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domenica 13 ottobre 2024
 
fede, storia e arte
 

Palermo, la colonna dell'Immacolata, cuore della devozione popolare

06/12/2022  Una riflessione del teologo domenicano padre Giovanni Calcara

Palermo, la colonna dell'Immacolata (da Wikipedia). In alto e in copertina: la statua della Vergine ornata di fiori; la cerimonia avvenuta l'8 dicembre 2021 (foto Ansa).
Palermo, la colonna dell'Immacolata (da Wikipedia). In alto e in copertina: la statua della Vergine ornata di fiori; la cerimonia avvenuta l'8 dicembre 2021 (foto Ansa).

Come sappiamo l’8 dicembre 1854 il papa Pio IX proclamò con la costituzione apostolica Ineffabilis Deus il dogma sull’Immacolata Concezione della Vergine Maria: “La beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua Concezione per singolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in vista dei meriti di Gesù Cristo, salvatore del genere umano, è stata preservata immune da ogni macchia di peccato originale, è stata rivelata da Dio e perciò si deve credere fermamente e inviolabilmente da tutti i fedeli”. I toni della discussione non sempre furono pacifici tra gli immacolatisti e i macolisti, ma un recente lavoro di padre Stefano M. Cecchin ofm (Maria Immacolata – Il dogma dell’amicizia con Dio, 2011) ci permette di chiarire alcuni aspetti importanti come il fatto che la pubblicazione del frate domenicano siciliano Mariano Spada del 1839 Esame critico sulla dottrina dell’angelico dottore S. Tommaso d’Aquino circa il peccato originale relativamente alla Beatissima Vergine Maria dimostrava che la dottrina del Dottore Angelico non era affatto in contrasto con la Concezione Immacolata di Maria. Questo testo risolse il problema di tutti coloro che avevano lo scrupolo che accettando l’Immacolata Concezione si andava contro la dottrina di san Tommaso d’Aquino.

Ma la fede come sappiamo, precede alle volte, le prese di posizione ufficiali della Chiesa perché i credenti godono del dono dello Spirito Santo che permette loro di professare la fede con quel sensus fidei che, supera ostacoli di ogni genere. Così avvenne nel caso che vi apprestiamo a raccontare

Infatti, ci piace segnalare la storia del monumento che i Domenicani innalzarono all’Immacolata dinanzi alla loro chiesa in Palermo tra il 1724 e il 1726. Ancora esistente risulterebbe il più antico al mondo, almeno per le notizie in nostro possesso, così da costituire un unicum che a diverso titolo, artistico, culturale e spirituale merita di essere conosciuto (cfr. nostro articolo, Osservatore Romano 26 novembre 2004, pag. 6).

Provvidenziale risultò l’intraprendenza del domenicano padre Tommaso Maria Napoli (Palermo 1659-1725). Egli seppe coniugare da una parte il desiderio dell’Imperatore d’Austria e re di Sicilia Carlo VI, di realizzare un nuovo monumento all’Immacolata, dopo la distruzione durante una rivolta, di quello di Barcellona, da lui fatto costruire mentre era Re di Spagna (1703-1711) in riconoscenza per la vittoria sul rivale Filippo V, e dall’altra parte il vivo desiderio dei Domenicani di dare degna sistemazione architettonica alla facciata della loro monumentale chiesa (assieme a quella dei Benedettini di Catania, la più grande della Sicilia), che proprio in quel periodo stava per essere ultimata. Così si esprimeva lealtà al sovrano, riparando all’oltraggio da lui subito, e domandando che il nuovo monumento sorgesse davanti alla loro chiesa, si chiedeva altresì una piazza, che al momento non esisteva.

Leggiamo infatti negli Annali del Convento San Domenico di Palermo del padre L. Olivier che “il padre Napoli fu uno dei figli più amorevoli di questo Reale Convento San Domenico di Palermo, religioso di vita esemplare e particolare devoto di Maria SS.ma Madre di Dio, ed era a tal segno infiammato verso la SS. Vergine Maria che qualora ne parlava non poteva trattenere le lacrime (…). Con la dovuta licenza dei superiori si partì da Palermo, e si portò in Vienna, là dove presentandosi a Sua Cesarea Maestà con un supplichevole Memoriale, nel quale espresso la necessità che aveva la nostra chiesa di S.Domenico di avere un decente Piano e che nell’istesso tempo sapendo che Sua Cesarea Maestà doveva alzare una Statua a Maria SS.ma sotto il titolo della Concezione, perciò si era personalmente presentato a Vienna per ottenere a favore del nostro Convento una tal grazia”.

