevo chiesto da tempo di assistere a un parto e un paio d’ore fa, inaspettatamente, sono stata chiamata di corsa. Il bambino era sul punto di nascere e ho corso quei pochi metri che mi separano dall’ospedale, ho tolto le scarpe e indossato il camice e sono stata a guardare. Ho assistito all’intero parto, al terrore della madre e alla sua calma. Appena la donna ha visto il suo bambino, è stato come se in un attimo avesse dimenticato l’immenso dolore e la paura che evidentemente provava qualche secondo prima; il volto le si è illuminato di immenso in una scena che qualunque artista avrebbe cercato di immortalare. La sutura me la sono risparmiata, l’emozione era già troppa, ho continuato a piangere fino al mio ufficio e mi sono resa conto della bellezza e della forza delle donne. Portarsi la vita dentro e poi darla alla luce. Siamo creature meravigliose. E mi sono anche resa conto della bellezza del mio lavoro, del nostro lavoro in MSF. Ricordi che ti dicevo che non vedevo l’utilità del mio ruolo? Be’, oggi l’ho vista, per la prima volta dal mio arrivo in Burundi. Sono l’amministratrice di questo ospedale, gestisco le risorse umane e contribuisco a far nascere una vita. Sì, le mie scartoffie aiutano lo staff medico, e quello non sanitario, a lavorare bene per aiutare queste donne a partorire i loro bambini, a far venire al mondo queste piccole creature che saranno il futuro di questo paese. E ne sono orgogliosa. Mamma, ora capisco come ti sei sentita a lasciarmi partire, capisco che non deve essere stato facile, ma spero tu sia fiera di me. Ti abbraccio forte e dai un bacio da parte mia ai maschi di casa»

È attesa per il 9 dicembre l'uscita in libreria de "Le storie del sorriso": un volume, quattro racconti, tante illustrazioni per dare forma alle vicende umane di ragazzi che, costretti a confrontarsi con le difficoltà della vita fin da piccoli e a misurarsi con un mondo che non è pensato a loro misura, maturano ugualmente dentro di loro la forza di lottare per coronare i propri sogni vivendo a fondo ogni emozione. Promossa da Mediafriends (la onlus del guppo Mediaset, Mondadori e Medusa) e giunta alla sesta edizione, questa iniziativa di solidarietà nasce dal desiderio di incrociare le esperienze e i punti di vista delle associazioni che con i ragazzi lavorano ogni giorno, accogliendone i disagi e sostenendone la crescita: L'amico di Charly onlus, Lipu onlus - Lega italiana protezioneuccelli, Enzo B e Associazione Mediafriends onlus sono le realtà che si sono schierate in prima fila per dare il loro contributo a un progetto più ampio come quello a sostegno del Comitato orchestre e cori giovanili e infantili a cui quest'anno saranno devoluti i proventi della vendita del libro. L'obiettivo di questa onlus è diffondere gratuitamente in Italia la cultura del canto e della musica come momento di divertimento condiviso: sulla scorta della fortunata esperienza di "El Sistema" in Venezuela dove oggi 250mila bambini e ragazzi sono impegnati in 140 orchestre giovanili e 125 infantili a cui si aggiungono 300mila coristi e giovani del progetto speciale per disabili, il maestro Claudio Abbado ha voluto replicare e adattare quella metodologia di approccio alle specifiche esigenze del nostro Paese. È così che nel giro di pochi mesi (il Comitato è nato nel 2011) sono nati 30 nuclei in luoghi in cui il disagio giovanile e l'emarginazione sono più evidenti: dal quartiere Scampia di Napoli alle periferie di Bari fino alla Reggio Emilia colpita dal terremoto e privata di molti luoghi di aggregazione per i più piccoli.

