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domenica 23 marzo 2025
 
 

Pakistan, i musulmani proteggono i cristiani

13/10/2013  Domenica 13 ottobre, a Islamabad, nuova catena umana promossa dall'organizzazione Pakistan for all (il Pakistan per tutti) che si batte per il rispetto dei diritti umani delle minoranze. E' stata protetta la chiesa di Nostra Signora di Fatima. Nelle scorse settimane analoghe iniziative a Lahore e a Karachi.

L'appuntamento era per le 10,30 del 13 ottobre 2013, domenica, davanti alla chiesa Nostra Signora di Fatima, nel cuore di Islamabad, la capitale. L'organizzazione Pakistan for all (il Pakistan per tutti) ha promosso  una nuova catena umana per proteggere i fedeli lì convenuti per la Messa domenicale. Musulmani e cristiani, insieme. Una sola nazione, un solo sangue, recitava uno striscione.

Domenica 6 ottobre a Lahore una catena di "scudi umani " formata da circa 300 musulmani aveva protetto una chiesa cristiana in cui era in corso la Messa per evitare possibili attacchi terroristici.
 L'iniziativa, anch'essa portata avanti dal gruppo Pakistan for all, favorevole al dialogo interreligioso, ha visto la paetecipazione di un Mufti che ha letto alcuni brani del Corano sulla tolleranza e la pace, ed è stata applaudita dal sacerdote che aveva celebrato la funzione, padre Nasir Gulfam. I due religiosi si sono stretti la mano mentre i partecipanti al raduno innalzavano cartelli. La manifestazione è avvenuta, spiega il quotidiano pakistano The Express Tribune, in seguito all'ennesima strage di cristiani compiuta da terroristi islamisti a Peshawar lo scorso 22 settembre, che ha provocato oltre 100 vittime. La catena umana di Lahore ha voluto inviare un segnale forte contro questi attacchi, ed era la seconda organizzata da Pakistan for all: una simile iniziativa si era svolta infatti anche la settimana precedente a Karachi, all'esterno della chiesa di S. Patrick. Domenica 13 ottobre, a Islamabad, la terza iniziativa. Non si escludono ulteriori repliche. 

Una buona notizia dal Pakistan, dunque. Non l'unica, per fortuna. Un gruppo di associazioni ha sollecitato il Governo a rivedere norme e prassi in tema di diritti umani e di rispetto delle minoranze. Abolire la pena di morte; commutare le pene già comminate in ergastolo; rivedere la lista dei reati punibili con la pena capitale (fra i quali vi è la “blasfemia”); garantire un giusto processo per gli imputati: è l’appello rivolto all'esecutivo pakistano dalla società civile. Un forum di organismi guidato dall'“Asian Human Rights Commission”, che ha trovato sostegno in movimenti e organizzazioni cristiane, sollecita il governo ad aderire alle norme internazionali, “riconoscendo e proteggendo il diritto alla vita di ogni individuo”, violato dalla pena capitale.
 
“Uccidere i prigionieri serve solo a perpetuare la violenza e aumenta il rischio di ritorsioni da parte di gruppi militanti e fondamentalisti religiosi”, notano le associazioni.La società civile apprezza il passo computo dal governo pakistano, che ha annunciato la decisione di rinnovare la moratoria sulla pena di morte. La decisione è stata adottata dopo forti pressioni internazionali da parte delle Ong e di governi, specie dell’Unione Europea.
La moratoria salva, per ora, la vita di oltre 8.000 prigionieri attualmente nel braccio della morte. Le associazioni spiegano che “la pena di morte in Pakistan è spesso il risultato della mancanza di giusto processo, annoso problema che affligge la nazione. E ' pericoloso lasciare in vigore la pena di morte nell’ambito di un sistema giudiziario che non garantisce un processo equo e imparziale”, visti i condizionamenti esterni che influenzano la magistratura. 

“Corruzione e concussione – spiega l'agenzia di stampa Fides, che ha dato notizia di questa presa di posizione – hanno un ruolo significativo in Pakistan e troppo spesso i ricchi comprano la via d'uscita dai guai giudiziari, mentre i poveri, spesso innocenti, sono lasciati al loro destino”, in quanto privi di un'adeguata rappresentanza legale. In Pakistan vi sono 27 reati punibili con la pena capitale, che viene eseguita di solito per impiccagione. La definizione di questi crimini “è spesso vaga e lascia spazio all'interpretazione”, si dice. 

Per questo le Ong chiedono al nuovo Governo di rivedere la lista dei reati punibili con la morte che includono anche la “blasfemia”, l’adulterio, il contrabbando di droga, il sabotaggio del sistema ferroviario. Tali crimini – si afferma – vanno ben oltre lo scopo di punire “crimini più gravi” . Per rispettare la vita dei suoi cittadini e tenere il passo con le norme internazionali sui diritti umani, “la via maestra è abolire la pena capitale: questo potrebbe fortificare la posizione del Pakistan come fautore dei diritti umani a livello internazionale”

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