Sul riscatto pagato per la liberazione di Greta e Vanessa, la presidente non ha dubbi: “Indipendentemente da chi vi sia coinvolto, sia un giovane volontario, che un esperto cooperante; un professionista o i nostri due marò, viene prima il valore della vita, perciò la trattativa è sempre giusta a qualsiasi costo”. Felicissima per il ritorno a casa delle due giovani italiane, Paola Crestani, presidente di Ciai (Centro Italiano aiuti all'infanzia), storica ong-onlus che opera nel campo della cooperazione e delle adozioni internazionali, non vuole entrare nella polemica scoppiata all’indomani della liberazione delle due giovani volontarie su una loro presunta imprudenza: “Per dare un giudizio sensato, bisognerebbe conoscere i dettagli del viaggio e quanto poi accaduto effettivamente laggiù”, afferma.
Lei, che ha svolto la sua prima missione estera in Cambogia ai tempi della Sars, sulle missioni e la loro preparazione tiene, però, a precisare: “Ogni missione all’estero che organizziamo, soprattutto in zone a rischio, è condotta con tutti i criteri di sicurezza possibili. Ciò vale per i nostri cooperanti, persone adulte e con bagaglio d’esperienza. A maggior ragione, queste cautele dovrebbero esserci ogni qualvolta un giovane volontario parte per fare un’esperienza all’estero”.
Ciai, pur non operando in Siria, svolge attività in un’altra zona di guerra, l’Afghanistan, e conosce, perciò, i rischi a cui un connazionale può andare incontro in un Paese in conflitto. “La prima precauzione è quella di ritirare i cooperanti italiani e continuare a lavorare con personale del posto, assai meno soggetto a rischi. In ogni caso, in quel Paese abbiamo sempre inviato solo cooperanti adulti che si muovono in situazioni protette per garantire loro l’incolumità. Si limitano al massimo i trasferimenti, che sono sempre dietro accompagnamento di personale locale”, spiega Crestani.
E conclude: “Premesso tutto ciò, l’esperienza di volontariato in un Paese estero è bellissima e maturante. Uno dei miei tre figli, oggi ventunenne, a 19 anni s’è recato in Cambogia con un gruppo di giovani assieme a Ciai per operare coi bambini del posto. Lo rimanderei subito. Ma perché gli standard di sicurezza in quel caso erano davvero alti”.