"Essere felici a scuola" non è soltanto l'auspicio di genitori e figli, insegnanti e presidi, ma anche il titolo di un volume che è la sintesi di tre anni di lavoro del Progetto prevenzione bullismo, promosso da Fondazione Sodalitas insieme con Ismo e Comunità nuova. La felicità di andare a scuola, vivendola con la serenità dovuta, non è solo un problema dei ragazzi: anzi, il fatto che lo sia diventato, è proprio il segnale inequivocabile di ciò che non ha funzionato nel mondo dell'istruzione italiana di questi ultimi anni. Alla proposta hanno aderito 181 insegnanti lombardi che hanno avuto l'occasione di seguire workshop di formazione mirati, attuando un lavoro su se stessi così da migliorare le capacità di relazione con gli studenti e cogliere i segnali che anticipano o manifestano fenomeni di disagio. Il libro contiene i risultati di oltre 60 progetti per un totale di 25mila ragazzi interessati e, come spiega Ugo Castellano di Fondazione Sodalitas, «Uno degli aspetti innovativi che ha contribuito al successo di questo progetto è stato di non lasciare soli gli insegnanti al termine del laboratorio. Lì era stato piantato il seme per realizzare un intervento nella loro scuola, ma era importante che, una volta rientrati nella realtà da cui erano partiti, non fossero animati soltanto dall’entusiasmo e dalla motivazione che si era venuta a creare o rinforzare durante il laboratorio. Perciò abbiamo pensato che gli insegnanti dovessero essere accompagnati per sei mesi al fine di aiutarli a progettare interventi specifici, disegnati e modellati sulle esigenze della loro diverse realtà scolastiche. Gli insegnanti venivano sostenuti attraverso un percorso di “tutoraggio”, una vera e propria supervisione, al fine di aiutarli a realizzare interventi diretti e specifici. È stato come mettere a loro disposizione una “cassetta degli attrezzi” per essere immediatamente in grado di attivare i progetti più adatti alla loro realtà. Ma la cosa che soprattutto ci ha lasciato molto soddisfatti è che man mano che il progetto andava avanti si è diffusa nell’ambito delle scuole della Lombardia la notizia di questa iniziativa. E siamo stati contattati da insegnanti e da scuole che venivano a sapere di questo nostro progetto e, spontaneamente, ci chiedevano di fare parte dei laboratori (del tutto gratuiti, come i sei mesi di supervisione). Si è creato una specie di passaparola, che ha allargato il perimetro territoriale iniziale del progetto, dal Comune di Milano a 7 province lombarde e una piemontese. In tutti i casi in cui abbiamo avuto modo di avere dei feed-back diretti dei partecipanti sia ai laboratori esperienziali sia ai percorsi di tutoraggio sia poi infine alla messa in opera dei progetti, i commenti sono stati molto positivi, con un riscontro molto soddisfacente e condiviso del successo dell’iniziativa». 

E ancora, don Gino Rigoldi per Comunità nuova: «Gli adulti hanno bisogno di convertirsi alla relazione. Convertirsi alla relazione vuole dire convertirsi intanto all’umanità: è una specie di fede, la premessa della relazione. E poi, cominciare a darsi gli strumenti per parlarsi, per capirsi, per guardarsi, anche per comprendere il perché dello sguardo sorridente o corrucciato, del gesto di violenza oppure dei salti di gioia delle persone. Perché la relazione non è soltanto “noi due ci parliamo” ma è anche “noi due cerchiamo di capirci”, cerchiamo di leggere le storie che stanno dietro alle nostre vite e ai nostri comportamenti, di capire anche perché in un determinato momento di una certa storia sono successe certe cose. Perché la relazione ha come premessa, e anche come obiettivo, uno sguardo profondo. Riguardo agli affetti, le cose van così: una persona per dare affetto a tante persone deve essere affettivamente compensata lei. Io credo che nel momento in cui sono sicuro che un po’ di gente mi vuole bene, che a un po’ di gente io voglio bene, e siamo dentro a un sistema di relazioni di calore anche, di un volerci bene, che riscalda la mia vita, a quel punto lì divento capace di voler bene a tutti». Infine, per chiudere, la testimonianza di una delle insegnanti che hanno partecipato: « Nel tanto che porto via da questa esperienza c’è una rinnovata carica di fiducia in me stessa, negli altri e nel futuro che, per noi insegnanti, sono i nostri alunni. Ma sono certa che domani potrò fare qualcosa di buono solo se saprò costruire relazioni significative ed autentiche con i miei compagni di viaggio, sulla strada che la vita ci farà percorrere. Buon viaggio a tutti!».

 
 
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