Una donna altera, vestita di rosso, con il volto impietrito, grida agli spettatori che entrano in teatro per lo spettacolo Pantani di Marco Martinelli: «Andate via, andate via, me lo avete ammazzato!». È il grido di Tonina (Ermanna Montanari), madre di Pantani, rivolto ai giornalisti che l’assediavano al funerale del figlio.
Attraverso le parole della madre, del padre Paolo, della sorella Manola, degli amici, dei gregari, a quasi 10 anni dalla morte del ciclista, avvenuta a soli 34 anni, il 14 febbraio 2004, rivive ed entusiasma la parabola di Marco Pantani, campione del ciclismo negli anni Novanta.
Nel 1998 il fuoriclasse vince sia Giro d’Italia, sia Tour de France, ma, nel 1999, a Madonna di Campiglio, viene accusato di doping; viene poi scagionato, senza che i giornalisti, tuttavia, riabilitino la sua figura professionale, così, scoraggiato dall’infamia, si autodistrugge fino alla morte solitaria in uno squallido residence di Rimini, la sera di san Valentino.
Il teatro delle Albe di Ravenna, fondato nel 1983 da Marco Martinelli, Ermanna Montanari, Luigi Dadina e Marcella Nonni, costruisce uno spettacolo che fa riflettere e commuove.
Martinelli (autore e regista) sceglie di non fare mai apparire in scena Pantani, interpretato da un attore, se non attraverso video o foto originali dell’epoca, così da raccontare la sua storia attraverso le voci dei familiari che cercano ancora, con volontà indomita, di ridargli dignità.
La madre, che preparava le piadine in un chiosco sul lungomare di Cesenatico, il padre Paolo (Luigi Dadina), suo instancabile sostenitore, la riservata sorella Manola (Michela Marangoni) mostrano tre facce di una stessa disperazione, vissuta ancora a distanza di anni con inquietudine: dolorosa quella della madre, arrabbiata quella del padre, silenziosa quella della sorella. Come eroi della tragedia greca non avranno pace finché non sapranno la verità sulla morte del loro congiunto, ancora avvolta nel mistero.
Compaiono altri personaggi che hanno conosciuto Marco: i suoi
allenatori, i suoi gregari, gli amici, i medici, i giornalisti che hanno
creato clamore mediatico attorno alla sua vicenda. Le voci diventano
anche un coro, sempre come nelle tragedie greche, eseguito dal vivo con
canzoni in dialetto romagnolo, accompagnate dalla fisarmonica di Simone
Zanchini, per fare rivivere la Romagna arcaica e rurale in cui Marco
era cresciuto, una Romagna che ancora ama e difende il ricordo del suo
campione.
In scena l’Inquieto, il giornalista francese Philippe Brunel
(interpretato dall’italo-belga Francesco Mormino), autore di un romanzo
inchiesta dedicato a Pantani (Gli ultimi giorni di Marco Pantani,
Rizzoli), tiene le fila della ricostruzione dei fatti, anche quando i
genitori si siedono, impassibili nel loro dolore, sul divano che
simboleggia la loro casa desolata in cui solo una calla bianca torna a
fiorire.
La narrazione è condotta come racconto familiare della vita di Marco e
come documentario scrupoloso per fare luce sull’inchiesta che vide il
ciclista coinvolto nell’indagine di otto procure e su cui ancora oggi
rimangono molti dubbi.
Ma quello che coinvolge di più e che emoziona anche coloro che non sono
appassionati di ciclismo, è proprio il racconto di episodi familiari o
la proiezione di filmati amatoriali della vita personale del campione,
mentre i video televisivi ripropongono i momenti salienti delle sue
vittorie.
Si mette in luce la semplicità della sua vita personale e quotidiana: la
madre racconta di Marco che sfreccia sulla prima bicicletta tra i
canali e dorme con la sua bici, anche se infangata, di quando, per
proteggerlo dal sole, gli consiglia di mettersi un fazzoletto in testa,
come le braccianti, una bandana per cui Pantani avrà il soprannome di
Pirata.
Orgogliosa, lo va a vedere gareggiare vestita di rosso perché
la scorga tra la folla; ricorda il nonno Sotero, suo punto di
riferimento nell’infanzia, quando lo portava a pesca, il primo
allenatore Pino, il calzolaio, che lo incitava a correre nei dilettanti.
Altri ricordi vengono proposti dalla sorella: lo vedeva in tv e
chiamava i suoi figli dicendo “guardate c’è Pantani!” non “c’è lo zio”
per una sorta di pudore, mentre il padre si adattava a vivere in un
camper per seguirlo durante le gare. Ogni tanto i personaggi parlano con
il pubblico, come quando Tonina spiega la loro difficoltà di vivere
assillanti al chiosco da giornalisti e curiosi tanto da doversi
nascondere per mangiare o per rimanere tranquilli qualche minuto.
Le critiche più dure sono rivolte proprio ai media che sbattono in prima
pagine la sorte del ciclista con una ferocia per allora ancora inaudita
e che poi ha avuto seguito nella degenerazione dei programmi
televisivi di inchiesta.
Si staglia così la storia umana e sportiva di Marco, grandioso e
imbattibile nelle salite tanto da essere considerato uno scalatore,
anche se venuto da un paese di mare, che da umili origine diventa un
eroe nazionale per le sue vittorie, popolare come non accadeva dai tempi
di Coppi e Bartali, riporta il ciclismo a essere uno sport glorioso e
famoso in Italia.
Pantani si è rialzato dalle cadute e dagli incidenti
durante le gare, ma non è riuscito a risalire dalla depressione e dalla
dipendenza dagli stupefacenti; Marco infatti si lascia abbindolare da
una manager di Milano che gli consiglia di non apparire come “un
paesano” e non gli consente neppure più di parlare direttamente con i
suoi genitori.
Uno spettacolo che è una atto d’amore condotto dal regista Martinelli,
che spesso si dedica a temi sociali, come nel costante lavoro teatrale
con i ragazzi di Scampia, e dalla bravissima Montanari (nella realtà
moglie di Martinelli) che con il suo piglio scocciato e nervoso,
alternando dialetto a italiano, non cede mai al patetico, apparendo
davvero una madre coraggio come la vera Tonina che oggi trova
consolazione solo nell’aver creato una squadra di piccoli ciclisti
realizzando il sogno di Pantani.
DOVE & QUANDO
PANTANI, di Marco Martinelli, ideazione Marco Martinelli e Ermanna
Montanari. Regia di Marco Martinelli. Con Ermanna Montanari, Luigi
Dadina, Alessandro Argnani, Roberto Magnani, Michela Marangoni,
Francesco Mormino, Laura Redaelli, Simone Zanchini.
Teatro Elfo Puccini, fino all’8 maggio, Milano, 3 luglio Bologna, 6
luglio Codevigo (Padova). Info: tel. 02.0066.06.06, www.elfo.org;
www.teatrodellealbe.com