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sabato 05 ottobre 2024
 
 
Benessere

«Quanta rabbia per mio figlio epilettico. Ma lui è la cosa più importante»

25/10/2016  Una carriera che si è fermata quando è nato il primo adorato figlio, i cui problemi sono stati subito evidenti...

Paola Vitali è una donna in gioco tra rabbia e passione materna. Romana, nata nel 1968, sposata, ha due figli di cui il maggiore con una disabilità grave e l’altro con intelligenza superiore alla media. Lasciandosi intervistare, lei che collabora con l’ufficio comunicazione dell’Università Luiss di Roma, si è ritrovata a riflettere su se stessa.

Paola, nella vita ha subìto una rivoluzione, ci parli di questo percorso?

«Sono nata a Latina, cresciuta in Kenya a seguito di un papà ingegnere chimico. Siamo tornati in Italia che avevo undici anni e a diciotto ci siamo trasferiti a Roma. Laureata in scienze politiche ho lavorato per grandi multinazionali dell’intrattenimento. Una carriera veloce che si è fermata quando è nato il mio primo adorato figlio, i cui problemi sono stati subito evidenti. Mi sono adattata dedicandomi alla famiglia e a una dimensione personale del lavoro. A quattordici anni di distanza da tale scelta faccio ancora fatica a elaborarla, anche se il tempo mi ha reso diversa. Comunque, non sento più la pulsione della carriera».

Dalle tue parole trapela una certa insoddisfazione, a che cosa è dovuta?

«A volte non è facile accettare i problemi della vita, un figlio è la cosa più importante che ci sia al mondo. Si prova un dolore intenso che va elaborato prima di un’accettazione totale che forse non ci sarà mai. Ti fanno rabbia le persone superficiali. I maleducati che occupano il parcheggio riservato. Le famiglie dei compagni di scuola sorridenti e gentili che accettano senza fiatare di andare in gita in un posto pieno di gradini dove tuo figlio non potrà mai andare. Quanto a me, ho scritto che ero contro le pratiche che avrebbero potuto portarmi a non avere un bambino come il mio».

E che cosa ti ha aiutato a dominare tanta indignazione?

«La ragione, il buon senso, l’elaborazione della comprensione della natura degli esseri umani. I familiari, un marito dotato di enormi capacità razionali e la fede nell’uomo».

Due figli agli antipodi, parliamo del maggiore?

«È nato ad agosto del 2002 con un parto un po’ difficoltoso e alla nascita era splendido come ora. A due mesi delle convulsioni hanno rivelato che il cervello aveva subito un danno imprecisato. Fatto sta che soffre di epilessia resistente ai farmaci, non cammina ma va su un triciclo a pedali adattato. La bici è il suo “passaporto” per il mondo. Comprende bene il linguaggio e ha una discreta gestualità, ma non parla. Va a scuola con piacere, ma non se ne parla di vederlo leggere o far di conto. Ama stare con le persone, è furbo e strategico e noi gli vogliamo bene così».

E suo fratello?

«Non vuole perdere un giorno di scuola e apprende tutto a una velocità incredibile. È dotato di capacità cognitive superiori alla media. Ma è anche simpatico e ironico».

Qual è il loro rapporto?

«Passano molto tempo insieme ed è un rapporto in evoluzione. Il minore ha undici anni e ultimamente l’altro lo svilisce, perché non riesce a competerci. Ma dice di volergli bene. Per aiutarli ci facciamo sostenere da un consulente genitoriale».

Con due figli così non c’è il rischio di fare preferenze?

«C’è il rischio di dare talmente tante attenzioni al figlio disabile da sentirsi poi in dovere di compensare in ogni modo con l’altro. Mantenere l’equilibrio è un lavoro a tempo pieno».

Come vedi l’intelligenza?

«È la capacità di interagire in maniera funzionale col mondo, è l’empatia con gli altri esseri umani e l’ambiente in cui si vive».

Come è andata a scuola, siamo preparati a gestire e a includere i bambini che hanno delle difficoltà?

«Fino a oggi è stato un mezzo disastro, e durante questo cammino così impervio abbiamo dovuto imparare ad accontentarci. I disabili finiscono per essere una bella rottura di scatole per la scuola che a parole tanto promette, questo l’abbiamo capito, ma siccome nessuno può davvero ammetterlo, persino le mamme meno sofisticate dei tuoi compagni in questi anni hanno imparato a ripetere “questi bambini danno tanto ai nostri figli” e quindi abbiamo potuto credere di avere una qualche utilità sociale».

Che cosa è una giornata solare di cui spesso parli?

«È una giornata in cui tutti sono sereni. Un giorno in cui riusciamo a condividere in tranquillità un picnic in campagna con gli amici. Quando il nostro ragazzo sta bene e quando una giornata così si sussegue ad altre a noi sembra una vacanza e sorridiamo alla vita».

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