Il
nuovo arcivescovo di Palermo, monsignor Corrado Lorefice, ha aperto
la Porta Santa della Cattedrale di Palermo, un monumento simbolico
dove la tradizione cristiana convive con l’influenza multietnica e
multiculturale della storia siciliana.
Una
folla di persone di tutte le età e di tutte le estrazioni sociali ha
partecipato con gioia e commozione alla cerimonia. La celebrazione è
iniziata sul sagrato con la lettura di una sintesi della bolla di
indizione dell'Anno Santo, con la preghiera litanica e con la lettura
del Vangelo del giorno. Dopo il canto di un salmo si è snodata la
processione di sacerdoti e diaconi che ha attraversato la via Bonello
(sede dell’Arcidiocesi) fino a giungere al portone di bronzo,
aperto da monsignor Lorefice. I fedeli hanno potuto varcare la porta
al termine della celebrazione.
«Oggi
si apre un tempo di letizia e di gioia, perché Antico e Nuovo
Testamento annunciano la vicinanza del Signore agli uomini. Abbiamo
aperto simbolicamente una porta perché abbiamo creduto al Signore…
Papa Francesco ci ricorda che la misericordia è significativa in
Dio», ha detto l’arcivescovo
di Palermo nella sua omelia.
Secondo
monsignor Lorefice, «oggi
deve essere più che mai chiaro che la misericordia di Dio si deve
rivelare nell’incontro pacificatore tra gli uomini. Dio dimostra il
suo amore verso di noi, perché mentre eravamo peccatori si è
sacrificato per noi. Il male si vince con il bene. Nel Vangelo, Gesù
si contamina: puro e giusto, diventa amico dei pubblicani e dei
peccatori, mentre i farisei e gli scribi mormorano; infine muore
accanto a due ladroni. Dunque, i cristiani devono sporcarsi le mani
con la misericordia umana. Pace, giustizia, perdono e recupero dei
peccatori sono capisaldi del Vangelo».
Come
sottolineato dal vescovo Lorefice, «la memoria del Concilio
Vaticano II è urgente e necessaria ai nostri giorni, per
accompagnare e animare la Chiesa di papa Francesco (venuto dalla fine
del mondo): la Chiesa che apre porte, la Chiesa della giustizia e del
perdono, la Chiesa che manifesta la grandezza della carità
cristiana, la Chiesa che introduce cammini di liberazione e di pace.
La Chiesa non deve imporre una dottrina dura, non deve imbracciare le
armi del rigore, ma deve essere benigna, inclusiva e mossa da
misericordia, come voleva il Papa Buono».
Un’omelia
in linea con la storia della Cattedrale di Palermo che simboleggia il
crogiolo di etnie, religioni e culture che caratterizza l’intera
storia di Sicilia. Nel IV secolo fu edificato il primo luogo di
culto, poi distrutto dai Vandali. Riedificata nell’anno 604 in
epoca bizantina (testimoniata dalla odierna cripta), la Cattedrale fu
adattata al culto della Chiesa d’oriente, con il passaggio
all’egemonia del Patriarca di Costantinopoli. Sotto la florida
dominazione araba e berbera, tra il IX e l’XI secolo, la Cattedrale
divenne un luogo di culto musulmano, la grande Moschea Gami, capace
di contenere fino a 7 mila fedeli. Con l’avvento della dinastia
normanna degli Altavilla, la Cattedrale tornò un luogo di culto
cristiano. Nuovi cambiamenti si ebbero con la dominazione spagnola,
nel Cinquecento, quando la Cattedrale fu impreziosita da importanti
artisti del Rinascimento siciliano: dai fratelli Gagini
a Francesco
Laurana.
Infine,
il Barocco siciliano impresse la sua inconfondibile impronta nelle
decorazioni del tempio.
Oggi la Cattedrale è una sintesi efficace di
influenze cristiane e arabe, rinascimentali e barocche. Al suo
interno sono custoditi i sarcofagi con i resti mortali di sovrani e
imperatori del passato: da Ruggero
II e Costanza
d’Altavilla,
a
Enrico
VI
di
Svevia, da
Federico
II di Svevia
a Costanza
d’Aragona.