Le fotografie di questo servizio sono dell'agenzia Reuters.
Il terrorismo colpisce al cuore il Pakistan: in un’escalation che non risparmia piazze, scuole, chiese, postazioni militari, l’assalto di oggi ha travolto, in una tranquilla mattinata di lezioni, studenti e professori della Bacha Khan University a Charsadda, città sulla strada tra Islamabad e Peshawar, nel Nord del Pakistan. I militanti hanno fatto irruzione nel campus, aprendo il fuoco in modo indiscriminato uccidendo chiunque fosse sulla loro strada. La caccia all’uomo, in un bilancio provvisorio di vittime, ha fatto 30 morti, inclusi 4 terroristi e oltre 60 feriti. Con oltre 200 studenti intrappolati nel campus, l’intervento della forze speciali pakistane ha messo fine alla strage.
L'attacco è stato rivendicato dal gruppo Tehrik-i-Taliban Pakistan (TTP), i cosiddetti “talebani pakistani” e giunge a un anno dall'attentato alla scuola militare che a dicembre 2014 uccise a Peshawar oltre 150 persone, per la maggior parte bambini. Il gruppo ha diffuso altri proclami, avvertendo che colpirà altre università, collegi e scuole, soprattutto appartenenti all’esercito.
Il governo ha rilanciato l’allarme terrorismo, fenomeno che in Pakistan ha causato, nel complesso, circa 60.000 negli ultimi 13 anni. Osservatori e politici concordano nel negare legami con lo Stato Islamico (Isis), dato che il gruppo TTP non ha rivendicato, per ora, comunanza ideologica o strategica con l’Isis, anche se non è escluso possa farlo in futuro.
Ma quello che balza all’occhio è la scelta mirata di “obiettivi soft”, come scuole e università, rispetto a postazioni militari. Secondo Ghulam Dastagir, giornalista del mensile” Herald” e intellettuale di Peshawar, “si intende colpire simbolicamente un istituto di istruzione: i talebani nella regione hanno distrutto in passato già oltre 400 scuole. Oggi cercano visibilità”.
“Il governo protegge le istituzioni e le zone militari, ma deve proteggere anche le scuole, la società civile, le minoranze religiose da questi talebani”, aggiunge l’attivista cristiano Farrukh H. Saif, direttore esecutivo della Ong “World Vision in Progress”.
La commissione “Giustizia e pace” della conferenza episcopale cattolica del Pakistan ha condannato la violenza chiedendo al governo “misure necessarie per garantire la sicurezza e la sicurezza di tutte le istituzioni educative, per proteggere quanti lavorano per formare le menti delle giovani generazioni in Pakistan”. Mentre Samuel Pervaiz Asghar, arcidiacono della Chiesa anglicana a Peshawar, ha ricordato all’agenzia vaticana Fides che “come cristiani siamo un popolo che cerca di costruire pace e armonia nella società. Siamo convinti che in Pakistan questa sia la nostra missione. Usiamo anche l’arma della preghiera: preghiamo anche per i terroristi, che Dio illumini le loro menti, perché abbandonino la violenza contro innocenti”
Oggi si chiede una strategia complessiva e più efficace da parte dello stato per fermare terrorismo ed estremismo . Secondo Suneel Malik, Direttore della Fondazione per la Pace e lo sviluppo umano a Islamabad, “urge una azione decisa verso le organizzazioni messe al bando, una riforma dei seminari religiosi e del sistema di giustizia penale, Inoltre bisognerebbe riunire tutte le agenzie di intelligence sotto l’Autorità nazionale antiterrorismo”.
Organizzazioni della società civile, attivisti e leader religiosi, suggeriscono una ricetta e una strada da seguire per sostenere questo sforzo: “Sconfiggere l'estremismo e il terrorismo proprio attraverso l'istruzione”.