Il risultato fu positivo, anzi brillante, sotto un duplice aspetto: si ottenne la bonifica dell’intera zona esistente nelle adiacenze della chiesa di San Domenico, che a ridosso dell’area del porto era occupata da fondachi, taverne e… lupanari; mentre i Domenicani potevano affermare la loro fede e devozione verso la Vergine Immacolata.

Accolta la supplica del padre Napoli, l’Imperatore inviò un Dispaccio, con il quale ordinava ai Ministri dei Beni Patrimoniali di far demolire le case di fronte alla facciata della chiesa di San Domenico e di erigere una statua in bronzo alla Vergine Immacolata sopra una colonna. A quel che pare, tuttavia, le finanze del Real Patrimonio era esauste e i Ministri si affrettarono a comunicare al padre Napoli che l’ordine dell’Imperatore, per il momento, non poteva essere realizzato per mancanza di fondi. L’intraprendente domenicano non si fece certo intimorire. Ritornò a Vienna e rinnovò all’Imperatore la richiesta d’un suo diretto intervento che si concretizzò con un altro Dispaccio, questa volta dai toni molto decisi. Al suo ritorno a Palermo i funzionari del Real Patrimonio, quasi per incanto, trovarono i soldi necessari e procedettero all’esecuzione di quanto ordinato da Carlo VI. Lo stesso padre Napoli ne tracciò il progetto e l’8 Dicembre 1724, fu posta solennemente la prima pietra alla presenza del Vicerè don Gioacchino Fernandez Portocamero e di tutto il Senato palermitano. Nella fossa fu calata anche una medaglia coniata appositamente, recante da un lato l’effigie dell’Imperatore e sull’altro la Colonna dell’Immacolata con l’iscrizione dettata dal magistrato messinese Giacomo Longo: “Sacrum Immaculatae Virginis Trophaeum, exturbatum Barchinone, ex Caroli VI Imperatoris voto Panormi resurgit anno 1724”. Morto il padre Napoli nel 1725, l’opera fu proseguita da don Giovanni Amico, canonico trapanese, e fu inagurata il 27 ottobre 1726.

Ecco una descrizione dell’importante monumento che, poggia su un’ampia gradinata che si snoda a croce greca, come un fiore in omaggio alla Vergine Maria. Sul ripiano, a opposti angoli, tra grossi candelabri bronzei, quattro arcangeli su piedistallo: Michele scolpito da Vincenzo Vitaliano, Gabriele da Giacomo Vitaliano, Raffaele da Giuseppe Marino e Uriele da Giovan Battista Ragusa. Al centro il piedistallo con gli spigoli ornati alternativamente da aquile e leoni, stemmi gentilizi e vari epigrafi sulle quattro facciate. Sulla base della colonna furono, in origine collocate le statue bronzee di Carlo VI e di sua moglie Elisabetta Cristina di Brunswick-Wolfenbuttel.
Cambiato regime, nel 1750 furono sostituite da quelle di Carlo III di Borbone e di sua moglie Maria Amalia di Sassonia. A sua volta la rivoluzione del 1848, che a San Domenico riunì il suo Parlamento, le scalzò e ne fece cannoni. Solo nel 1954, per iniziativa del card. Ernesto Ruffini, furono collocate quelle di Pio IX e Pio XII, a firma di Filippo Sgarlata. La colonna monolitica di marmo biglio è alta 9,10 metri e sorregge la statua bronzea dell’Immacolata, modellata da Gian Battista Ragusa. L’immagine è rivolta verso la chiesa e resta inquadrata perfettamente, così come vollero i Domenicani facendo abbassare la colonna, dentro la grande finestra sul portale d’ingresso, per risultare visibile a chi celebrava l’Eucaristia all’altare maggiore. Sempre nel 1954 fu introdotto anche a Palermo l’omaggio floreale, detto l’infiorata, come a Roma.

Questa è la storia, mentre la leggenda metropolitana vuole la colonna costruita dai francescani che a sfregio e sfida ai domenicani la costruirono di fronte alla loro chiesa, con l’immagine dell’Immacolata rivolta verso di essa a perenne monito della verità di fede da loro professata. Ma siamo sicuri che dall’alto la Vergine Maria tutti ama e tutti accoglie sotto il suo manto di madre.

 

 

 
 
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